BLOCCA! QUARTO GIORNO

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BLOCCA! QUARTO GIORNO

Messaggioda Serial Klimber » mer mag 20, 2009 20:59 pm

TUTTA LA LUCE DEL BADILE
Camminavo, un giorno, tra i reparti colorati di un negozio di articoli sportivi: lì, per fare risuolare le consumate scarpette da arrampicata.
Girando tra i mille colori ed i cinquemila materiali vari necessari oggi per fare sport ? con un occhio particolare all?abbigliamento femminile da fitness (ed ovviamente alle signorine nel reparto) ? urto e quasi abbatto un altro cliente: anche lui con le Katana in mano (sempre deambulante con finta indifferenza e fintissimo spaesamento nel reparto fitness femminile).
- ?Oh scusi, non ? ma? Pro ? Professore !?! Mauro, che ci fa qui? Intendo: non in questo reparto, perché è ovvio! ?ma ?qui con le scarpette da arrampicata? Lei arrampica? Da quando??
- ?Ciao Matteo! Eh, sì: son qui a fare risuolare le gomme. Ma anche tu arrampichi? Non lo sapevo!?

Guarda la vita a volte: che sorprese! Ti trasforma il professore di scienze del Liceo in un climber e ti fa scoprire di condividere con chi ti dava i 4 a scuola le stesse passioni (ovviamente intendo quella per i tanga infilati sopra i fuseaux, preferibilmente piegati a 90°).

Purtroppo oggi ci va male: nessuna cliente è qui a provare nulla di interessante. Va beh: dobbiamo accontentarci di fare quello per cui siamo venuti.

Ma forse, in fondo, ci è andata meglio: un nuovo socio, per entrambi!
Per di più conosciuto da anni, sebbene ai tempi eravamo schierati su fronti opposti: lui a cercare di dimostrare che i miei quattro neuroni avrebbero compreso i misteri del ?Ciclo di Krebs? ed io a cercare di spiegare a lui che già fatico a comprendere il ciclo del lavaggio delicato della lavatrice Krupps.

Ad ogni modo, come di rito, scambio di numeri di telefono e vaghe promesse di un?uscita in falesia: dichiaratamente per ?ricordare i vecchi tempi?, in realtà per verificare le rispettive capacità arrampicatorie e per vedere se ci si può fidare a fare una vietta insieme.

Ne è passato di tempo da quel fortunoso incontro e di vie insieme ? io ed il vecchio Mauro ? ne abbiamo fatte un po?.

Sempre entro i limiti delle nostre limitate capacità: ma sempre divertendoci anche delle avventure più sconclusionate.

Così, una primavera, salta fuori l?idea del Badile.
Nessuno di noi ci è mai stato e il progetto sarebbe la Cassin.
Tuttavia, prima di scoprire al 18° tiro che non siamo una cordata affiatata sul lungo o che ci stanchiamo rapidamente, buttiamo lì un progetto preliminare: spigolo, con esplorazione dei luoghi e magari arrampicata zona Gianetti il giorno successivo (se proprio volessimo fermarci anche il lunedì), prima di tornare a casa.

Una due/tre giorni di relax-arrampicata: tutto fatto con calma e senza stress.

Un bel weekendino arrampicatorio tutto relax: vione di IV.
Ottimo!
Andata!

E allora, eccoci qui: in macchina con la paziente moglie del ?prufesur? ad accompagnarci in Val Bondasca.

Con l?atteggiamento tipico della donna che porta il marito-compagno climber ad arrampicare.

Con quel fare da crocerossina rassegnata in tempo di guerra che ? ormai provata dall?idiozia conclamata ed inguaribile del coniuge ? ben sapendo di non potere nulla contro il richiamo della foresta (ops, della montagna) lo scarrozza ?all?attacco? (sì: ma non de battaglione nemico).

Un misto di malinconia, tristezza e sconcerto nel cuore.
Quello di chi vive ogni fine settimana senza riuscire a spiegarsi perché sia meglio andare a rischiare la vita con un quasi sconosciuto, piuttosto che godersela con i propri figli e la propria compagna.

