da berni » mer nov 29, 2006 17:58 pm
Vedi Alter qualcuno potrebbe sempre dire: ?certo, facile parlare per te, per te che sali l'8a, per te che apri sul 7a obbl. e forse oltre??, si perché alla fine tutto si definisce con il grado senza comprendere che è il limite ciò che importa, il nostro limite, forse quando molti di noi capiranno che si è ?forti? quando si scala al limite indipendentemente da quale esso sia allora si sarà rivoluzione?
Vedo invece in te una persona con un grande senso dell?umiltà, che sa ancora mettersi gioco nonostante tutto il vissuto e nonostante apra copiosamente a spit, ma non solo?.
Ma quanti, oggi nell?era del tutto e subito, sanno pensare in questo modo? No, credo che la rivoluzione debba partire da qui, da chi ha le idee?senza età.
Ora copio ed incollo una cosa che scrissi qualche hanno fa (1998) e che inviai alla Rivista della Montagna?che mai pubblicò?spero tu non te ne abbia a male, ma di ciò ne discutemmo anche sulla Mailing-list di Pietresupietre.
Oggi ti ho conosciuto meglio, e forse capisco di più...soprattutto l'ingenuità, mia!
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1986: "Valle dell'Orco una storia che continua."
1998: "Valle dell'Orco una storia in declino."
Nella notte dei tempi furono corde di canapa, spuntoni, sicure a spalla. Arrivarono poi i primi e rozzi chiodi, e tutto iniziò. Fu subito guerra, ideologica ovviamente, in seguito arrivarono chiodi di varia foggia e diversi materiali e poi i "pressione", i killer dell'impossibile (ma furono mai presi i mandanti?! ) e giù altre botte. Poi, a cavallo tra gli anni '70 e '80 arrivarono nuovi termini e nuovi abbigliamenti, nonché nuovi mezzi d'assicurazione veloce, ma, in contrapposizione, ecco far capolino gli spits e fu scissione di forma e costume.
S?iniziò a parlare di "LIBERA" e qualcuno si domandò - libera da cosa? -
Insomma nell'alpinismo/arrampicata ogni evento tecnologico ha sempre scatenato discussioni, interrogativi e polemiche: l'alpinismo è morto, l'avventura è finita, ecc.
Io ho iniziato ad arrampicare nei primi anni '80, avevo vent'anni, e devo dire che provo nostalgia per quegli anni; anni in cui il limite delle proprie capacità era dentro se stessi.
Si parlava per la prima volta apertamente di separazione, di differenze, d?arrampicata sportiva e d?alpinismo come forme a se, ognuno aveva la sua scelta, c'era questa possibilità.
Ricordo, ad esempio, che mi ci voleva mezza giornata a salire la Motti-Grassi in Sbarua uscendone fuori, a sera, bello pesto, ma felice, eppure arrampicavamo intorno al 6b, ma bisognava proteggersi, bisognava saperlo fare.
Esistevano ancora i miti e le vie mito, era bello sognare di riuscire a salire quella tal via, dove non era necessario il solo sforzo muscolare o una buona tecnica, ma anche la conoscenza e la coscienza dei propri limiti; la selezione era quindi naturale, esisteva ancora. Poi qualcuno, il C.A.I.-U.G.E.T. se non erro, decise che li, alla Sbarua, non si doveva più sognare, che era pericoloso, e fece spittare sia la Motti-Grassi che la Barbi, altra classica dell'epoca. Un?epoca, come quel gesto mi fece capire, destinata al declino. Una pietra era stata scagliata.
Non si tenne conto che le vie pericolose erano altre, quelle più facili, e difatti il morto ci scappò sul Rivero, solo ultimamente riattrezzato in un'ottica di sicurezza. Ci fu da parte loro una grossa chiusura, ed una certa pigrizia mentale, lo spazio era tanto, la voglia di ricerca poca; è più facile far riattrezzare una via già esistente che cercarsi il proprio spazio e, forse, una notorietà un po' inflazionata. Lo dimostra quanto è stato fatto di nuovo in Sbarua negli ultimi tre anni, anche se con un po' d?esagerazione.
Vennero poi altri, in altri luoghi e di nuovo decisero per me, e per chi come me, ogni tanto amava poter realizzare un sogno, o perlomeno provarci. Furono molti i miti a cadere, i sogni che si frantumarono e fu molto il rispetto che venne a mancare.
Tengo a precisare che non ero, e non sono, contro lo spit, per me era, ed è, solo un evento tecnologico, e non disdegnavo, come non disdegno oggi, le vie spittate. Avrei voluto e vorrei, tuttora, solo poter continuare a scegliere.
Oggi ho 34 anni, e continuo ad arrampicare sulle stesse difficoltà, su quelle non sono cresciuto, non amo allenarmi "a secco" così come non amo le strutture artificiali, questione di scelte semplicemente, amo ancora sognare però. Intendo dire con questo che ci sono vie che sogno, un giorno, di poter salire, per quello che rappresentano o che hanno rappresentato, o per la loro estetica, e non sono solo le grandi vie di montagna.
