da Falco5x » ven dic 04, 2009 10:44 am
Sarà forse perché stamattina piove e dunque sono di cattivo umore, ma mi viene adesso bene parlare dei (molti) difetti di questo libro (a mio giudizio, ovviamente).
Come ho già detto e qualcun altro ha confermato in post precedenti, molte storie contenute nel libro appaiono narrate con scarsa attenzione alla forma, carente scelta lessicale e povertà di costruzione, spiattellate col linguaggio di tutti i giorni così come sono venute in mente all?autore, evidentemente animato dal primario intento di fare sensazione presso un uditorio poco esigente impressionandolo con elementi di crudezza e dettagli espliciti, tutte cose però alla lunga facilmente prevedibili e tali da indurre nel lettore, presto assuefatto, noia o ilarità piuttosto che orrore.
L?autore, per giunta, tralascia del tutto di farsi partecipe delle vicende narrate, impegnato com?è a svilupparne i truculenti particolari, lasciando così questi racconti aridi, privi di sentimenti che non siano l?odio e la sete di vendetta. Quasi assente dunque l?indagine psicologica e lo scandaglio delle emozioni in questo romanzo popolato da figure in genere prive di spessore.
Anche il sesso, poi, chiamato a insaporire storie altrimenti melense, appare pilotato da automatismi a dir poco eccessivi: le donne in costante calore, pronte a spalancare le cosce davanti a chicchessia, gli amanti sempre infoiati e propensi ad accoppiarsi preferibilmente in contesti orrendi. Un sesso insomma grezzo, grottescamente meccanico, privo della benché minima concessione alla sensualità.
L?intreccio e il montaggio, infine, sono del tutto rudimentali. A differenza di quanto avrebbe fatto qualsiasi autore di gialli, qui Corona svela l?identità dell?assassino fin dall?inizio, e l?unico incentivo al prosieguo della lettura risulta essere lo scoprire le modalità di attuazione del piano, spesso riproposte con poche varianti e deboli colpi d?ala. Insomma, mistero e suspance latitano qui fortemente.
Storie dunque elementari, dai contorni netti, prive di sfumature, poco più che narrazioni da filò dopo aver messo a letto i bambini. Anche se, per dirla tutta, nella seconda metà del libro i difetti un po? si attenuano, come se l?autore a furia di scrivere apprendesse in itinere l?astuzia del mestiere, e solo verso la fine acquisisse la scaltrezza del colpo di scena. Un recupero che appare però tardivo in quanto effettuato a spese del lettore.
Un libro insomma dalle molte potenzialità inespresse, scritto in fretta, eccessivo, ridondante, ripetitivo e formalmente immaturo, dato alle stampe così com?era venuto senza lasciarlo decantare, spacciato troppo presto come un vino acerbo e precoce, come se l?autore, immemore della propria pregressa esperienza artistica, si fosse scordato di applicare quella felice disposizione che gli conosciamo innata e che nello scolpire il legno ampiamente manifesta, ovvero quell? ?arte del togliere? che può trasformare un pezzo di mediocre artigianato in opera immortale. Non si può dunque eludere il sospetto che i tempi editoriali siano risultati tiranni e non abbiano permesso alcun tipo di affinamento.
Quaderni di prima stesura, dunque, presi così com?erano e dati alle stampe troppo presto come un compitino da terminare in fretta. Un lavoro un po' deludente per un autore che può definirsi affermato. Un?occasione mancata, un vero peccato.
(riguardo agli elementi positivi, che pure in questo libro non mancano anche se non bilanciano del tutto gli aspetti negativi, rinvio al mio post precedente)
Chuck Norris ha contato fino a infinito. Due volte.