La memoria della ghisa.

Area di discussione a carattere generale sull'arrampicata.

La memoria della ghisa.

Messaggioda Fokozzone » mar mag 11, 2004 17:45 pm

Riprendo un concetto che avevo tirato fuori durante una interessantissima discussione lanciata da Maurizio e che, essendo arrivato a fine topic, non aveva avuto seguito.
Tuttavia mi sembra un' idea centrale per analizzare la dinamica psico-fisica che tante volte ci guida nell' arrampicata.
Noi alziamo le mani sulla roccia, troviamo due prese così e cosà e a questo punto diciamo che, avendo affrontato passaggi simili in passato, sappiamo cosa fare, nel senso che ricordiamo il movimento efficace con cui abbiamo già superato un passo analogo.
(N.B. a me capita più spesso di ricordare un movimento che non sono riuscito a fare su un passo analogo :wink: )
Tuttavia io credo che siamo molto influenzati non tanto dalla sensazione di economicità del movimento, quanto dal fatto che con un gesto simile siamo riusciti a tenere le prese, per assurdo anche con un movimento tecnicamente cannato in quella posizione.
Quindi più che di memoria del gesto, io parlerei di memoria della ghisa: ho retto quello sforzo, che conosco e ricordo, e sono passato, dunque in quel modo posso farcela di nuovo.
Un po' come i campioni di judo che hanno uno "speciale": loro hanno perfezionato un movimento e tentano quello, anche se l' avversario sarebbe più vulnerabile a un altro tipo di attacco.
E c' è una gradazione psicologica che avvalora la memoria della ghisa: minima corda dall' alto in falesia, modesta corda dall' alto in parete, discreta a vista in falesia, forte da primi in parete, fortissima in montagna con un chiodaccio arrugginito n metri sotto i piedi...

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Re: La memoria della ghisa.

Messaggioda clod » mar mag 11, 2004 20:40 pm

Fokozzone ha scritto:Riprendo un concetto che avevo tirato fuori durante una interessantissima discussione lanciata da Maurizio e che, essendo arrivato a fine topic, non aveva avuto seguito.
Tuttavia mi sembra un' idea centrale per analizzare la dinamica psico-fisica che tante volte ci guida nell' arrampicata.
Noi alziamo le mani sulla roccia, troviamo due prese così e cosà e a questo punto diciamo che, avendo affrontato passaggi simili in passato, sappiamo cosa fare, nel senso che ricordiamo il movimento efficace con cui abbiamo già superato un passo analogo.
(N.B. a me capita più spesso di ricordare un movimento che non sono riuscito a fare su un passo analogo :wink: )
Tuttavia io credo che siamo molto influenzati non tanto dalla sensazione di economicità del movimento, quanto dal fatto che con un gesto simile siamo riusciti a tenere le prese, per assurdo anche con un movimento tecnicamente cannato in quella posizione.
Quindi più che di memoria del gesto, io parlerei di memoria della ghisa: ho retto quello sforzo, che conosco e ricordo, e sono passato, dunque in quel modo posso farcela di nuovo.
Un po' come i campioni di judo che hanno uno "speciale": loro hanno perfezionato un movimento e tentano quello, anche se l' avversario sarebbe più vulnerabile a un altro tipo di attacco.
E c' è una gradazione psicologica che avvalora la memoria della ghisa: minima corda dall' alto in falesia, modesta corda dall' alto in parete, discreta a vista in falesia, forte da primi in parete, fortissima in montagna con un chiodaccio arrugginito n metri sotto i piedi...

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Messaggioda Redpoint » mar mag 11, 2004 22:06 pm

Noi arrampicando apprendiamo un repertoprio gestuale e stimoliamo la nostra "sensibilità" del movimento..
non credo che sia tanto una questione di più o meno ghisa... è una questione più percettiva che legata al "ricordo" di passaggi affrontati..

la natura ci ha donato un corpo di una sensibilità formidabile...e di un cervello complesso ed in grado di elaborare tutti questi "messaggi" che ci arrivano dai sensi...

noi prima di muoverci usiamo la vista... e cerchiamo di leggere un passaggio... poi con le mani tastiamo gli appigli... e nel frattempo il nostro cervello ha compiuto milioni di elaborazioni...
non so come spiegarlo... l'arrampicata entra a far parte di quelle abilità che sono molto complesse da indagare...
io quando arrampico cerco di ascoltare il mio corpo... e di visualizzare la mia posizione e come posso sviluppare il movimento...

non penso a passaggi di vie che ho già fatto o che non ho fatto...

sono tutto sulla via..
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(DvdS)

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Re: La memoria della ghisa.

