Comunque, caro mio, la tua disavventura, anche se diobbono la storia dei moschettoni a ghiera è ancora più da boccaloni che quella dell'"uomo frugivoro", mi ha provocato un fenomeno di escrezione e questo è quanto ho prodotto:
"La carne dell'orso
Mi sono imbattuto in questo modo di dire ne "Il sistema periodico" di Primo Levi, che per inciso resta uno dei libri più belli che abbia mai letto. Nel libro l'autore racconta episodi salienti della sua vita: molti di queste sono drammatici, guerra e lager nazisti, ma nel capitolo "Ferro" si tratta semplicemente di un' avventura di montagna vissuta con Sandro Delmastro (
http://www.anpi.it/donne-e-uomini/sandro-delmastro/). Delmastro è il prototipo dell'eroe "giovane e bello", un filino scapestrato, quello che ti coinvolge, quasi tuo malgrado, nella mattana, quello dall'entusiasmo irresistibile e morirà partigiano poco dopo, aggiungendo un altro tassello alla sua perfezione eroica. Gli eroi, come quelli omerici, Che Guevara o Zapparoli (
http://it.wikipedia.org/wiki/Ettore_Zapparoli) paiono condannati a dover morire, mantenere inalterata la loro figura perfetta.
La zona in cui si svolge l'avventura di Primo e Sandro mi è cara per vari motivi. In quel gruppo del Gran Paradiso, dai toponimi così evocativi come Tribolazione, Pazienza e appunto Paradiso, anche geograficamente e alpinisticamente caratterizzato da un understatement così piemontese, ho mosso i miei primi passi come alpinista. Durante l'adolescenza quel libretto telato e begiolino della guida dello Chabod era la mia bibbia. Quante salite ho fantasticato e quante meno ne ho realizzate in quello scontroso vallone in cui si svolge la storia della carne dell'orso!
Ma ho già divagato abbastanza.
La "carne dell'orso" è il disagio di una notte imprevista passata all'addiaccio. Credo che a molti alpinisti, soprattutto nei loro anni giovanili, entusiasti, inesperti ed un po' pasticcioni, in particolare nel primo autunno quando l'accorciarsi delle giornate ci sorprende, sia capitata questa avventura.
Posso assicurare che non si tratta di nulla di particolarmente divertente. Una notte che non finisce mai, passata a battere i denti e ad agitarsi, maledicendo la cazzata che si è fatta, fino al momento in cui le prime luci consentono di muoversi per cavarsi dagli impicci e scaldarsi un pochettino. Fino a quando il sole finalmente ci lambisce e lo si accoglie come selvaggi. Per tacere poi del predicozzo che in molte occasioni ci siamo beccati al nostro ritorno. Più che giustificato e a volte persino risparmiato da chi di dovere, nella consapevolezza che la tirata d'orecchi ce l'avevano già data i fatti.
Ma la vita è fatta di rielaborazione dei lutti, questo si sa, e nei ricordi le scorie della sofferenza, del disagio e della consapevolezza della propria balordaggine, vengono dilavate dal tempo e resta intatto il sapore dell'avventura, della libertà, della giovinezza... fino a giungere come Primo alla conclusione che sarebbe stato bello che ce ne fosse stata di più di quella carne così dura da masticare. Rimando alle sue pagine, come sempre magistrali e magistralmente romantiche, quasi epiche. Ed il pensiero corre al racconto della sua sorella in persecuzione Eliana Segre, bambina mano nella mano con suo papà, in fuga dalle leggi razziali, in una notte ventosa sulle montagne del Ticino. Una fuga finita male ma nel ricordo bellissima, romantica, una grande avventura. Sia Primo che Eliana erano ignari dell'orrore che li attendeva, erano giovani e inconsapevoli persino del motivo che li avrebbe gettati nelle fauci di quell'orrore. Erano ancora, come dire, integri, emotivamente vergini, e vivono la loro avventura come una sbornia di libertà. Dubito che, dopo aver vissuto quello che poi gli è toccato, un'esperienza alla fine così lieve avrebbe lasciato un'impronta così intensa.
Ma ho divagato ancora.
Da qualche giorno su un forum di montagna ho letto l'avventura di un bivacco all'addiaccio, disagevole ma innocuo, di un ragazzo che, se non giovanissimo, mi figuro abbastanza inesperto. E quasi contemporaneamente ho reincontrato, cosa che oramai avviene un po' occasionalmente, il commensale della prima volta che in vita mia ho assaggiato quella pietanza. Ci siamo ripromessi di tornare insieme a fare quella scalata in cui siamo incappati nell'inghippo. E scherzando ci siamo ripromessi di dormire ancora, come quella volta, a cavalcioni di un albero a metà di una ripida scarpata rocciosa, in maniche di camicia in novembre. Questa seconda parte del programma, ovviamente, rimarrà solo una chiacchiera, e magari anche la prima. Però non è detto, visto che a volte certi viaggi nel ricordo, come tornare a fare una via trentacinque anni dopo insieme con la figlia del compagno di allora, risultano divertenti. Passa il tempo ed è normale dare ogni tanto un'occhiata allo specchietto retrovisore, non necessariamente con nostalgia ma semplicemente con un po' di affetto per quello che siamo stati ed un po' siamo ancora: giovani, spensierati, in corsa nella notte di una montagna piena di vento.
E voi l'avete mai mangiata la carne dell'orso?"
Ieri è storia, domani è un mistero, ma oggi è un dono e per questo si chiama presente.