questo è un raccontino che avevo scritto tempo fà basato su un'esperienza in Catinaccio. Se non vi annoio

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Preti, montagne e idiozia
Intendiamoci: non voglio fare una battaglia contro i preti che portano i giovani in montagna, perchè così si farebbe di tutta un'erba un fascio. Moltissimi sono coloro che svolgono un'attività di accompagnamento dei ragazzi, alcuni di loro si fermano a fondo valle magari con quelli meno fortunati (quanti di voi hanno visto file di ragazzi su sedie a rotelle accompagnati da giovani e meno giovani che gli permettevano di godere della vista delle montagne), mentre altri salgono in quota accompagnando i ragazzi in escursioni verso i rifugi. Anni fà, mi capitò di vedere una cosa veramente incredibile. Mi trovavo presso il rifugio Santners nel gruppo del Catinaccio; ero salito lassù com mio papà e un mio cugino perchè volevo dare un'occhiata da vicino alle torri del Vajolet per fare una salita.
Mentre eravamo li a goderci il sole e mangiare un panino notammo delle persone che indicavano la ferrata
Di cui si intravvedeva il tratto finale. Subito non notammo niente di anormale, c'era un prete che saliva e dietro di lui un gruppetto di ragazzi, poi , guardando meglio notai che ne il prete, ne ragazzi erano legati con un cordino, anzi, alcuni di essi erano talmente piccoli che in certi tratti dovevano tenere le braccia tese per arrivare al cavo.
Alcuni di essi addirittura piangevano e gli altri cercavano di aiutarli a proseguire. Immediatamente alcuni di noi equipaggiati ci precipitammo giù per dare una mano ai bambini, visto che il prete ormai era quasi fuori delle difficoltà. In breve furono tutti aiutati a raggiungere il passo, dove arrivarono bianchi come cadaveri e alcuni di essi tremanti come foglie. Per qualche istante temetti che il prete venisse letteralmente linciato dalla gente, da cui era stato circondato.
Ci raccontò che aveva chiesto informazioni e gli avevano detto che il sentiero (!) non era tanto difficile, un pò esposto ma fattibile. Quando si era reso conto delle difficoltà, si trovava ormai in vista del rifugio (una vista fallace in quanto il tratto più impegnativo doveva ancora arrivare) e aveva quindi ritenuto più saggio proseguire anzichè tornare indietro con i ragazzi stanchi e questa a mio avviso fu l'unica decisione decente che prese durante la giornata.
Opportunamente rifocillati e riposati i ragazzi avevano in breve ripreso colore e sicurezza, anche se, come temevamo , alcuni di essi giuravano che non avrebbero mai più messo piede in montagna.
Quando venne il momento del ritorno, il prete ci chiese candidamente consiglio sul da farsi: tornare sulla ferrata in quelle condizioni era impossibile, l'alterativa sarebbe stata la discesa verso il Vajolet, il rifugio Gardeccia poi verso il Ciampedie e via verso il Paolina ma la cosa avrebbe richiesto svariate ore di cammino.
A quel punto qualcuno propose di aiutare i ragazzi a scendere la ferrata legandoli con una corda almeno fino alla fine delle difficoltà. Ci organizzammo in quattro o cinque con un pò di materiale recuperando del di cordino dal gestore del rifugio e dopo aver faticato a convincere alcuni piccoli a ripetere l'esperienza, li legammo per bene e iniziammo la discesa.
Fortunatamente andò tutto per il meglio; rassicurati dalla corda e dal loro moschettone di sicurezza (uno solo, ma era il massimo che potevamo fare con la roba che avevamo) i ragazzi fecero la discesa anche piuttosto velocemente (in effetti si tratta comunque di un intinerario facile se affrontato adeguatamente) e arrivammo tutti alla fine del ghiaione ove li slegammo.
Fummo sommersi dai ringraziamenti dei ragazzi (graditi) e del prete (un pò meno) tanto che due piccoli ci chiesero di autografare il loro libretto dei rifugi. Fu il mio primo e unico autografo da celebrità, senza parole!.
Dopo averli salutati riprendemmo la salita chiacchierando allegramente e sparlando altrettanto allegramente del prete che aveva rischiato la pelle dei ragazzi a salire lassù senza sicurezza. Ognuno raccontava la sua esperienza di "preti allo sbaraglio", io a quell'epoca ero abbastanza giovane e la mia esperienza in merito era piuttosto limitata anche se avrei avuto modo in seguito di vederne una bella quando, con un amico, stavo attraversando il ghiacciaio del M.Bianco e vedemmo un prete con un gruppo di ragazzi grandi, tutti regolarmente con scarpe da ginnastica, sostare sopra un bel ponte di ghiaccio mentre il prete diceva:
"Ragazzi, guardate quant'è profondo, saranno almeno dieci metri"
Al che mi avvicinai a lui (senza salire sul ponte?) e gli dissi:
"Padre, saranno almeno quaranta, ma anche sotto i vostri piedi! Per favore venite via di li senza correre!"
A furia di raccontare e scherzare sugli idioti che rischiano la pelle in montagna raggiungemmo in breve il rifugio dove ci aspettavano i nostri familiari e amici; a qual punto ci accorgemmo che avevamo percorso la ferrata senza cordino di sicurezza, nella migliore tradizione del "Idiota di montagna". Fummo promossi a tale titolo dai nostri amici, coi quali ritenemmo doveroso un brindisi a grappa per festeggiare l'avvenimento.