Ma in quanti scalano veramente sul VII+/VIII obbligatorio

Area di discussione a carattere generale sull'arrampicata.

Re: Ma in quanti scalano veramente sul VII+/VIII obbligatori

Messaggioda flow » gio gen 14, 2016 12:36 pm

gug ha scritto:Il passo di Gogna che hai citato parla proprio di quel bilancio che occorre fare in alpinismo, e che deve essere scelto volontariamente dallalpinista di cui parlavo sopra.
La mia opinione, che deriva da quello che ho letto, è che Mittersteiner si sia situato proprio nell'estremo dei rischi eccessivi di cui parlava Gogna, e questo in confronto ad altri alpinisti che ho citato.
Tu e altri, qui nel topic, sostenete una posizione diversa, ma sarebbe interessante che la argomentaste con degli esempi concreti per poter cercare di fare un confronto: di fatto quel bilancio di cui parla Gogna si può fare solo in confronto con altri esempi. Può darsi che uno degli esempi sia proprio Gogna, ma mi interesserebbe sapere più dettagli tecnici delle aperture di cui parla in quel passo iniziale.

Ti accontento:
"Fatto il passaggio proprio con il cuore in gola, mi trovo con i piedi su appoggi semoventi: mi fanno l’effetto di tegole di un tetto che stiano per scivolarmi di sotto. E’ una brutta sensazione, favorevole ad un’unica cosa: il tremolìo dei piedi. (…) Cerco di piantare un chiodo, ma tutto è mobile, la roccia non tiene. Ho le mani distese sopra la testa e sento che sto per volare. (…) Qui la posizione tra un po’ non la sostengo più. (…) Ho raggiunto con le palme delle mani aperte la cengetta con la speranza che ci sia un appiglio, anche friabile. Non c’è niente. Solo roccia liscia e terriccio. I piedi (…) non posso alzarli per riuscire a vedere se sulla cengetta ci sia qualche fessura. Col tatto cerco di sentire qualche incrinatura, qualche solco, qualche buco. Le mani mi si stanno stancando. (…) Non voglio volare, e non posso tornare indietro, o per lo meno sarebbe un’impresa disperata. (…) Appena vedo la superficie della cengetta mi spavento, perché non c’è assolutamente la più piccola fessura. C’è un appiglio friabile, che io afferro in extremis e che mi permette di spostare i piedi (…) su appoggi friabilissimi. Non mi fido a spostare il peso su essi e sono sempre su una mano. Di chiodare non se ne parla neppure, perché non riuscirei a tenere in mano il martello (…). Sposto il peso sul piede sinistro trattenendo il respiro; mi si sgretola in mano l’appiglio precedente: ho un attimo di smarrimento perché l’equilibrio è compromesso. (…) Non riesco a disincagliarmi da questa posizione e ho la gola che mi brucia. (…) Qui tutto è sesto, tutto al limite, tutto terribile. Sento un vago senso di malessere. Sono ben lontano dall’esaltazione che certa letteratura alpinistica attribuisce a chi sta facendo qualcosa di stupendo e sta rischiando il massimo. Cerco solo di raggiungere la rampa, in cui, penso, potrò piantare i chiodi nell’erba. Molto lentamente la raggiungo, ma subito mi aspetta una delusione; è rapidissima e spiovente; lo strato di terra sarà al massimo 5-6 cm. Impossibile sostare prima, perciò ci salgo sopra e subito mi trovo in posizione assurda. Accucciato, con i piedi che stanno per scivolare e con le dita aggrappate a ciuffi d’erba. Sento che sto ancora per volare. Questa volta sarebbe una tragedia. L’ultimo chiodo è a sette metri e non mi terrebbe certamente. Il primo chiodo un po’ decente è a dieci metri. (…) Mi sta reggendo un appoggio per il piede sinistro di due centimetri quadrati. (…) sono qui, in posizione critica con i chiodi distantissimi" (Gogna, 1969).

