[Report] Trekking in Dolomiti d'oltre Piave

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[Report] Trekking in Dolomiti d'oltre Piave

Messaggioda calabrones » mar giu 06, 2006 11:21 am

Ecco qui una proposta di trekking nelle selvagge Dolomiti Friulane, sulle tracce dell'Alta Via nr.6 "dei silenzi"

Report:
http://www.clanalpian.com/itinerario.aspx?id=202

Un assaggio fotografico:

Spalti meridionali di Cima Cadin degli Elmi
Immagine

Valle di San Lorenzo Cima Cadin degli Elmi e Cima Cadin di Vedorcia
Immagine

Ciao,
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Messaggioda Pantuflo » mar giu 06, 2006 12:59 pm

sembra mooooolto interessante!

chissa' che un domani...
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Posti stupendi

Messaggioda profpivo » mar giu 06, 2006 22:04 pm

Sono montagne davvero stupende, con tanti bivacchi ben tenuti ed accoglienti ed ancora relativamente poca gente. Io le ho girate praticamente tutte quelle del parco delle dolomiti friulane!

Molto bello il giro segnalato da Calbrones, io l'ho fatto in giornata (però è massacrante) con itinerario Val Cimoliana-Casera Laghet de Sora- Forc. Val frassin - Casera Cavalet - Forc. Vedorcia -Forc. Spe - Bivacco Gervasutti - Val Cimoliana

Altre belle proposte per trekking di più giorni già effettuati:
1°) Passo Mauria - sentiero attrezzato Olivato - Bivacco Vaccari
2°) Bivacco Vaccari - Forcella Scodavacca - Forcella de Las Busas - Bivacco Marchi Granzotto
3°) Bivacco Granzotto - Forc. Cimoliana - Bivacco Perugini - Rif. Pordenone - Casera Valmenon
4°) Casera Valmenon- Forc. Urtisiel - Rif. Giaf - passo Mauria

Questo un po' più facile e con tappe più corte:
1°) Rif. Pordenone - Forc. della Lama - Bregolina Grande- Bregolina Piccola
2°) Bregolina Piccola - Forc. Dof - Forc. Conters - Casera Pramaggiore
3°) Casera Pramaggiore - Cima del Pramaggiore - Rif. Flaiban - Forc. Inferno - Cason di brica
4°) Cason di Brica - Rif. Pordenone
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Re: Posti stupendi

Messaggioda calabrones » mer giu 07, 2006 2:30 am

profpivo ha scritto:Sono montagne davvero stupende, con tanti bivacchi ben tenuti ed accoglienti ed ancora relativamente poca gente. Io le ho girate praticamente tutte quelle del parco delle dolomiti friulane!

Molto bello il giro segnalato da Calbrones, io l'ho fatto in giornata (però è massacrante) con itinerario Val Cimoliana-Casera Laghet de Sora- Forc. Val frassin - Casera Cavalet - Forc. Vedorcia -Forc. Spe - Bivacco Gervasutti - Val Cimoliana

Altre belle proposte per trekking di più giorni già effettuati:
1°) Passo Mauria - sentiero attrezzato Olivato - Bivacco Vaccari
2°) Bivacco Vaccari - Forcella Scodavacca - Forcella de Las Busas - Bivacco Marchi Granzotto
3°) Bivacco Granzotto - Forc. Cimoliana - Bivacco Perugini - Rif. Pordenone - Casera Valmenon
4°) Casera Valmenon- Forc. Urtisiel - Rif. Giaf - passo Mauria

Questo un po' più facile e con tappe più corte:
1°) Rif. Pordenone - Forc. della Lama - Bregolina Grande- Bregolina Piccola
2°) Bregolina Piccola - Forc. Dof - Forc. Conters - Casera Pramaggiore
3°) Casera Pramaggiore - Cima del Pramaggiore - Rif. Flaiban - Forc. Inferno - Cason di brica
4°) Cason di Brica - Rif. Pordenone


