Ecco... sono queste le discussioni importanti in un forum di montagna
Allora... esprimo la mia umile e personalissima opinione e la baso, come spesso, quasi sempre, faccio, su un forte vissuto personale, partendo da molto lontano. Portate pazienza... sto diventando anziano pure io.
Anno 1978. Nasce il sottoscritto. Abbandonato alla nascita in quel di Cuzco. Trovato il 16 giugno e per questo la nascita venne stimata il 19 giugno. E già questo fa ridere. Né le autorità peruviane, né quelle italiane hanno mai messo in dubbio il verbale del ritrovamento, quindi sono ufficialmente uno che arriva dal futuro. Inizia la ricerca di una famiglia per l'adozione. Da un lato. Dall'altro c'erano già orde di coppie in cerca di un figlio da adottare. Perché, prima notizia per il popolo, sono molte di più le coppie che cercano di adottare, dei bambini "adottabili". Sapetelo. Sul concetto di "adottabile" ci sarebbe da disquisire a lungo, ma non è questa la sede. Restiamo sul tema "montagna"
In quegli anni non esisteva una legge che regolasse l'adozione internazionale, quindi con un eroico fai-da-te, arrivò da Torino mia madre ed iniziò la mia nuova vita nella mia nuova famiglia. Non che ci fosse mai stata una "vecchia" famiglia, ma, tecnicamente, è così. Sono cresciuto secondo la cultura cattolica-cristiana, vieppiù "etero" e "bigotta" di allora, quella che non era la legge scritta, ma era di fatto la legge, la regola, la, termine orrendo, normalità; perché ho memoria vivida di come venivano visti anche solo i bambini che non facessero l'ora di religione. A distanza di così tanti anni, posso dire e concludere di essere cresciuto in una società piena di pregiudizi, e, attenzione, il pregiudizio è la forma di violenza più nascosta, più vigliacca, più pericolosa, perché è sempre ricoperta da uno spesso strato di consuetudine, di normalità, di, addirittura, cultura. Ecco, è la cultura del pregiudizio che è spesso l'anticamera delle più gravi ingiustizie.
Mia madre, illuminata, ha cercato apposta una classe di disprà per me. Orfani, altri adottati, disabili fisici, disabili mentali, e anche questo fa un po' ridere. La strategia è stata quella del "mal comune mezzo gaudio". Nella paura che potessi cadere vittima della cultura del pregiudizio, nel mucchio... proprio con me avrebbero dovuta prendersela? E infatti, non se la sono mai presa con nessuno di noi can sensa bale... anzi... L'esperienza di quei 5 anni di elementari in questa classe avveniristica è ad oggi la memoria più lieta della mia vita. Un esperimento di integrazione, guidata, riuscito alla perfezione, integrazione vissuta sotto ogni profilo, umano, sociale. Vero. Paradossalmente, c'era la paura di subìre l'effetto inverso, ovvero di essere giudicati nel mal giudicare. La cultura del giudizio.
Inutile a dirsi... da adulti... siamo diventati tutti dei disadattati in qualche misura
Io per esempio sono finito in montagna, il regno dell'evasione dell'essere frustrato
E ci ho pure lasciato le penne. Ma sono tornato...
Vi ho detto della cultura del pregiudizio, di quella del giudizio. Ve ne dico un'altra, molto importante e molto inerente. Che cosa ho cercato da bambino adottato? Ovviamente l'integrazione, ovviamente l'accettazione, ma anche altro. Una rete di affetti sinceri che potesse rappresentare la mia comfort zone. Una mamma, certo, un papà, ovvio. Ma se avessi avuto due mamme o due papà? Sarebbe stato per me un arrotondamento sui punti sui quali i miei pari avrebbero potuto percularmi con veemenza, ma non è il genere dei miei genitori che ho cercato. Mai. Non lo è mai stato. Per me, le due persone che da bambino mi hanno accettato come parte di loro, sono sempre stati degli ideali puri di amore genitoriale. Quello che vedo sempre meno oggi in giro. I figli sono un "proggetto", come un 8a da lavorare, un obiettivo, un trofeo o una condanna. Per noi è stato sempre e solo un vissuto, una esperienza, una condivisione, la nostra vita. E poi... c'era pure quel rompicoglioni di mio fratello
Ma questa è un'altra storia.