Di alpinisti-scrittori come Gogna che sappiano descrivere in modo così avvincente l'esperienza vissuta non ce ne sono molti, credo. Al contrario, penso che non pochi si siano misurati con salite al (o oltre) il limite (personale), rischiando forse in modo eccessivo (col senno del poi). In ogni caso, il confronto non ha senso. Mittersteiner e Gogna hanno fatto esperienze diverse, ciascuno andando al di là dei propri limiti e prendendo rischi "eccessivi" inevitabilmente soggettivi.
L'arte di salire in alto è dono degli dei, e molto spesso non è elargita al pari delle fibre bianche dei muscoli (Manolo)
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Re: Ma in quanti scalano veramente sul VII+/VIII obbligatori

Messaggioda funkazzista » gio gen 14, 2016 13:23 pm

gug ha scritto:[...] ho sempre avuto l'impressione che personaggi come Mittersteiner non fossero un esempio di evoluzione dell'alpinismo [...]

In un certo senso hai ragione.
Mittersteiner ha semplicemente proseguito sulla strada, già tracciata, della rinuncia ai mezzi artificiali.
Nessuna "evoluzione", quindi, se non a livello delle difficoltà tecniche superate.

PS
Spero che VECCHIO sarà indulgente se un brocco ignorante, e per di più dal CV inesistente, si permette di sputare giudizi su un'attività che non pratica :wink:
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Re: Ma in quanti scalano veramente sul VII+/VIII obbligatori

Messaggioda Lavaredo » gio gen 14, 2016 14:23 pm

cauboi ha scritto:Ciao Vecchio,
ti leggo sempre volentieri anche se scrivo poco sul forum, sei un po la mia "cattiva strada"
Però una cosa proprio non mi piace.....
Ogni tanto mi sembra che la nostra cultura dominante sia quella degli anticamente detti "cagasotto". #-o #-o #-o
e se anche fosse?
Ho iniziato a scalare da giovane, a 15 anni e per anni i miei "miti" sono stati i paladini dell'etica, le grandi solitarie invernali, la lotta allo spit...
Crescendo e girando ho avuto anche modo di conoscere molti dei miei "paladini" e il loro incontro mi ha lasciato spiazzato, spesso erano persone con grosse lacune interiori, incapaci di affrontare la vita, con grossi buchi dentro.
In questa affascinante disciplina che è la montagna (in tutte le sue forme) ognuno cerca quello che vuole.
Ho avuto la fortuna di leggere "i falliti" di Motti e mi si è spalancato un mondo:

"Ora è pomeriggio e siamo qui su questo terrazzino a soli duecento metri dalla meta, e attendiamo in silenzio che la natura si plachi. Siamo preoccupati, abbiamo paura di morire? Non lo so. Io personalmente vedo ben da vicino il rischio che ho corso e che sto correndo, ma non ho paura, sono solo molto triste. E’ la fine di luglio, e immagino un bel pomeriggio di sole lassù in Val Grande, e davanti ai miei occhi le immagini si susseguono con chiarezza: cosa avrei fatto oggi? Forse avrei giocato a pallone, o forse avremmo fatto una passeggiata tutti insieme nel prati della Stura, e seduti sul solito pietro ne avremmo iniziato interminabili discussioni sulla religione, sulla politica o sulla vita.."