Mi sembra che corricchi quando fai trekking ;)

Condivido a pieno, ciao,
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Casera/bivacco

Messaggioda Franz » mar ago 29, 2006 23:33 pm

Conoscete una buona casera/bivacco, ben tenuta, con stufa, a 500 mt di disl max dalla macchina, non affollata (o prenotabile, con chiavi)?
Ci devo portare un bambino proprio piccolo (in spalla + attrezzatura).
bye
Franz
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Re: Casera/bivacco

Messaggioda calabrones » mer ago 30, 2006 1:33 am

Franz ha scritto:Conoscete una buona casera/bivacco, ben tenuta, con stufa, a 500 mt di disl max dalla macchina, non affollata (o prenotabile, con chiavi)?
Ci devo portare un bambino proprio piccolo (in spalla + attrezzatura).
bye
Franz


Quelle in gestione al parco sono tutte prenotabili (cerca Parco Dolomiti Friulane):
- Bregolina Gr. (800m disl.)
- Casera Valmenon (600m disl.)
- Podestine (è in val cellina)

Poi ci sono la:
- Cason di Brica (600m disl)
- C.ra Roncada (600m disl)
che sono dei CAI e non le puoi pernotare

Ciao
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Re: [Report] Trekking in Dolomiti d'oltre Piave

Messaggioda scairanner » dom ago 02, 2020 14:27 pm

A proposito di casera Laghet, recentemente (20 giorni fa non c'erano) qualche buontempone ha pensato di bollinare con spray fluo tutto il sentiero che sale da Pian Fontana. Oltre al fatto che il sentiero si trova all'interno di un Parco Naturale ed è Patrimonio UNESCO, non capisco la necessità di bollinare un sentiero già ampiamente dotato di segnavia Cai e dov'è impossibile perdersi.

Immagine

Sono stati dipinti perfino pietre mobili sul sentiero e ometti di pietra, ma questi ultimi devono essere stati demoliti dal forte temporale di stanotte perché al ritorno non li ho più visti. :smt102
-Come sarà la scalata di Adam Ondra nel 2030?
-Arrampicherò di certo. Spero di non scalare peggio di quanto non faccia ora...


-meno internet, più cabernet
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Re: [Report] Trekking in Dolomiti d'oltre Piave

Messaggioda kala » mar set 22, 2020 11:33 am

scairanner ha scritto:A proposito di casera Laghet, recentemente (20 giorni fa non c'erano) qualche buontempone ha pensato di bollinare con spray fluo tutto il sentiero che sale da Pian Fontana. Oltre al fatto che il sentiero si trova all'interno di un Parco Naturale ed è Patrimonio UNESCO, non capisco la necessità di bollinare un sentiero già ampiamente dotato di segnavia Cai e dov'è impossibile perdersi.

Sono stati dipinti perfino pietre mobili sul sentiero e ometti di pietra, ma questi ultimi devono essere stati demoliti dal forte temporale di stanotte perché al ritorno non li ho più visti. :smt102


Sempre meglio... Io ho esaurito le parole (insulti compresi).
Quel sentiero per qualche motivo era già stato oggetto di verniciature dubbie, prova ne erano le ripassate in vernice grigia.
Certo che il fluo fa pensare piuttosto ad una gara, sono colori che spariscono per fortuna con una certa facilità.
Altrimenti veramente non me ne spiego l'utilizzo su un sentiero frequentato e normalmente bollato.
Ma il mondo è bello e avariato...