La natura, è innegabile, non permette a due persone dello stesso sesso di avere figli. Ma pensare che questo sia sufficiente per decretare la fallibilità genitoriale delle coppie omosessuali di amare, crescere ed educare un bambino come un figlio, è un fortissimo pregiudizio che giustifica ogni pregiudizio sulle coppie omosessuali, ed ogni pregiudizio in generale. Io di questo ho paura. Di un rafforzamento di quella cultura nella quale sono cresciuto e con la quale ho avuto a che fare sempre, che mina i capisaldi di una società serena. Specialmente in questo paese. Ah... perché, per chi non se lo ricordasse... io ho anche vissuto 10 anni nella Perfida. Dove sono indietro su tutto, persino sull'inglese
, ma sui principi di integrazione sono, obtorto collo, costretti da sempre a lavorarci, e qualche risultato lo hanno ottenuto. Soprattutto sulle tematiche lgbtq+.
Quindi, per concludere, non sarebbe neanche tanto importante di per sé la discussione lgbtq+ nella società di oggi, sicuramente nell'ambito dell'arrampicata sportiva (in teoria il soggetto di questa discussione), se non fosse che i sospetti sono fortissimi che si tratti di una delle tante punte di un iceberg immenso fatto di intolleranza e ignoranza. Quell'iceberg che ho miracolosamente evitato tutta la vita, perché ho sempre incontrato punte fragili, vivaddio.
Ve ne racconto un'ultima, ma ne avrei tante sul tema, "non sono razzista, però..." che va a braccetto con, "non sono omofobo, però..." l'ignoranza, tutta, si annida sempre nello stesso bozzolo. Ero un ragazzino ed ero in visita dai parenti del sud, in Abruzzo. Mio padre mi lasciò qualche lira per tagliarmi i capelli ed io mi sono insinuato dal barbiere indicatomi dove mi hanno guardato come un vuccumprà qualunque. L'età e l'aspetto ordinato non hanno dato adito a reazioni scomposte, a parte la domanda, "ma ce li hai i soldi?". Ho sfoggiato 50 mila lire e, "certo, me li ha lasciati mio papà, se avete il resto...". Mi sono seduto e durante la tosatura ho assistito alla migliore esibizione di ignoranza e pregiudizio ad oggi, nascosta dalla normalità e buonismo di cui sopra, soprattutto se consideriamo che è stata enunciata ad un ragazzino, "parli bene l'italiano", "io non sono razzista", "sono i neri che non mi piacciono" (non che io sia ariano...), etc. fino a quando è arrivato mio padre al quale è stato detto, "finiamo con il marocchino e veniamo subìto da lei". Si è aperto un teatrino in perfetto dialetto abruzzese che avrebbe effettivamente meritato un palco tutto per sé. Queste cose fanno ridere, vero, ma quanto disagio ci doveva essere nella testa dello chauffeur? Quanta superficialità? Quanta ignoranza? Addebitata a chi? Ai marocchini? Ci è andato vicino, dai...
Quindi, leggere certi commenti, certe considerazioni, oggi, qui, in un forum di montagna, su un tema come quello lgbtq+, che allude al più generale tema di tolleranza ed integrazione, mi fa lo stesso effetto. Mi fanno ridere. E mi fanno anche un po' preoccupare. Non altro. Sono ormai diventato uno shredder di emotività negativa. Spero sempre di trovarmi di fronte a qualcosa per cui ridere è effettivamente la scelta migliore, di trovarmi di fronte ad un grande chauffeur abruzzese, al quale dire "cattiv’ òme e cattive tèmbe, pòche dure", e buttarla a centerba e arrosticini. Ma non mi illudo che sia sempre così e di sicuro non abbasserò mai la guardia, come ho sempre fatto.
Altrimenti sì che me la sarei presa in "Q"... pur non essendo gay
Perché ci tenevo a dirlo... io sono normale
'nuf said