Se per essere "Alpinisti" bisogna dimenticarsi tutto quello che ci circonda, bisogna essere egoisti, bisogna rischiare sempre e fare sempre di più allora forse è meglio essere cagasotto, almeno per me.
E' sono felice di sapere che a Galbiate o al Machay ci siano 1000 cordate felici e sul Pilastro Bee Tito e Luka, ognuno sta cercando la sua strada senza dover dire agli altri come si fa.
Ma la vita, e me ne sto rendendo conto ogni giorno, non è solo ALPINISMO. Ci sono persone, lavori, amici, doveri da portare a termine e trascurarli o scappare lo vedo come una sconfitta più grossa che preferire una bella via a spit al sole piuttosto che la nord dell'Agner d'inverno...
Perchè pensare a Kirkpatrich che lascia sua moglie e sua figlia e parte la notte per andare a Yosemite, sapendo che sta sbagliando ma incapace di reagire per il suo puro egoismo mi fa pensare che è un grandissimo alpinista... ma come uomo?
Qualche anno per i monti ormai l'ho fatto e ho deciso che preferisco essere uomo prima e alpinista poi, sarò un cagasotto ma non lo vedo così un male!


Ciò che penso anch'io.

Buona giornata a tutti
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Re: Ma in quanti scalano veramente sul VII+/VIII obbligatori

Messaggioda Pié » gio gen 14, 2016 16:15 pm

gug ha scritto:
Pié ha scritto:
PIEDENERO ha scritto:interessanti le riflessioni di gug


si sono interessanti spunti di riflessione, però non le condivido.
come fai a sapere quanto rischia uno, quanto e se è andato oltre al limite, qual è poi questo limite?
quando ha salito kein rest con Holznecht in otto ore, quanto han rischiato? io non lo so. non ho né il livello per fare kein rest e quindi capire che voglia dire fare il 6c obbligatorio con dentro nulla sulla nord ovest né il livello di Mittersteiner e Holznecht per capire quanto fossero sopra le difficoltà. Di sicuro parecchio se ci han messo 8 ore.
E così via..
Diversa invece era la battuta del Rampik che ricordava che il limite tra il "che bravo ha salito quella traballante" e il "che pirla si è attaccato a quella caldela instabile" può essere molto sottile. ed è una cosa che ho fatta mia e cerco di tenere ben presente quando vado in giro.


Beh, ma questo vale per qualsiasi attività: allora non si dovrebbe discutere di nulla se non si ha il livello dei top.
Invece credo che se di una disciplina si capisce qualcosa, perché la si pratica, e se ci si informa e si segue il dibattito qualche spunto di discussione lo si può proporre.



ok, ma sono due cose diverse. che tutti possano discutere e dire la propria opinione ci mancherebbe, se ne discuteva anni fa. però se l'argomento diventa estremamente soggettivo come può essere quello del rischio, secondo me ci vuole anche l'umilta di rendersi conto che si sta parlando di un altro pianeta. Funkazzista e Paolo75 hanno espresso nei loro interventi di ieri (che mi ero perso, ero in giro ad arrampicare :mrgreen: ) esattamente quello che penso.
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Re: Ma in quanti scalano veramente sul VII+/VIII obbligatori

Messaggioda funkazzista » gio gen 14, 2016 16:22 pm

Pié ha scritto:ieri ero in giro ad arrampicare :mrgreen:

Ma, ma... con il sole che c'era? :cry:
Come ti permetti?!? :evil:
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Re: Ma in quanti scalano veramente sul VII+/VIII obbligatori

Messaggioda Pié » gio gen 14, 2016 16:25 pm

funkazzista ha scritto:
Pié ha scritto:ieri ero in giro ad arrampicare :mrgreen:

Ma, ma... con il sole che c'era? :cry:
Come ti permetti?!? :evil:
Ti meriti un Immagine


:mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:
.. e pensa te che giravo pure armato di picche.. che spreco dirai :lol:
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Re: Ma in quanti scalano veramente sul VII+/VIII obbligatori

Messaggioda Pié » gio gen 14, 2016 16:39 pm

VECCHIO ha scritto:Ti posso solo augurare di diventare un grande uomo, non ho nulla da obiettare.
Mi permetto di dire che per me l'alpinismo è una grande scuola, forse dal punto di vista mentale è la migliore, anche se molto individualista.
Mi piace ripetere che per molti uomini i movimenti del nuovo mattino e il sassismo sono stati il canto del cigno dell'alpinismo italiano: erano quasi solo fatti dai falliti e dai molti che non riuscivano ad alzarsi e grazie a loro adesso in alpinismo siamo indietro di almeno 20 anni rispetto al top del resto del mondo, però abbiamo la media fra le più alte, anche se la scuola lascia molto a desiderare, ovviamente una media molto distaccata da quella slovena.