Aveva ragione quel ?vecchio? che disse che il passaggio più difficile che ogni alpinista affronta in qualsiasi spedizione è quello per uscire dalla soglia di casa!

Comunque: in men che non si dica siamo carichi. Non solo di adrenalina per il (già) mitico weekend che ci aspetta, ma anche di ferri e corde e cordini: i soliti piacevolissimi 15-20 kg.

Il sentiero per il Sasc Fourà è ? per quei quattro che non lo conoscessero: tapini loro! ? una scalinata di legno da un?oretta scarsa che ti stronca ogni velleità di arrivo trionfale in rifugio.

Un sentierino che parte a 30° e che finisci a 39° (di febbre): parti dalla macchina con quarantatre argomenti da trattare durante il tragitto e arrivi al rifugio che puoi solo trattare l?infarto miocardico del socio moribondo.

Questo, ovviamente, per i comuni mortali che salgono con lo zainone farcito e con l?allenamento di un giocatore professionista di freccette fermo da un anno per infortunio sportivo.

Per gente, insomma, come me ed il Mauro: non per tutti voi altri, uomini e donne dalla tempra d?acciaio.

Tra i progetti iniziali c?era ovviamente qualcosa del genere: ?Arriviamo al rifugio. Giù gli zaini. Birretta e poi a vedere l?attacco della via-anzi-già-che-ci-siamo, facciamo anche i primi 8-9 tiri slegati e vagamente ubriachi-tanto-è-quarto?.

Memori dell?episodio storico del primo salitore dello spigolo: guida, che su richiesta del cliente ne fece circa quattro quinti a piedi nudi, in salita ed in discesa.

Poi affrontiamo la realtà.
Ci guardiamo in faccia e riconosciamo senza ammetterlo che sembriamo due appena usciti dalla ?Maratone des Sables?.
Madidi di sudore, perlati come una parure e con la voglia di fare altra fatica pari a zero al quoto.

Ma i programmi vanno rispettati: eccheccazzo.
Giù gli zaini: neanche ci è sfiorata l?idea di andare a dormire all?attacco: siamo vecchi e stanchi (almeno: questo è l?argomento del mitico Mauro e quindi il mio ottimo alibi).
Non rinunceremmo mai al confort del materasso, laddove c?è la possibilità di appoggiarci il culo sopra.

Si va verso il Badilozzo: che là, svetta sornione e paziente.
Tutti i giorni della propria vita con sulla schiena qualche formicuzza che neppure ci va a cercare il cibo (se non forse un particolare nutrimento per l?anima).

E poi, se gli scappa uno starnuto e gli si stacca una un sassolino che finisce in testa a qualcuna di queste formicuzze o peggio, se la formicuzza cade da sola, gli tocca anche sentirsi dare della ?montagna assassina?.
Che pazienza! Che mestiere fare la montagna!

Arriviamo ai piedi della via: sulla cengia che avrà visto si e no una milionata di persone fare il nodo a otto per legarsi all?imbrago (un'altra mezza milionata avrà fatto il bulino?) e partire per una delle vie più classiche delle alpi.

Ci guardiamo in faccia ? io e il Mauro e poi, io e la montagna ? un sorriso (quello della montagna a me) e ci sentiamo già su.

La cosa più ?spaventosa? è la quantità di vagabondi accampati tra cenge e gande: cavernicoli dell?età moderna (di certo più furbi di noi che domattina ?sta camminata ce la rifacciamo ancora fino all?attacco).

Nomadi delle montagne, dotati di tutti gli sconfort della vita all?addiaccio e di un fornelletto per preparare cena e colazione (rigorosamente nella stessa padelletta incrostata di zuppa Knorr mista a latte in polvere).

Tutto il tempo che ci siamo dati in questo weekend lascia a me a Mauro perfino la possibilità di una comoda notte su un letto. Che lusso!

Torniamo al rifugio, quindi: ormai sta finendo la birra e occorre rabboccare il livello.