Sono le vie che hanno mitizzato gli anni '80, come quelle della Valle dell'Orco (ma non solo) per intenderci. Ho provato alcune volte, ad esempio, a ripetere in libera L'orecchio del pachiderma al Caporal, un paio di volte mi sono arenato a metà, un?altra ancora sono caduto con la testa nella Via dei camini, eppure la danno "solo" 6a+ (valutazione questa un po' sottogradata se messa a confronto con altri tiri, sempre in fessura, presenti nei dintorni, vedi Impressioni di settembre), un giorno, quando sarò pronto la salirò, forse! Se domani la spittassero riuscirei di sicuro, ma non avrei ripetuto le gesta di Gabriele Beuchod, né L'orecchio.... Ecco la spinta, la motivazione, che manca oggi, la differenza tra l'incognita e la sicurezza di riuscire. In fondo non c'è nessuno ad ordinarci di salire un tal Via piuttosto di un'altra, magari alla nostra portata. Oggi, quindi, ormai più o meno accettata la protezione fissa, la questione non è più: "spit si o spit no" ma "spit dove ?".
Chi, ad esempio, domani andrà a ripetere Itaca nel sole, sempre al Caporal, non ripeterà più la Via aperta da Motti bensì una Via riattrezzata da Maurizio Oviglia e Valerio Bertoglio.
Ho appreso di quest?operazione, e di altre sempre al Caporal, da un articolo apparso sulla Rivista della Montagna di Novembre '98, devo ammettere di aver dovuto rileggere l'articolo un paio di volte per rendermi conto.
Mi è capitato più volte di ripetere Itaca, sia collegandola a Tempi moderni sia per la sua originale prosecuzione sullo Specchio (A2), e mai e poi mai ho incontrato difficoltà nel proteggermi o nel sostituire chiodi che non mi davano affidamento, e tanto per non creare dubbi ribadisco che sono assolutamente un arrampicatore qualsiasi.
Si legge nell' articolo: "...e aggiunto spit la dove campeggiavano grappoli di chiodi e fettucce poco sicuri. La via risulta così più ripulita di prima e occorrono sempre i friends..." Ripulita?! Questa è follia e non è vero che occorrono sempre i friends, così com'è ora chi arrampica tranquillamente sul 5+/6a può scalarla senza materiale aggiuntivo. Posso sostenerlo in quanto sono tornato a ripeterla; ero veramente curioso.
Tre fix nel primo tiro, più uno già in posto. Tre, più uno già in posto (gli spits già in posto sono di una via moderna dei Remy), nel secondo tiro. Altrettanti nella terza lunghezza sin dove muore la fessura, poi sorpresone, sulla placca dei pressione (degli anni '70), sempre nella terza lunghezza, questi venivano sostituiti uno si e uno no; l'unica fase eticamente corretta dell'operazione è stata fatta a metà.
Alla gran cengia nel diedro, alto circa quattro metri, che da accesso alla Via dei Tempi moderni troneggiava nel bel mezzo un fix, difficoltà: V grado; mi sono arreso, sono sceso. Non so quindi se sia stata riattrezzata anche Tempi moderni, classica continuazione d?Itaca, dall'articolo non è specificato, se così fosse sarebbe, e senza essere tanto melodrammatico, veramente tragico. Nel ripetere la prima parte d?Itaca, in arrampicata libera, non ho utilizzato i fix di Oviglia, ma mi sono protetto con nuts e friends, devo dire sentendomi un poco ridicolo, loro, i fix, erano lì e mi guardavano sussurrandomi - tanto, se poi sei nella cacca noi siamo qui vero?-.
Sempre nell'articolo si legge pure: - ...Tuttavia, al di sopra della cengia mediana, Itaca è stata lasciata agli amanti dell'artificiale (A2)...-. Bhe noi amanti dell' artificiale ringraziamo di tanta magnanimità.
Non era mia intenzione polemizzare oltremodo e non ci sono riuscito probabilmente, ma la rabbia è veramente molta. Rabbia ed impotenza contro coloro che si arrogano una libertà che, di fatto, non è di nessuno. Quello che è successo in Valle dell'Orco non è solo grave per il fatto in se, è grave in quanto può spingere altri a seguirne l'esempio; a quando la spittatura della Fessura delle disperazione o della Cannabis o di tante altre ancora? La Valle dell'Orco ha resistito circa vent'anni alla richiodatura a spits di itinerari classici, fatta eccezione per qualche tentativo come quello di Pedrini nell' 84, tentativo che scatenò le giuste ire del compianto Gabriele Beuchod & c., come egli stesso e Grassi scrissero sulla R.d.M. N° 65 del Maggio '84, pag. 371. Tanto che qualcuno tolse, giustamente, gli spits sull'Orecchio.
Non si sentono Oviglia & Bertoglio un poco responsabili?
Forse Oviglia scrisse in una lettera alla R.d.M. n° 208
- ...Dal punto di vista etico, è vero, lo spit non è sempre accettabile. Se lo si usa (e oggi questa è la tendenza) su itinerari che anche una volta potevano essere saliti senza (e in libera), allora si può parlare certamente di involuzione...-, oppure su Scandere 1986: "Valle dell'Orco una storia che continua"
E non mi si vengano a fare discorsi sui tempi che cambiano, diciamo che sono gli arrampicatori a cambiare, in peggio, e che altri si sentano maturi per fare il lavoro sporco!
Cosa direbbe Oviglia se, considerandoli superflui, eliminassi i fix nel quarto tiro della sua, comunque bellissima, via Alison alla Punta Marco o sui primi tre tiri di Impressioni di settembre?
Chissà?! ----
...NUOVI SORRISI, HANNO L'ANIMA BIONDA COME I CAPELLI DI CHI LI INDOSSA...