Se stringi il pugno la tua mano è vuota: solo con la mano aperta puoi possedere tutto.
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Re: [Report] Trekking in Dolomiti d'oltre Piave

Messaggioda Achille_piè_veloce » mar set 22, 2020 12:25 pm

scairanner ha scritto:A proposito di casera Laghet, recentemente (20 giorni fa non c'erano) qualche buontempone ha pensato di bollinare con spray fluo tutto il sentiero che sale da Pian Fontana. Oltre al fatto che il sentiero si trova all'interno di un Parco Naturale ed è Patrimonio UNESCO, non capisco la necessità di bollinare un sentiero già ampiamente dotato di segnavia Cai e dov'è impossibile perdersi.

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Sono stati dipinti perfino pietre mobili sul sentiero e ometti di pietra, ma questi ultimi devono essere stati demoliti dal forte temporale di stanotte perché al ritorno non li ho più visti. :smt102

sarà per la sicurezza
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Re: [Report] Trekking in Dolomiti d'oltre Piave

Messaggioda scairanner » mer mar 10, 2021 15:58 pm

Copioincollo un racconto trovato su fb, considerato che è stato pubblicato in un gruppo pubblico con oltre 50000 iscritti, non credo se ne avrà a male se lo condivido qui per quei 20 che leggono il forum. Per me una ventata di fresco, un'evasione da questo clima di terrore che invece di attenuarsi sembra in forte escalescion e il ricordo di uno dei miei giri di treilrannin che mi affascinano di più ma in versione invernale (di solito lo percorro in senso inverso). E infine a mio modesto avviso non ha nulla da invidiare a certi racconti di alpinisti molto più quotati che appaiono sulle riviste.
(per chi è su fb, si chiama Marco Zanette)