Ps: spero tu abbia imparato a non tirare mai più dei bidoni senza scusarti :lol:


alpinismo scuola di vita? non sono d'accordo. per lo meno in senso assoluto. credo che quando si sia sottopressione vengano estremizzati gli aspetti del carattere e se uno è un cretino in pianura è difficile che la quota lo migliori.
D'altro canto l'andar pel monti, così il funk non mi redarguisce :twisted: , ha sicuramente contribuito a formare il mio carattere e probabilmente contribuisce a rendermi migliore perché andare in montagna mi fa star bene.
Secondo me sono le lezioni imparate, in montagna e non, ad esser scuola di vita. Che sentire non vuol mica dire ascoltare. figuriamoci imparare. :wink:

E non bistrattatemi il Vecchio :wink:
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Re: Ma in quanti scalano veramente sul VII+/VIII obbligatori

Messaggioda funkazzista » gio gen 14, 2016 17:18 pm

Pié ha scritto:E non bistrattatemi il Vecchio :wink:

E chi lo bistratta?
Chiaro però che se viene a parlare male dei brocchi in un forum di (con rispetto parlando, eh) brocchi... :lol:

Comunque, scherzi a parte, io credo che VECCHIO sia un virus...
In qualunque topic dove interviene si finisce sempre a parlare di Alpinismo! :mrgreen:
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Re: Ma in quanti scalano veramente sul VII+/VIII obbligatori

Messaggioda Pié » gio gen 14, 2016 17:23 pm

funkazzista ha scritto:
Pié ha scritto:E non bistrattatemi il Vecchio :wink:

E chi lo bistratta?
Chiaro però che se viene a parlare male dei brocchi in un forum di (con rispetto parlando, eh) brocchi... :lol:

Comunque, scherzi a parte, io credo che VECCHIO sia un virus...
In qualunque topic dove interviene si finisce sempre a parlare di Alpinismo! :mrgreen:


mmhh.. mi ricorda qualcosa..
Immagine


:mrgreen:
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Re: Ma in quanti scalano veramente sul VII+/VIII obbligatori

Messaggioda VYGER » gio gen 14, 2016 18:47 pm

Ueh, che threaddone...

Le mie umili opinioni in merito.

1. Mittersteiner ha spinto in avanti i limiti dell'alpinismo, pur - forse - all'interno di un nucleo di intuizioni già espresse a suo tempo da Preuss [materiali diversi; ma conta l'attitudine].

Poi il dottore non ordina a nessuno di fare alpinismo come lo ha fatto Mittersteiner.
Ho avuto la possibilità di mettere le mani sulla via del Sassofono, tornando indietro prima del tiro di VII-; il mio socio ha provato a salire, rinunciando quasi subito; impressionanti sia quella lunghezza [sarà 6c/7a, un paio di ch], sia il tiro successivo, VI+ [per così dire] senza un chiodo; si può vedere bene tutto lo sviluppo della via perché a dx della parete sale un comodo sentiero panoramico - :D ]

2. Pochi sono stati in grado di seguirlo perché la sua è stata un'attività di eccezione;

3. Quei livelli di attività non sono solo dovuti ad attitudine e fortuna, ma anche a una preparazione e uno stato mentale molto particolari, che pochi riescono a conservare a lungo.
Lo stato mentale è così particolare che, a mio modo di vedere, finché dura, "tiene lontani i guai"; purtroppo gli anni e la vita [con le sue vicende] fanno brutti scherzi e alterano la compattezza di quella condizione; e quando la alterano, tutto diventa molto pericoloso; penso che un simile stato di concentrazione caratterizzi anche professionisti che fanno lavori di grande precisione nei quali ne va della vita propria [piloti di aerei da guerra] o di altri [microchirurghi atque similia].