Prima della cena tipica del rifugio svizzero che ? se ho abbastanza esperienza dei luoghi ? inizierà immancabilmente con una pseudo-zuppa omnicomprensiva.
Un brodo primordiale riproposto in chiave pop, nel quale un arcipelago di verdure ed altre cose galleggianti invita più allo studio del fenomeno della deriva dei continenti (con prove pratiche di rematina a mezzo cucchiaio a ricostruire la Pangea) che alla nutrizione.

L?appetito comunque non manca: e come disse Battisti, cara montagna, ?non soltanto di te?!

A cena ? dopa avere socializzato con un ottimo campione su scala internazionale dell?alpinismo contemporaneo ? scofaniamo nell?ordine: doppia zuppa misteriosa al non-so-cosa-ma-si-mangia; pezzo di animale tagliato fine con contorno di purè (?) tapioca (?) formaggio (?) (? a dire il vero non ricordo bene ?), pane in abbondanza e dolcetto finale + frutta e sgroppino alcolico che ci sta da Dio.
Niente caffè perché dobbiamo alzarci abbastanza presto, non stimando troppo le nostre capacità di arrampicatori veloci.

Dopo quattro chiacchiere nell?inglese di Celentano con i polacchi, nel francese di Totò e Peppino con i canadesi e nello spagnolo di Claudio Bisio con i madrileni, andiamo a letto: certi ormai che domani, se dovremo chiedere aiuto per un?emergenza, sarà meglio se impariamo l?esperanto (ci capirebbero meglio!): soprattutto gli svizzeri.

La sera, sulla terrazza del rifugio dopo cena, mi prende una malinconia che neanche Masini saprebbe raccontare.
Guardo il sole tramontare su un cielo rosso, minacciato delle montagne che ci circondano: sembra quasi di essere nel mezzo di una dentiera gigantesca, dimenticata aperta da chissà quale gigantesco nonno su un altrettanto gigantesco comodino.
Le montagne sono i denti: tutti intorno.
Forse il Pizzo Badile è un canino (o forse un molare rotto scheggiato).
Una dentiera che cerca di azzannare il sole come fosse un?arancia succulenta.

Le luci e le ombre lunghe che solo nei tramonti o con le eclissi compaiono: sono qui davanti a me. Quelle luci e quelle ombre che hanno ispirato millenni di poesia, letteratura e canzoni di Masini appunto.
Quelle luci che ? dai non nascondiamocelo ? ci hanno fatto singhiozzare in solitudine alla fine di una storia di presunto amore: quelle luci, proprio quelle luci mi gettano nello sconforto.

Come neanche la lampada radente usata dagli investigatori di C.S.I. saprebbe fare, i riflessi caldi, morbidi e silenziosi rivelano tutte le tare della mia anima di arrampicatore.

Si mostrano nudi senza alcun pudore tutti i pretesti che ho sempre cercato per giustificare la mia voglia di avventura: anche quando ? sui due piatti della bilancia ? pesava di più la ragione che mi avrebbe dovuto trattenere a casa con la mamma, con la fidanzata o con la moglie.

E questa malinconia atroce ? che io cerco di nascondere dietro gli occhi ed anche un po? cercando di non guardare in faccia nessuno, soprattutto il Mauro ? disegna in realtà sul mio volto un?espressione indecifrabile: quasi di saggezza (la vedo specchiata nei vetri scuri del rifugio).
Un?espressione di apparente equilibrio.

Sul balcone del Sasc Fourà ci sono io: con lo sguardo perso in un tramonto e con la testa persa in una dentiera.
Con il viso ingannevole di un mimo: con una maschera di fermezza che dietro nasconde tutta la mia fragilità.

Così, vado a dormire.
?Che è meglio?.
Appoggio la testa sul cuscino, dopo avere ravanato con le mani dentro lo zaino (senza disfarlo: troppo sbattimento) ed avere appurato che tutto è in presunto ordine, chiudo gli occhi.
Mi addormento.
Suona la sveglia.

Parte la bestemmia.

Ma a che cazz@ di ora abbiamo puntato la sveglia? Uffa?

Per un istante mi giro dall?altra parte (tanto è una via di quarto?) ma poi mi ricordo di avere pagato una notte in rifugio svizzero e che quindi devo dare un senso a tutti questi soldi spesi.