Messaggioda aculnaig » mer mag 12, 2004 8:54 am

Fokozzone ha scritto:Riprendo un concetto che avevo tirato fuori durante una interessantissima discussione lanciata da Maurizio e che, essendo arrivato a fine topic, non aveva avuto seguito.
Tuttavia mi sembra un' idea centrale per analizzare la dinamica psico-fisica che tante volte ci guida nell' arrampicata.
Noi alziamo le mani sulla roccia, troviamo due prese così e cosà e a questo punto diciamo che, avendo affrontato passaggi simili in passato, sappiamo cosa fare, nel senso che ricordiamo il movimento efficace con cui abbiamo già superato un passo analogo.
(N.B. a me capita più spesso di ricordare un movimento che non sono riuscito a fare su un passo analogo :wink: )
Tuttavia io credo che siamo molto influenzati non tanto dalla sensazione di economicità del movimento, quanto dal fatto che con un gesto simile siamo riusciti a tenere le prese, per assurdo anche con un movimento tecnicamente cannato in quella posizione.
Quindi più che di memoria del gesto, io parlerei di memoria della ghisa: ho retto quello sforzo, che conosco e ricordo, e sono passato, dunque in quel modo posso farcela di nuovo.Un po' come i campioni di judo che hanno uno "speciale": loro hanno perfezionato un movimento e tentano quello, anche se l' avversario sarebbe più vulnerabile a un altro tipo di attacco.
E c' è una gradazione psicologica che avvalora la memoria della ghisa: minima corda dall' alto in falesia, modesta corda dall' alto in parete, discreta a vista in falesia, forte da primi in parete, fortissima in montagna con un chiodaccio arrugginito n metri sotto i piedi...

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Bho...pensando alla mia arrampicata ho alcune consoderazioni da fare.
Come l'hai inquadrata tu Fokozzone sembra che si stia analizzando il semplice passaggio. E' ovvio che non intendi questo, però bisogna fare delle considerazioni.
Ossia la ghisa che avevi su un passaggio/presa simile in un altra circostanza era sicuramente diversa da quella che ti trovi a fare in quel momento.
Infatti quando provi una via dura, prima provi tutti i singoli passaggi e infine li devi concatenare, proprio perchè la ghisa iniziale aumenta man mano che sali.
Può capitare sovente che l'ultimo passaggio, perquanto richieda uno sforzo minore ripsetto a quelli che l'hanno preceduto, ti impedisca la prestazione ritrovandoti a penzolare nel vuoto.
Quello che intendo dire è che arrivato al passaggio critico la mia memoria va al bagaglio di movimenti (scarso :wink: ) che la mia breve esperienza mi ha consentito.
E sicuramente qui sta il bello dell'arrampicata, risolvere un problema senza l'uso della forza quando questa non c'è.
Stai pur tranquillo che se pensi alla ghisa ti giri verso il compagno e urli "Tieni"!!
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Messaggioda MICKA » sab mag 15, 2004 21:55 pm

Redpoint ha scritto:Noi arrampicando apprendiamo un repertoprio gestuale e stimoliamo la nostra "sensibilità" del movimento..
è una questione più percettiva che legata al "ricordo" di passaggi affrontati..


sul manuale di train la chiamano i.m.v ovvero l'intelligenza motoria verticale. e' un po' come guidare la macchina... voi pensate quando cambite la marcia quando frenate quando sterzate...?no perche' e' una cosa che vi viene in maniera automatica quasi istintiva lo stesso vale per l'arrampicata.Se cominciate a pensare a qualsiasi movimento dobbiate fare, forse comincerete a dubitare sul passo, o sulla sequenza e pian piano arrivera' la ghisa :twisted: il corpo deve quindi imparare a muoversi quasi in maniera automatica bho, forse mi son spiegato male c.mq rimane valido l'esempio macchina :wink:
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Messaggioda rugge » dom mag 16, 2004 0:02 am

Non c'entra niente, ma mi sembra interessante questa cosa:

quando ormai con la mente dico: basta, non ce la faccio più, ora volo, in realtà i muscoli ne hanno ancora: sono convinto che le capacità di resistenza allo sforzo e al dolore siano molto superiori a quelle che comunemente siamo abituati a usare.
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Messaggioda Davide62 » dom mag 16, 2004 13:51 pm

I fenomenale Patick Edlinger sostiene che il corpo ricorda.
Ricorda lo sforzo particolare, il gesto e l'equilibrio.
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