[cross posting da VerticalMente]Estremo rilievo settentrionale del gruppo del Duranno - Cima dei Preti, prelude al gruppo dei Monfalconi che di là di Forcella Spe principia intanto colle svettanti Cime Cadin. L'accesso, garantito da una discreta traccia che si diparte dall'omonima forcella, non risulta banale ma rientra nelle possibilità dell'escursionista, che solitamente vi si approccia dalla Val Cimoliana per la Val di Santa Maria o la Val dei Frassin. Il percorso della via normale, ben segnato da numerosi ometti, presenta modeste difficoltà, riconducibili in pochi brevi tratti al I grado; impegna maggiormente il terreno, che alterna ad alcune roccette neanche tanto friabili le onnipresenti ghiaie cementate, cruccio di tanti percorsi impegnativi della zona.
- - -
Al Falco propongo - neanche a dirlo - un accesso alternativo; lui, che non ha ormai più forza di opporsi alle mie esuberanze pseudo-giovanili, non ribatte neanche quando avanzo la possibilità di un fantasioso concatenamento con la Cresta di Santa Maria ed il Cadin degli Elmi. Per contro si vendica avanzando per buona parte del viaggio i più improbabili dubbi sul tempo previsto, tanto da indurmi insani pensieri di ammutinamento. Ci riconciliamo di fronte al solito cappuccino e brioche al Quattro Valli, prima tappa obbligata delle nostre escursioni lungo la via del Piave. Più avanti abbandoniamo l'auto al di là del lago di Centro Cadore, mentre ancora un velo di nubi rende incerta la giornata, e ci incamminiamo non senza dar luogo ad un grazioso siparietto dovuto alla senescenza galoppante (anche del sottoscritto, sia chiaro).
All'altezza della diga imbocchiamo una stradina asfaltata: entrambi già la percorremmo tempo innanzi per arrampicarci fin sul Picco di Roda. Dopo un breve tratto recenti segnalazioni ci conducono per un più breve percorso verso sinistra, per un tratturo che muore a ridosso di ristrutturati tabià, in amena radura.
Ci alziamo ora per sentiero, sempre più ripidamente, fino a riprendere la strada innanzi abbandonata dove questa s'interna tagliando il ripido costone nella cupa Val Anfela. Di là della valle precipiti pareti incombono.
Sulla destra lasciamo partire il sentiero per il Picco di Roda.
In falsopiano ci inoltriamo per la comoda strada sterrata, superiamo un ponte (al di là una ripida traccia segnata risalirebbe verso la Casera Tamari), e proseguiamo con modestissima pendenza per la valle ancora buia. Dietro di noi, però, le Marmarole assolate già promettono una grandiosa giornata.
La strada termina senza preavviso contro un'ennesima presa dell'acquedotto, sul torrente, lasciandoci il breve imbarazzo di districarci sui viscidi massi del torrente per riprendere al di là una labile traccia, peraltro sempre ottimamente segnalata da radi e ben piazzati segnavia.
Dopo un tratto anche ripido nella vegetazione al di qua del torrente ci riportiamo sul greto, risalendo un paio di volte sulla sponda destra e distaccandoci in via definitiva dall'alveo ghiaioso in un punto purtroppo non evidenziato, dato che il torrente evidentemente ad ogni pioggia si mangia un pezzettino di sponda. Dopo poco giungiamo in una radura nel bosco: le piante di rabarbaro sono segno di un vecchio pascolo, e infatti nelle vicinanze dovrebbero essere ancora visibili i ruderi di una casera (bivio per un sentiero che risale ripido al Passo di roda). Guadagnata un po' di quota traversiamo una serie di torrentelli che scendono dalla costa del Monte Pera.
Il sentiero ora ci riserva il tratto più impervio, dovendo risalire nella lussureggiante vegetazione la testata ripida della valle.
Ne usciamo, in alto, su prati sempre più ampi circondati da boschetti di larici. Una breve deviazione ci permette di visitare la casera del Pian dei Lares, chiusa e ben ristrutturata probabilmente ad uso venatorio.