Mi ricordo di essere di origini brianzole e quindi l?avarizia gioca il suo ruolo determinante nel buttarmi giù dal letto e nel convincermi a prepararmi.

Peraltro, la prossima notte dovrei passarla dall?altra parte del confine, oltre la ?dogana? del Badile: quindi DEVO alzarmi.

Mi alzo.
Smuovo il Mauro che non ha trovato tutti questi argomenti per superare l?ostacolo lenzuola.
Per un attimo mi commuovo guardando la sua espressione da cinghiale sorpreso nella tana: magari lo lascio dormire e faccio lo spigolo in solitaria.

Ovviamente, si tratta di vaneggiamenti da risveglio prestivo.

Dopo una lauta colazione a base di Caotina, Ovomaltina, Maltodestrina, Simpamina, Coccoina e Cocaina, siamo in piedi (anche se non perfettamente verticali: diciamo posizione orango/gorilla).

Riesco anche a lavarmi i denti: magari alla dogana sulla cima del Badile gli sbirri mi controlleranno l?alito col palloncino quindi meglio prevenire.
Sto ancora sognando, ovviamente.
Forse ingurgito il dentifricio, ma poco importa. È buono come il dentifricio di Paperino che mangiavo come maionese da piccolo.

Zaino in spalla e partenza per il viale: fino all?attacco ed alla ormai straconosciutissima cengia basale della via.

Con mia sorpresa (come ieri) mi accorgo che molti dei cavernicoli-gitani stanno ancora dormendo o bevono una tazza di the, ancora con i piedi nel sacco a pelo (o con la testa dentro il sacco a pelo ed i piedi fuori: i più confusi).

Mi chiedo allora perché cavolo dormire qui, se poi parti dopo quelli che hanno dormito al Sasc Fourà: poi mi ricordo di essere brianzolo anche io e quindi mi spiego senza ombra di dubbio le ragioni più che valide: risparmiare il costo non indifferente di una notte in rifugio. Anche io, qualche anno fa, da studente senza redditi dovevo fare così.

Ad ogni modo ci va alla grande: stiamo legandoci che davanti a noi ci saranno solo 5-6 cordate ed una è già su, al terzo o quarto tiro (probabilmente hanno bivaccato nel portaledge appesi al primo chiodo trovato salendo: ?non sia mai che qualcuno ci supera su sta via impossibile!?).

Guardo il Mauro e con la determinazione che è propria dei momenti in cui mi girano i maroni gli annuncio che almeno per i primi 7-8 tiri si va in conserva, perché non voglio nessuno davanti e dobbiamo anche recuperare la cordata che ci precede già in parete: voglio essere il primo sul Badile (oggi: mica in assoluto, dai!).

Il Mauro mi guarda con le determinazione che è propria delle persone assennate e trattiene un franco e sonoro ?Ma vai a cagare pirla, va!?: però accetta l?idea della conserva così si parte.

Nel mentre ragioniamo, davanti a noi una cordata tutta femminile di gnocche polacche bionde già in canottiera alla mattina, ha appena attaccato (dannazione!).
Con il savoir faire che contraddistingue il gentleman latino, mi arrampico di fianco: le supero (intrecciando la nostra corda alla loro con una trama degna del miglior uncinetto) e, già che ci sono ? per chiarire la situazione ? lancio loro anche qualche sassetto e soffio un po? di magnesite negli occhi alla prima di cordata (non si sa mai).

Loro ci maledicono nella loro lingua, in inglese (con pronuncia perfetta) ed in francese (sempre perfetto): mica che ci sia sfuggito il concetto.

Io fingo di non avere capito, ringrazio anche con un sorriso per il vaffanculo multilinguistico multietnico e multiculturale appena ricevuto (con quelle tette potrebbero dirmi di tutto!) e proseguo dritto per la mia strada, con dietro il Mauro che perde più energie e scusarsi per la mia condotta da buzzurro che ad arrampicare.

Così ci liberiamo del primo ostacolo: niente gnocche davanti a distrarci.