Non entro nei dettagli di quali possano essere i fattori perturbanti; però meglio non andare a fare vie impegnative se si è appena stati lasciati dalla morosa; o se, al girovita, iniziano a crescere le "sonze".

4. Facendo quel tipo di alpinismo si impara un mucchio di cose, utilissimo a sopravvivere nel metaxù [la terra di mezzo tra diqquà e dillà], ma del tutto inutili e disprezzate nel mondo di qua [a meno che non si sia microchirughi - :mrgreen: ].

E infatti chi se ne è andato troppo a zonzo nel metaxù, se riesce a tornare, oltre a restare sempre un pochino spostato, fa una fatica bestia a riadattarsi [quindi bisogna portare un po' di pazienza con lui/lei, eh?].

In definitiva, comunque, direi che, più che essere le vie impegnative a creare il carattere, è il carattere a portarti a salire certe vie impegnative.

5. Uno che fa quel tipo di vie non è né meglio, né peggio delle altre persone.

Il fatto è che la vicinanza all'assoluto [cioè "alla fine di questa vita e a ciò che è oltre, se c'è"] determina - come direbbe Jung - un'inflazione della personalità: ci si "gonfia" di "spiriti" [ingannevoli]; e le sensazioni intense vissute portano a dare poca importanza a una vita quotidiana di per sé monotona e poco interessante.

Inoltre in montagna si ha la propria vita nelle proprie mani; a valle sono altri ad avere in mano la nostra; questo fa sì che l'ego del serial klimber si autoattribuisca un'importanza che altrove non gli è concessa; da qui - forse - la presunzione di essere meglio degli altri.

***

In definitiva, è il caso o no di proporre ad altri, magari ggiovani, di andare a spericolarsi per vivere esperienze allucinate ai confini del mondo?

Non saprei...

- Per certi versi è inevitabile che qualcuno si senta attratto da questo tipo di vita e ci si dedichi [e secondo me è meglio che lo faccia con cognizione di causa; e per sé, non per altri (la morosa, gli sponso, la gloria];
- Per altri versi mi verrebbe da sconsigliare a un giovane questo tipo di ingaggio; troppo dolore, troppo pericolo; però, se qualcuno mi avesse detto una cosa simile quand'ero giovane, gli avrei fatto una pernacchia e me ne sarei andato diritto per la mia strada.
- E poi l'alpinismo impegnativo è una delle molte strade, tutte valide, che una persona può prendere; e se un giovane non rischiasse scelte in proprio, che vita grama farebbe?

Chiedo scusa per lo stile.
Non sono molto in vena: lavorare su progetti fa perdere confidenza con la scrittura evocativa...

:(
Ultima modifica di VYGER il gio gen 14, 2016 19:08 pm, modificato 2 volte in totale.
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Re: Ma in quanti scalano veramente sul VII+/VIII obbligatori

Messaggioda funkazzista » gio gen 14, 2016 19:06 pm

VYGER ha scritto:Mittersteiner ha spinto in avanti i limiti dell'alpinismo, pur - forse - in estrema fedeltà a Preuss [materiali diversi; ma conta l'attitudine]

Esattamente quello che intendevo anch'io qualche post fa.
gug ha usato la parola "evoluzione" che a me non sembra adatta (ma forse perché tendo a prendere tutto un po' troppo alla lettera): parlare di "evoluzione" a proposito di un'attività da tempo chiaramente codificata (si fa per dire, eh... vedi l'apposito topic nel quale le brillanti menti di questo forum hanno dato il loro meglio :mrgreen: ) come l'Alpinismo mi sembra fuori luogo come parlare di "evoluzione dei 100m piani".
Nel caso di Mittersteiner si parla appunto di "spostamento dei limiti".