Approdiamo definitivamente sulle praterie superiori.
In breve siamo al bivio decisamente ben segnalato dove già giungemmo entrambi - ancorché in tempi diversi - traversando dalla fantastica casera Cavalèt.
Con breve traverso siamo a ridosso della vicina forcella dei Lares: controluce occhieggià la lontana Cima dei Preti, mentre davanti a noi sta il turrito Crìdola. Ma è la conca delle cime Cadin che rivela - prossimo - lo spettacolo più superbo.
Non faccio mancare all'incolpevole Falco - il quale mai smetterà d'essermene grato - una breve e simpatica divagazione su per la cresta e giù per un ameno canalino franoso: eccolo qui, sorridente, mentre divalla con mal celata allegria verso la traccia di sentiero che ho individuato da qualche parte più avanti.
La risalita verso Forcella Spe avviene per quelle ghiaie cementate che caratterizzano la zona; ma il percorso è breve e tosto siamo ai cartelli segnalatori, colla nostra cima che ammicca non lontana.
La salita si svolge sempre per chiaro percorso per la cresta o nei pressi, lungo tracce a volte appena accennate - a causa del terreno duro - ma ribadite sovente da buoni ometti. Flavio decide di indossare addirittura i ramponcini, io proseguo accelerando sentendo la meta vicina. Un paio di simpatici passaggi per brevi cengette, un poco esposte, ci richiamano alla prudenza.
La vista si apre spettacolare verso la Val Cimoliana e verso la Cima Cadin degli Elmi, al di là della forcella che abbiamo appena abbandonato.
Sotto una paretina rocciosa non si può più seguire il filo di cresta: esplorata brevemente la facile cengia di destra, segnata da ometti, lascio ivi procedere il Falco mentre io vado in esplorazione per l'opposta traccia, pure segnalata. Questa mi impegna con un breve tratto più difficile (passaggio di I+) e in genere con un terreno più scosceso; alla medesima forcelletta di cresta si arriva per l'altro percorso con molta più naturalezza, senza difficoltà, per cengia prima e quindi per facile canale franoso. Su quindi per l'ultimo pendio, verso il sole e verso la vetta!
Dalla cima inutile parlare del panorama, che s'apre a giro d'orizzonte; notevole comunque il colpo d'occhio sul dispiegarsi di Antelao e Marmarole.
In fondo individuo pure il gruppo della Croda da Lago e del Cernera.
Rientriamo entrambi per l'itinerario della cengia.
Il Falco si impegna a ritroso sui graziosi passaggi dell'andata.
Nuovamente a Forcella Spe divalliamo; mangiando un boccone ammiriamo l'incombente Cima Cadin degli Elmi, spalleggiata dalla meno appariscente Cresta di Santa Maria.
A lungo ora il sentiero ci conduce per la Costa Vedorcia, segnato dal passaggio delle vacche e via via sempre più marcato e largo.
Dietro di noi la vista si allarga sul trittico delle cime Cadin.
Dopo lungo percorso arriviamo nei pressi del Rifugio Tita Barba, dove incontriamo i gestori (di quarta generazione, ormai, come ci ragguagliano loro stessi), che stanno preparando il ricovero al riposo autunnale.
Siamo già distanti dalla nostra cima.
Sotto di noi la Casera Vedorcia sorge in mezzo ad uno splendido alpeggio.
Diamo un ultimo sguardo verso il circo degli Spalti di Toro.
Un lungo rientro ci attende. Smetto senz'altro di far foto, e dopo un po' pure di fare qualsiasi altra cosa salvo contare i (troppi) metri che ancora ci separano dal lago e dall'auto. Questa volta potè più lo sviluppo che il dislivello. Rientriamo con i piedi in ebollizione e le articolazioni scricchiolanti. Mi sento un quarantenne, ma in discesa. L'amicizia si rinnova con un buon gelato a Tai, prima del doveroso rientro.