Ora siamo i secondi sulla via.
Più che arrampicare faccio corsa in salita: i primi tiri sono davvero facili e mi dimentico anche di usare le mani.

Sembra il cartone animato della corsa più pazza del mondo: abbiamo appena eliminato Penelope Pitstop e le compagne e ci accingiamo a raggiungere il Barone Rosso.
Ovviamente io e Mauro siamo Dick Dastardly e Muttley (forse io sono il cane Muttley: per il pelo che ci accomuna e per la risata identica).

Davanti a noi una cordata di soli due ragazzi: quelli del bivacco in portaledge.

Al 79° tiro (ormai ho perso il conto di quanti tiri di corda abbiamo fatto?) li raggiungiamo e superiamo.
Anche loro sono stranieri ma l?espressione di gioioso gaudio per essere superati da due pisquani come noi la capiamo anche se ci viene pronunciata in inglese e suona, liberamente tradotta, più o meno come ?Anvedi ?sti due rompicoglioni che ci stanno col fiato sul collo da mezz?ora! Morissero colpiti da na saetta o ?ncornati da ?no stambecco!?.

Ringrazio con un sorriso del saluto cordiale e procedo per la mia strada. Nuovo record oggi: già due vaffanculo e non sono neanche le 9 di mattina! Di solito ci metto di più!

In fondo, comunque, mi sento colpevole per avere schiacciato loro le scarpette, con i pollici offesi da 4 ore di salita in placca. Neanche immagino il dolore? Per cui non mi impermalosisco più di tanto.

Al 124° tiro (forse esagero? Erano di meno? Boh?!) con mio sgomento mi accorgo che mi finisce la corda proprio ad un metro prima della nuova sosta (adesso non procediamo più in conserva!).

Con fare educato e lessico da ?dolce stil novo? redarguisco Mauro sui suoi compiti da secondo di cordata: ?Porco di un porco giuda, vacca di una vacca rana: ma come c***o mai son qui a tirare la corda e non mi avvisi che sta finendo??

Lui si scusa: povero.
Mi spiace essere sbottato e mi vergogno del mio nervosismo: saranno i pollici da 4 ore in placca che si fanno sentire anche a livello psicologico.

Il Mauro non solo è un ottimo secondo, ma è anche un ottimo primo (e va bene anche come contorno e dessert, se manca la meringata con la salsina di frutti di bosco) e il mio sbottare non è certo proporzionato all?errore scusabile: misera distrazione.

Così facendo e così bestemmiando, si arriva in cima: o quasi.

Come sempre sopra i 3000 mt mi piglia male la quota e ? sarà per il panino alla porchetta fredda, insalata russa, peperoni, crauti e salsa rosa che ho mangiato all?ultima sosta? ? mi viene anche una congestione che per poco non stramazzo.

Bianco come un cero battesimale e sudato freddo come durante l?esame di terza media, sono costretto a (ma anche lieto di) cedere gli ultimi tiri al mitico Mauro che ci porta fuori dalla cengia nevosa, proprio al segna vetta piramidale di metallo.

Lì, dopo un massaggio cardiaco e un?iniezione nel cuore modello Pulp Fiction, mi riprendo.

Ma ci riprendono anche gli inseguitori.

Appena arrivati i compagni di via, li accogliamo con reale cortesia ed un po? di vergogna: siamo stati (o meglio sono stato) maleducato nel superarli senza troppe cerimonie.