Per tutto il resto di quello che hai scritto (e per quel che vale detto da un khazzone come me), chapeau =D>
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Re: Ma in quanti scalano veramente sul VII+/VIII obbligatori

Messaggioda VYGER » gio gen 14, 2016 19:15 pm

funkazzista ha scritto:
Per tutto il resto di quello che hai scritto (e per quel che vale detto da un khazzone come me), chapeau =D>


Troppo gentile.

Credo che la libertà di opinione sia uno dei mai troppo apprezzati doni della democrazia.
Ma a nome suo e della riduzione al minimo comun denominatore non si devono nemmeno uccidere "monstrua" come gli alpinisten stremi, neh?

Così, solo perché sono un po' originali.

:mrgreen:

Ourevuàr
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Re: Ma in quanti scalano veramente sul VII+/VIII obbligatori

Messaggioda gug » gio gen 14, 2016 20:50 pm

Chiarisco che anche a me Mittersteiner mi sembra un fuoriclasse, semplicemente sostengo che quello che ha fatto è stato eccezionale, ma che non abbia mostrato una linea di evoluzione seguita da altri e questo non perché quelli che lo hanno seguito fossero tutte pippe, ma probabilmente perché si sono accorti che era una strada non perseguibile.
Questa opinione era prima solo una impressione vaga, ma ha preso maggiore forma dopo la lettura di questo intervento di Piè che racconta una affermazione di Tondini.

Pié ha scritto:ecco, a proposito...
avevo avuto modo di chiedere a Tondini (questo oltre ad un'altra ventina di domande, era stato veramente disponibile :D ) che era venuto l'anno scorso a fare una serata da noi, fin dove era possibile secondo lui spingere l'apertura con uno stile "alla Mittestainer" - in libera a vista - e quando invece diventava indispensabile aprire alla "Larcher", in libera tra una protezione e l'altra, appendendosi al cliff per chiodare e poi liberando poi la via in un momento successivo.

Questa era stata la risposta:
Eh... allora, c'è da dire che Mittersteiner è arrivato ad aprire a vista in libera (quindi senza appendersi neanche per chiodare) fino al 7c. Aveva sicuramente una preparazione fisica e mentale sopra la norma. Immaginare di utilizzare questo stile su grandi pareti sarebbe fantastico ma pochi terreni permettono questo. Il tiro chiave di Vogelfrei alle Mesules che è 7c è il primo. Affrontare con uno stile del genere un tiro di quella difficoltà magari al ventottesimo tiro di una via, su una parete complessa come quella della Civetta penso che sia una cosa diversa. E se lo si sceglie oggettivamente si accetta di azzardare parecchio. Quando parto per un tiro nuovo, punta a quell’idea ma sono disposto ad accettare il compromesso di appendermi ai cliff per posizionare i chiodi (nota: non ci appendiamo ai cliff per fare resting e poi ripartire senza avere messo delle protezioni) Credo che lo stile che ho adottato, quindi salita esclusivamente in libera tra una protezione e l'altra e poi salire rotpunkt la via in un secondo momento, su grandi pareti sia il migliore per me. Con questo, se trovassi una parete dove riuscire ad aprire on sight su alte difficoltò sarebbe bellissimo.


Quindi vuol dire che un alpinista al top, dopo trent'anni, ritiene che lo stile con cui ha aperto Mittersteiner non è quasi mai applicabile a meno di "non azzardare parecchio" e io non credo che Tondini non accetti di azzardare, ne che sia un attrezzatore di vie plaisir.
Perciò questo mi fa pensare che quel tipo di azzardo sia oltre quello che ancora oggi, alpinisti top, con un livello di arrampicata probabilmente più alto di quello che aveva Mittersteiner all'epoca, ritengono che sia "ragionevole".
Ma, ripeto, queste vogliono essere solo delle opinioni, anche se argomentate, di un semplice appassionato a cui piace approfondire un tema che gli sta particolarmente a cuore, come l'alpinismo su roccia: non sono e non vogliono essere sentenze o giudizi definitivi, perché so perfettamente che sarei l'ultimo a poterli dare.
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Re: Ma in quanti scalano veramente sul VII+/VIII obbligatori

