Fokozzone ha scritto:A vista, a vista...
Per scalare a vista ci vogliono qualità: decisione, occhio, velocità e resistenza. E poi sorge un altro problema: scalare a vista in falesia implica o di alzare continuamente il grado, o di macinare migliaia di chilometri.
Dopo qualche anno di arrampicata le falesie a distanza ragionevole da casa sono esplorate integralmente e allora che tiri si provano?
E infine uno scalatore abbastanza esperto come me, ma che resterà sempre sottotenente (quando non nullatenente

) come farà ad applicare a vista tutte le meraviglie della tecnica che ha acquisito? Bilanciamenti, lolottes, attorcigliamenti vari, spallate, incastri strani...
Perciò meno onsight e più punto rosso!
Che meraviglia per un sottotenente
aver memorizzato perfettamente una sequenza di movimenti e ottimizzarli al punto da fare (in fretta che non mi tengo, pant pant!) in libera ciò che non avrei mai pensato di fare. So che in questo forum di sindacalisti sarò come al solito controcorrente, ma, per me, lavorare è bello
Fokozzone
Pur ritenendo la scalata a vista di rango superiore (e' il retaggio alpinistico che me la fa considerare tale), non ho mai avuto da una via fatta a vista le stesse soddisfazioni ottenute dopo essere arrivato alla catena di un bel lavorato.
Questo principalmente per il fatto che una via fatta a vista e' spesso bella che dimenticata pochi momenti dopo la catena.. possono rimanere vivide alcune impressioni, il ricordo di due o tre passaggi forse, ma e' solo di una via lungamente lavorata che mi rimangono davvero dentro quelle sensazioni che rendono unico il gioco dell'arrampicata: conoscere ogni singolo appiglio e appoggio, sapere quando bisogna scappare via veloci e quando fermarsi a prendere fiato, sentire come reagisce il proprio corpo a delle sollecitazioni note, gia' sperimentate, e cercare di volta in volta di migliorare l'efficienza del movimento per arrivare sopra un po' meno stanchi... e poi ancora trovare la
sequenza magica, l'unica che mi permette di superare quei pochi metri di roccia, all'inizio apparentemente invincibili, e' proprio come risolvere un puzzle, un enigma motorio scolpito nella pietra, ed e' la cosa che forse piu' mi esalta di questa immaginifica attivita'.
E ancora, essere in ufficio alla mattina ma avere ancora nelle mani, negli occhi, nella testa, le sensazioni che provavo ieri scalando le rocce, accorgersi che oggi la mente proprio non riesce a soffermarsi troppo a lungo sul lavoro perche' sta ancora rielaborando una lunga sequenza di scagliette, pinze, fessure, che la prossima volta riusciro' a tenere, oh, se ci riusciro', e con le quali mi issero' verso una catena arrugginita che sara' l'apotesi del mio inutile gioco.