Unica mia giustificazione, su una via così lunga e perennemente affollata non è possibile fermarsi a rispettare i tempi e le esigenze di tutti e ognuno deve muoversi con il proprio ritmo, ovviamente garantendo la sicurezza di ciascun arrampicatore incontrato (e calpestato nel sorpasso ?).
Ormai è pomeriggio inoltrato: nonostante la nostra apparente velocità relativa (se commisurata e confrontata a quella delle altre cordate: sembrava una gara tra tartarughe e lumache) non siamo stati dei fulmini e abbiamo impiegato il nostro bel tempo per arrivare in cima: prendendoci le nostre pause, facendo le soste perfino per ammirare il panorama e scattare foto.
Tanto che fretta c?è?
Dobbiamo solo scendere sul versante italiano e andare a dormire alla Gianetti, se vorremo fermarci lì anche il lunedì: altrimenti, avvisare subito la paziente e generosissima moglie del Mauro di venirci a prendere ai Bagni.
Ma l?alpinismo rivela sempre le sue sorprese con la teatralità di una tragedia shakespeariana: anche quando si tratta di notizie buone o solo incredibili.
Così, approntandoci per la discesa (le nuove soste attrezzate consentono doppie fino al ghiacciaio e sembra il modo più sicuro e agevole per scendere, evitando il sentiero non proprio comodo) scopriamo che i due ragazzi che questa mattina hanno dato un senso vero al bivacco alla base della parete, partendo presto presto per non avere davanti rompipalle non sono italiani.
Ovviamente non è questa la cosa ?sconvolgente?.
Il fatto che mi turba un tantino è scoprire che Barry, uno dei due, è quasi cieco.
E cieco ? notate bene ? è scritto con la ?i?.
Lui e Conor sono irlandesi: lui, in più, è ipovedente.
Vede solo le ombre: ma solo se c?è una luce forte e diretta.
Ed io che, nel superarli, mi sono anche sentito molto figo!
Tra me e me pensando: ?Minchia che belva che sono! Corro come un treno: il quarto grado di montagna è proprio il mio grado? (? non che in falesia faccia molto di più! ?).
Ho superato con orgoglio e pregiudizio un semicieco: ipovedente irlandese che poi scoprirò avere un curriculum alpinistico da fare invidia a Moro: dal Bianco alle Dolomiti, dal Manzanarre al Reno. Ha più vie di montagna lui in attivo che io tiri di corda.
Ora la depressione in perfetto stile Masini mi viene anche senza tramonto.
Come ovvio, nello spirito competitivo di noi alpinisti ?sportivi?, il confronto è sempre umiliante, se ti piazza ad un livello inferiore.
Cosa di per sé disgustosa e spiacevole: ma in parte, inevitabile, umana. Viscerale. Istintiva.
Non mi sentirei una schifezza così se nei cento metri mi avesse battuto Pistorius.
Ma un ipovedente che arrampica più di me ? Boh: non riesco ad accettarlo.
Cosa di per sé disgustosa e spiacevole: ma in parte, inevitabile, umana. Viscerale. Istintiva.
Ora però la luce del tardo pomeriggio non può certo dirsi ?forte e diretta? e nell?approntare la discesa ci accorgiamo di come Barry e Conor (persona splendida per pazienza e coraggio: anche solo per essere qui, con questo amico speciale) siano in difficoltà.
Sembrano consumati avventori di questo tipo di problemi: non chiedono nulla e non esprimono neppure tensione.
Ma vedere Barry che si affaccia dalle cenge di calata senza percepire il vuoto ed il pericolo, in attesa che Conor raggiunga la sosta successiva, inquieta tanto me che Mauro.
È incredibile vedere la sicurezza e la silenziosa coordinazione con cui i nostri nuovi compagni irlandesi apprestano le manovre: sono più tranquilli ed affiatati di me e Mauro (non che ci voglia molto, lo so?).
Ma i tempi di discesa sono ovviamente dilatati: decidiamo di calarci in quattro con le stesse corde, per evitare file e rimediare agli attorcigliamenti. Per trovare la strada e ? dentro di me penso, anche se non ce n?è apparentemente bisogno ? per stare vicini a Barry mentre Conor si cala: l?istinto in tal senso è forte, anche se (ripeto) non sembra esserci ragione di preoccuparci, vista l?esperienza della cordata a cui siamo affiancati.
Siamo ormai al crocione di ferro dell?ultima emozionante calata fino al nevaio e la luce crepuscolare rende a Barry davvero difficile distinguere alcunché.
Difficile lo è perfino per me e per i miei 10 decimi, laddove il chiaroscuro si fa più accentuato.
Io e Mauro scendiamo come in raccoglimento: contemplando la bellezza dell?ambiente e l?incredibile sicurezza di un disabile molto più abile di noi due messi insieme.
Certo: il viso di Conor lascia trasparire stanchezza ed un filo di stress. Credo che comunque egli si senta responsabile del suo socio: come io mi sentirei responsabile a prescindere da tutta l?esperienza del mondo, nell?affrontare le doppie nella luce della sera, dopo una via di mille metri di sviluppo (il sentiero con un ipovedente mano nella mano sarebbe stato davvero troppo).
Arriviamo sul nevaio dopo qualche ora di troppo.
Barry è ormai perso in un oceano di oscurità e, fatte su le corde, camminiamo sul nevaio alternandoci mano nella mano per accompagnarlo.