Messaggioda Pié » ven gen 15, 2016 10:38 am

gug ha scritto:Chiarisco che anche a me Mittersteiner mi sembra un fuoriclasse, semplicemente sostengo che quello che ha fatto è stato eccezionale, ma che non abbia mostrato una linea di evoluzione seguita da altri e questo non perché quelli che lo hanno seguito fossero tutte pippe, ma probabilmente perché si sono accorti che era una strada non perseguibile.
Questa opinione era prima solo una impressione vaga, ma ha preso maggiore forma dopo la lettura di questo intervento di Piè che racconta una affermazione di Tondini.

....

Quindi vuol dire che un alpinista al top, dopo trent'anni, ritiene che lo stile con cui ha aperto Mittersteiner non è quasi mai applicabile a meno di "non azzardare parecchio" e io non credo che Tondini non accetti di azzardare, ne che sia un attrezzatore di vie plaisir.
Perciò questo mi fa pensare che quel tipo di azzardo sia oltre quello che ancora oggi, alpinisti top, con un livello di arrampicata probabilmente più alto di quello che aveva Mittersteiner all'epoca, ritengono che sia "ragionevole".
Ma, ripeto, queste vogliono essere solo delle opinioni, anche se argomentate, di un semplice appassionato a cui piace approfondire un tema che gli sta particolarmente a cuore, come l'alpinismo su roccia: non sono e non vogliono essere sentenze o giudizi definitivi, perché so perfettamente che sarei l'ultimo a poterli dare.


Sempre della serie "opinioni di un pirla - cit." dico che alla fine questo, inteso l'alpinismo" (e rf mi perdonerà la licenza poetica visto che dovrei chiamarlo multipichismo :mrgreen: ), è un gioco le cui regole ce le creiamo noi e le adattiamo alle nostre capacità. Se mettiamo che lo stile perfetto, perdonatemi sono un romanico, è aprire a vista con protezioni tradizionali posso decidere di tenere fede ad esso arrivando ad aprire così fino dove riesco e fermandomi se non riesco andare oltre (hai presente il racconto del buco dove scende perché non voleva forare?). posso invece se voglio andare oltre crearmi delle regole parallele (cercando di rimanere il più fedele ad esse) accettando di appendermi al cliff per proteggermi salvaguardando la libera tra una protezione e l'altra, posso fare lo stesso usando il trapano rinunciando alle protezioni tradizionali. posso rinunciare alla libera aprendo con artificiale su protezioni tradizionali o posso fare lo stesso con trapano e/o perforatore. è un nostro gioco ed ognuno è libero di fare quello che vuole, basta che sia onesto nel dire cosa e come ha aperto.. e rispettando l'etica del posto dove apre.
Penso che Mitterstainer abbia raccolto e portato avanti il testimone a suo tempo (o dopo) raccolto dai vari manolo, mariacher, pancera, verri, dal pozzo, celva ecc.. mostrando quello che è possibile fare rimanendo fedeli ad un certo stile. evoluzione? solo avanzamento dei limiti? boh non lo so, purtroppo non ho neanche lontanamente le capacità per salire le loro vie e per cercare di capire fin dove sono stati capaci di arrivare. Lo stesso vale per le vie del Tondini, eh sia chiaro, e quindi capire fin dove sia stato capace di portare avanti uno stile e poi oltre quale limite accetti il compromesso.
sto ancora cercando di "capire" le vie aperte decenni prima, figurarsi le vie top dell'ultima generazione (in qualunque stile siano state aperte). :wink:

ps: Vyger.. se ne sai! :D
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Re: Ma in quanti scalano veramente sul VII+/VIII obbligatori

Messaggioda rampiki' » ven gen 15, 2016 15:41 pm

VYGER ha scritto:Ueh, che threaddone...

