"A un soffio dalla fine" (Beck Weathers)

[Il Gipeto]

Quando si dicono... le strane coincidenze della vita...mia madre "vince" questo libro ad una pesca di beneficenza, ad una festa patronale, e me lo regala dicendo: "Ho pensato che potrebbe piacerti".

L'ho letto in breve tempo, mi ha appassionato.

Parla di Beck Weathers, uno dei sopravvissuti della tragedia dell'Everest del 1996, in cui morirono tra gli altri anche i grandi alpinisti Rob Hall e Scott Fischer. Ma conoscerete la storia molto meglio di me.

Il libro affronta inevitabilmente ciò che capitò in quel tragico giorno, ma non si limita a ciò, analizzando piuttosto tutto ciò che gira attorno a questa tragedia: innanzitutto la passione per l'alpinismo di Weathers, che lui stesso definisce apertamente un'ossessione. Questo perché, a suo avviso, diventa una specie di dipendenza, quasi una droga, che lo allontana sempre di più dalla moglie e dai figli e lo spinge ad allenarsi ossessivamente anche dal punto di vista fisico per potenziare al massimo la muscolatura in vista della spedizione dell'Everest.

Beck parla anche della sua infanzia e della sua giovinezza e poi descrive con precisione anche il suo salvataggio e ciò che successe dopo il ritorno dalla Vetta del Mondo: le amputazioni e gli innumerevoli interventi chirurgici, il ritorno della depressione, ma anche la rinascita e la riconquista della moglie e il salvataggio del suo matrimonio che prima di ciò era ormai compromesso.

E' un libro che può non piacere poiché non è tutto incentrato sull'alpinismo e sull'Everest, ma parla anche della sua vita prima e dopo la tragedia e di eventi dell'infanzia e della giovinezza che nulla hanno a che fare con la montagna.

So che ad alcuni non è piaciuto per questo motivo.

A me personalmente è piaciuto.

A voi?

[PIEDENERO]

non trovo più il minimo interesse nel leggere storie di psicopatici ossessivi che raccontano le proprie inutili esperienze, dopo essere stati ad un passo dalla morte.
è sempre la solita roba trita e ritrita ma cucinata nello stesso brodo.
cosa spinge questi malati di mente a soffrire prima, e ci può anche stare, e a raccontare dopo le minchiate che hanno combinato?
ma, soprattutto, che bisogno abbiamo noi di leggere questi racconti?



saluti da un vecchio che non scala più e che ovviamente non ha letto il libro.

[piazarol]

cosa spinge questi malati di mente a soffrire prima, e ci può anche stare, e a raccontare dopo le minchiate che hanno combinato?

in termine tecnico si chiama elaborazione del trauma...

poi, saper scrivere, raccontare, e comunicare sono altre cose ancora

e un'altra cosa ancora è il piacerci o meno quello che leggiamo,
di solito (per non dire sempre), a causa di assonanze con 'cose' che ci riguardano direttamente