Spero che le altre cordate che ci seguivano non abbiamo la macchina fotografica col teleobiettivo: altrimenti mi prenderanno per un alpinista omosessuale che passeggia mano nella mano verso la Gianetti col suo boy.
Già mi vedo: sputtanato su tutti i forum on line della galassia, la moglie che prepara le carte della separazione.
Onestamente sono orgoglioso di aiutare uno come Barry e di averlo conosciuto.
È lui ad avermi insegnato oggi più cose di quante me ne abbia insegnate lo stesso spigolone.
Sono orgoglioso, anzi di più: sono orgoglione di camminare mano nella mano con un mito come Barry.
Fanculo a tutte le foto che potranno ritrarmi come il ?Village People? del Badile!
Non mi sono mai piaciute le persone che sembrano troppo quello che sono e delle apparenze, in tutta sincerità, non me ne frega una bega.
Provo a chiudere gli occhi: ma anche solo a socchiuderli mi prende una specie di panico: sono sempre su un nevaio sciolto dalla calda giornata e poi, qualche passo dopo, sulla pietraia, dove ho paura di farmi male già quando ci vedo.
Ho paura di mettere un piede in fallo: non ho fiducia in me stesso. Non ce la farei ad avere fiducia di un altro che mi accompagnasse ?al buio? su questo terreno sconnesso.
Sono io l?handicappato. Il minorato. Il deficiente. E Barry è la mia guida: adesso spirituale.
Ora sul tetto della Gianetti si accende il faro luminoso.
Non siamo gli ultimi ad arrivare e per le cordate successive il saggio ed intelligente rifugista ha predisposto una sicurezza in più.
Incedo come un canguro di roccia in roccia e Barry, Mauro e Conor ? che ora porta per mano l?amico ? seguono un po? me, un po? il farozzo sul tetto del rifugio.
Su quella smisurata granita di granito che è lo spazio tra nevaio e rifugio, come se fossimo su un mare attraversato da naviganti montanari spersi, il faro della Gianetti è la stella più confortante.
Arriviamo che c?è già qualcuno a letto: probabilmente i più devastati dalle vie più dure del comprensorio. Durante la lenta discesa ci hanno superato in molti di coloro che avevamo superato salendo: chi durante le doppie, chi sul più rapido sentiero.
Anche io adesso sento la stanchezza: ho una tale fame che nell?attesa della zuppa, dopo avere finito a leccate tutto il cioccolato sciolto nel mio zaino, rosicchio un po? del tavolo e sniffo qualche bustina di zucchero opportunamente strisciata sul tavolo morsicato.
Trangugio la cena senza gustarla con la forza di un bidone aspiratutto della Polti: macino panini a raffica come un?idrovora, neanche fossi un tossico in crisi d?astinenza, con la velocità con cui Rambo esaurisce i caricatori della mitragliatrice.
Per telefono avvisiamo la moglie del Mauro che dormiremo qui, anche stanotte: lei, con la solita sapiente rassegnazione ? con lo spirito temprato più di un monaco zen: ormai vivente in uno stadio di perfezione spirituale di molto superiore al nirvana ? neppure lascia trasparire l?agitazione di non averci sentiti fino a sera. Prende atto.
Con serafica impassibile iperuranica ieraticità ci conferma che verrà a prenderci ai bagni domani. Nulla più nulla meno. Buonanotte. Sì: i figli stanno bene (ma tanto a te che te ne frega?).
Che stima ho per le donne degli arrampicatori! Donne al quadrato!
E la notte trascorre senza agitazione: con un ritmo sconosciuto nella vita di tutti i giorni, senza attendere l?alba successiva, che tanto arriverà lo stesso.
Non c?è bisogno di nulla: qui c?è già troppo. Un letto. Un tetto. Cibo. Roccia. Amici.
L?indomani la luce accende una giornata azzurrissima: per Barry in modo speciale, perché i profili delle cose adesso sono visibili.
Anche per me questa dimensione ? la luce del giorno ? non è così scontata oggi: ha tutto un altro sapore, ci credete?
Scendiamo per il sentiero fino ai Bagni.
Barry cammina meglio di me (e non perché non ho il fisico?) e non si direbbe che abbia un qualche handicap: non ci scommetterei un ? penny, a guardarlo così.
Anche con le foto ci ho messo un mese a convincere moglie e amici che se guardava dritto nell?obiettivo un po? era perché lo chiamavamo, un po? era per culo.
Una volta alla macchina, passaggio d?obbligo ai due nuovi amici che ci chiedono uno strappo fino a Chiavenna: anche noi ci fermeremmo a mangiare e a birreggiare al crotto di turno (magari con gara di rutti finale: disciplina in cui gli i figli della Guinness eccellono!) ? ma se Mauro chiede qualcos?altro alla moglie, rischia l?avvelenamento al prossimo pasto e stavolta avrebbe ragione la donna.
Solito scambio di email e saluti cordiali (? in esperanto).
Ringrazio il Badile, il suo spigolo docile e generoso.
Lo ringrazio di essere stata la strada su cui ho incontrato nuovi amici.
Anche oggi, un?altra splendida giornata!
? non vedo l?ora della prossima gita !
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Re: BLOCCA! QUARTO GIORNO

