Domenica 27 ottobre, un autunno mite, dall'alito tiepido e un po' vischioso, inconsueto per questi paraggi. Qui nella bassa val Pramper in questa stagione il mattino di solito è freddo, perché il sole si leva tardi.
Lascio la macchina al Pian de la Fopa dove c'è il divieto di proseguire in auto, e mi avvio a lunghi passi su per la stradina di fondo valle che con pochi tornanti raggiunge il bel Pian dei Palui, una delle più amene radure alpine che io conosca, sgargiante soprattutto in questa stagione coi suoi verdi cupi e i suoi gialli accesi. Con me il Kala, ormai mio quasi badante alpino. Ieri in tarda serata abbiamo affrontato un difficile ballottaggio di mete, e al termine dello slalom tra ciò che ho già fatto io e ciò che ha già fatto lui, abbiamo alla fine trovato convergenza su questa cima di 2.400 metri, la più alta di questo settore dello Zoldano.
Qui al Pian dei Palui mi si sovrappongono ricordi ormai quarantennali, a cominciare dal lontano '73 quando ci passai nel corso della AV1. E' un luogo magico, rimasto miracolosamente intatto da allora, fortunosamente immune da speculazioni, dove pare che il tempo si sia fermato.
La mattinata si presenta serena, ma diafane e basse foschie di levano qua e là preannunciando già le nuvole che troveremo più oltre.
Castello di Moschesin e forcella Larga sulla destra
Il Pelmo si leva sulle nebbie
Lambita la Malga Pramper, adibita d'estate ad accogliente agritur ma chiusa in questa stagione, saliamo rapidi fino al rif. Sommariva al Pramperet, anch'esso chiuso. Da qui per discesa e poi risalita giungiamo, ormai immersi nella nebbia, alla f.lla Piccola, dalla quale ci affacciamo sulla bella conca di Cornia, purtroppo invasa dalla foschia. Il cielo però è chiaro e pare che salendo ancora ritroveremo il sole. O almeno così speriamo.
Appena oltre la forcella ecco una marcata traccia sulla sinistra insinuarsi tra i mughi in leggera discesa. Incamminati lungo questa ci graffiamo le braccia aprendoci il passo nella tenace vegetazione, ben consueta in questi luoghi, e traversando poi la conca in saliscendi lungo una provvidenziale teoria di ometti, puntiamo alla f.lla del Palon dalla quale per cresta nordest saliremo poi alla nostra cima.
Intanto le nebbie hanno lasciato il posto al sole e la conca si apre ai nostri occhi svelandosi finalmente nel suo sgargiante mantello autunnale.
L'alto circo di Cornia; in fondo la f.lla del Palon
La mia prostata intanto mi costringe a frequenti sessioni di marcatura del territorio, come fossi un vecchio lupo. Bene, penso, vorrà dire che al ritorno in caso di nebbia ritroverò la traccia a fiuto.
La salita alla forcella si presenta abbastanza agevole, il terreno è solido e si procede per ghiaie e verdi alternati. Una piccola grotta ci si propone come ricovero di fortuna in caso di maltempo.
Alla forcella del Palon lo sguardo si apre sull'altro versante, fino a scendere al basso pian dei Palui e a risalire alla catena Moschesin-Gardesana di fronte a noi, e di profilo agli Spiz su una verde spalla dei quali rosseggia lontano il biv. Carnielli. Andiamo con la fantasia a quei famosi viaz che corrono lungo le loro vertiginose cenge, che tanto intrigano il Kala quanto repellono al sottoscritto, o almeno non mi invogliano precisamente qui e oggi. Oggi me la voglio soltanto godere senza preoccupazioni, voglio chiudere qui e in questo modo una stagione escursionistica svoltasi in tono un po' minore, non troppo prodiga di emozioni, povera di ambiti trofei.
La cresta del Pramper è bella larga, e sale con pendenza moderata. Ci districhiamo tra massi e gradoni salendo in modo costante.
Vista dalla cresta verso gli Spiz
Vista dalla cresta verso le nebbie sulla conca di Cornia
Ogni tanto un muretto di un paio di metri ci sbarra la strada costringendoci ad arrampicare, ma non ci sono mai problemi, tanto che nonostante questi risalti non ripongo mai i bastoncini, fino alla cima.
Arriviamo in vetta verso mezzogiorno, ci abbiamo messo 4 ore, soste, foto, spuntini e minzioni comprese.
In vetta
Tira vento e le nuvole stanno salendo a lambire i versanti, sopravanzandoci verso il cielo al momento azzurro ma, s'intuisce, ancora per poco.
Decidiamo di consumare il nostro pranzo un po' sotto la cima, al riparo dal vento. Ma dopo una sosta di solo mezz'ora decidiamo di scendere perché intanto il sole si è oscurato.
Nello scendere incrociamo due persone che salgono la cresta. Due tizi un po' burberi, rispondono a malapena al nostro saluto, quasi sorpresi come fosse un'usanza ad essi sconosciuta.
Torniamo giù ripercorrendo a ritroso lo stesso cammino dell'andata. Sotto un cielo un po' ingrigito giungiamo alla malga Pramper dove una birra del Kala ci dà occasione di brindare al mio imminente compleanno.
Già, 62. Ma come si deve sentire uno a 62 anni? necessariamente vecchio, ansante dopo una rampa di scale, pieno di acciacchi, curvo e stanco? no perché io non mi sento affatto così, mi sento anzi leggero e in forma, e mi meraviglio dunque che le fanciulle che incrocio non mi saltino più addosso (se mai l'abbiano fatto in passato). Forse mi sono ormai scollato dalla realtà e viaggio per le aeree rotte dell'immaginario, e magari la vecchiaia è una cosa proprio come questa, forse è fatta proprio così...
Dalla malga imbocchiamo quindi sentieri alternativi alla strada, ma solo perché ne abbiamo voglia perché altrimenti la strada costituirebbe il percorso più agevole. Così saliscendendo per bosco arriviamo infine alla macchina e partiamo in direzione di Agordo dove ci attende un amico.
Stringendo una curva sulla stretta strada del Duran faccio fuori lo specchietto destro contro un palo, uno di quelli piantati di lato in attesa della neve. Maledetta nevaccia della malora! anche quando non c'è mi mette nei guai!
Adesso mi serve urgentemente una strategia, devo pensare a come dirlo a mia moglie.
Chuck Norris ha contato fino a infinito. Due volte.