Le mie umili opinioni in merito.

....

:(


=D>

Quoto tutto, interessante e condivisibile punto di vista che penso anche io e in cui mi ci sono rivisto.
Per andare al limite senza immaginare cosa stai rischiando devi avere la testa assolutamente sgombra e concentrata solo su quello.
Altri cazzi per la testa non sono ammessi.
Il problema (o la salvezza) è che una testa così ce la puoi avere solo ad una certa giovane età e soprattutto da "mantenuto", oppure devi essere un mago nel saper staccare la spina dal mondo che ci sta sotto, casi rarissimi. Vado fuori tema arrampicata estrema e rientro nell'alpinismo: quando Marco Anghileri è andato in inverno e da solo sulla Jori Bardill mi sono chiesto come facesse ad essere così distaccato dal resto del suo mondo. Mi sono visto 20 anni prima quando mi avviai anche io per la solitaria di quella via, ma appunto erano 20 anni prima, senza figli e con in testa il "non può succedermi nulla" tipico di quell'età. E a quell'età se facevi quelle cose ti sentivi ben al di sopra del mondo reale, ai miei compagni di superiori il racconto di bivacchi e scalare slegati mi facevano apparire un extraterrestre...ed ovviamente ne andavo fierissimo. Ma se oggi ci ripenso ho i brividi, faccio fatica a concepire come si potevano fare quelle cose lì.

Ciao
Luca
rampiki'
 
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Re: Ma in quanti scalano veramente sul VII+/VIII obbligatori

Messaggioda gug » ven gen 15, 2016 17:35 pm

rampiki' ha scritto:Ciao
Luca


Ciao Rampik! Visto che sei passato di qui, mi ricordi la battuta che avevi coniato sulla differenza lieve che c'è fra un figo e un pirla, alpinisticamente parlando? L'avevo citata qualche pagina fa, ma non la ricordavo bene... :wink:
"montagne che varcai, dopo varcate, sì grande spazio d'in su voi non pare"

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Re: Ma in quanti scalano veramente sul VII+/VIII obbligatori

Messaggioda PIEDENERO » mar gen 19, 2016 10:12 am

che poi, a dirla tutta, questa attività, nessuno mette in dubbio che sia bellissima, coinvolgente, spesso irrinunciabile ma, detto fra noi, è anche da cogli0ni.

si ma è bellissima
si ma è anche un po' da coglioni.eh!
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Re: Ma in quanti scalano veramente sul VII+/VIII obbligatori

Messaggioda Spartaco » mar gen 19, 2016 11:15 am

la morte.nell inconscio.non esiste.
ascolta.si fa sera.
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Re: Ma in quanti scalano veramente sul VII+/VIII obbligatori

Messaggioda tacchinosfavillantdgloria » mar gen 19, 2016 11:25 am

Spartaco ha scritto:la morte.nell inconscio.non esiste.


Non è che ho paura di morire. È che non vorrei essere lì quando succede. (Woody Allen)

Assenteisti saluti
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Re: Ma in quanti scalano veramente sul VII+/VIII obbligatori

Messaggioda VECCHIO » mer gen 20, 2016 15:52 pm

Roba che ha quasi 37 anni e scritta da uno tutt'altro che brocco =D> =D> =D>
Giovani pensate che a quei tempi si era già oltre oggi. #-o #-o #-o
L'avevo già messo, ma non so dove.
Penso non sia completo, magari se si chiede a Gogna lo mette da lui.
L'avevo fotografato al Tissi.
L'ultima parte penso si possa considerare ... stimolante :roll:

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....ALPINISTA......NO GUIDA....... questa mi scombussola
Scalare con gli esperti del cai... son sempre dei grossi guai...... questa mi piace
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