Messaggioda wolf jak » gio giu 06, 2019 13:19 pm

che bello questo racconto perso nei meandri del foro da dieci anni :D
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Re: BLOCCA! QUARTO GIORNO

Messaggioda il Duca » gio giu 06, 2019 14:24 pm

Bello.
Bisognerebbe tornare a scrivere storie vere e interessanti.
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RACCONTI DI GHIACCIO E ROCCIA

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Re: BLOCCA! QUARTO GIORNO

Messaggioda Gambadelegn » gio giu 06, 2019 22:06 pm

wolf jak ha scritto:che bello questo racconto perso nei meandri del foro da dieci anni :D



Non intendo fargli pubblicità, perché come ben capirete (subito) non ci guadagno nulla, ma tutti i miei racconti sono stati raccolti in un libro, i cui proventi sono destinati al figlio di un mio amico, scomparso in montagna.
Il libro si chiama "Blocca!", di Matteo Antonio Rubino, dove "Matteo Antonio Rubino" non è il titolo, ma sono io :D Se foste vicini (a Como, dove abito) ve ne regalerei una copia... Grazie: che nostalgia rileggere post su questi miei racconti... Eravate stati voi, dei forum, a convincermi a raccoglierli in un libro e quel libro ha fatto molto bene, a quel bambino meraviglioso (ormai, un ragazzino grande!). Quindi, grazie grazie a tutti!!!!

(Gambadel...ops... Matteo!)
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Re: BLOCCA! QUARTO GIORNO

Messaggioda wolf jak » ven giu 07, 2019 1:30 am

Domani lo cerco! Intanto grazie per questi racconti sul forum, mi hanno divertito parecchio :D

Ciao e piacere di conoscerti
Giacomo
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Re: BLOCCA! QUARTO GIORNO

Messaggioda il Duca » ven giu 07, 2019 6:40 am

Bella iniziativa
http://www.respirodelvento.blogspot.com

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il Duca
 
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Re: BLOCCA! QUARTO GIORNO

Messaggioda Achille_piè_veloce » ven giu 07, 2019 19:16 pm

Bello, c'è anche l'ebook a pochi dollah!
http://www.lulu.com/shop/matteo-antonio ... 83027.html
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