TRAVERSATA DI COMPLEANNO
HO SCRITTO UN LIBRO
Ma è stato troppo bello, troppo figo, troppo
Sabato: Val cimoliana – Pian Fontana – Valle di S. Maria- Forcella Spe- Bivacco Gervasutti
Domenica: Bivacco Gervasutti, S. Maria- Forcella Spe- Forcella Pian dei Laris – Forcella per Vedorcia – Forcella del Frassin- Casera Laghet de Sora – Val Cimoliana.
Un regalo fantastico.
Era da un paio di anni ormai che io e Igor tentavamo di fare una piccola traversata con gli sci. Fra condizioni della neve, pandemie, malanni, non ci siamo mai riusciti. Il sogno era di fare qualcosa di avventuroso, esplorativo, silenzioso.
Consci di non aver fatto chissà che grandiosità, per noi è stato bellissimo pensare, inventare e compiere questo giretto in una zona che amiamo e che ci lascia sempre basiti per la sua bellezza e per il suo saper essere selvaggia. A fine gita ho percepito tanta soddisfazione per quel che è uscito da questa totale avventura.
Sabato. In macchina abbiamo di tutto. Siamo organizzati per stare via due giorni, abbiamo anche una tenda e i sacchi a pelo se per caso ci sono cambi di programma. La nostra idea è chiara. Vogliamo andare al Bivacco Gervasutti. Conosciamo però la zona e diversi dubbi ci turbano. Sarà coperto il bivacco? Lo troviamo? E che strada facciamo per arrivarci? E che condizioni troviamo? Siamo attrezzati e soprattutto carichi a mille per l’avventura. Il viaggio in macchina lo passiamo a discutere, a pensare. Parliamo, ideiamo, pensiamo. Solo poco prima di arrivare a Cimolais abbiamo deciso: proveremo a fare la valle di S, Maria.
Il nostro precedente in quella valle è notturno, quindi abbastanza particolare. Igor mi conosce e percepisce sicuramente il mio fastidio ad incunearmi in quella valle stretta. Ricordo molto bene quel traverso sul pendio ripido che finisce nel vuoto sul greto. Ma è la via più breve per arrivare al bivacco e lui, polenta, non vuole faticare. Mi lascio convincere solo per un sesto senso. Il giro per Laghet de Sora, forcella del Frassin e la parte nord di forcella Spe sembra molto lungo, ricco di dubbi e perplessità.
E così eccoci, mentre percorriamo per l’ennesima volta la val Cimoliana. Ormai non ci infastidisce nemmeno più e la testa è concentrata su quel che troveremo più in su. Gli zaini sono belli carichi, le gambe invece ci mettono molto a carburare. Io sono un treno che parla senza fine. Descrivo ad Igor tutto ciò che ho in mente sui passaggi che faremo, su cosa troveremo, su quando come perché chi. E’ il mio modo di iniziare una grande avventura.
La val Cimoliana ci sorprende. L’aspettavamo gelida e pungente. E’ calda, quasi troppo accogliente, sciolta. Arriviamo in Pian Fontana notando molta meno neve rispetto a due settimane fa. Ci infiliamo a sinistra andando a Laghet de Sora. Qui inizia una delle più grandi ravanate mai fatte. E ne abbiamo fatte tante eh! Ridiamo, insultandoci. Siamo comunque felici. Non dico sia questo che cerchiamo, ma si sguazziamo abbastanza in queste porcate. Per entrare in valle di S. Maria succede di tutto. Un greto che a momenti nuotiamo ci dà il benvenuto prima che la traccia inizi a salire. Ci togliamo gli sci diverse volte per evitare schianti e/o tratti senza neve. Io mi stufo e decido di mettermi gli sci in zaino. Giusto perché non era abbastanza pesante ovvio. Igor invece tiene botta e sale con gli sci ai piedi superando alberi, foglie, sassi. La neve non c’è ma lui continua a vedere bianco.
Sono passate già due ore, abbiamo fatto 300 metri di dislivello se va bene e non siamo ancora entrati nel centro della Valle di S. Maria. Iniziamo bene! Come accennavo, siamo stati qui a maggio. Era buio e avevamo risalito la valle all’imbrunire. E’ un grande aiuto visto che ricordo ancora bene i passaggi di un sentiero che nonostante le nuove indicazioni Cai, non è scontato da seguire, figuriamoci con le chiazze di neve sopra. Comunque, in qualche modo ma con davvero gran fatica, siamo all’ingresso vero e proprio della valle. Sono un poco emozionato, non ancora preoccupato. Vado per primo, più per mostrare a me stesso che a Igor che sono tranquillo. Troviamo ancora alternanza fra neve e foglie all’inizio del lungo traverso. Poi la neve si fa costante mentre camminiamo con gli sci sullo zaino iniziando a fare attenzione. Sotto di noi a destra si nota il greto. Siamo alti.
Procedo con molta calma, non lentezza direi. Passi decisi. Non ci sono tracce, pare evidente che nessuno si sia inoltrato qui quest’anno. Mi viene un piccolo brivido per l’eccitazione. La neve è proprio bella per questo tipo di situazione. Compatta ma non dura. Lo scarpone entra tranquillo nella neve, non scivola. Il sentiero è in leggera salita mentre il pendio cade a destra, sempre più ripido. Mi giro e dopo due chiacchiere con Igor, decidiamo di calzare i ranponi. Non sono ancora necessari ma qui abbiamo spazio per infilarli, dopo chissà. Igor tenta di destabilizzare la mia quiete prima sbilanciandosi all’indietro con lo zaino e poi perdendo dalla mano un bastoncino che si salva miracolosamente dal vuoto. Lo insulto un po’, lui ride e mi urla dietro. Direi che il clima è quello giusto!
Proseguiamo il traverso ancora bene attenti. Descrivo ad Igor cosa ci aspetta, si sorprende da quanto mi ricordo bene il percorso. Gli rispondo che quando mi cago sotto non mi dimentico le cose. Oggi invece il mio mood è super. Nonostante la giornata sua tutt’altro che chiara e sicura, ho la mente giusta per affrontare tutto. Grandissima sensazione per un’avventura in montagna.
Il traverso finisce, ma dobbiamo ancora districarci in un paio di manovre per evitare salti a destra. Un po’ di mughi scoperti e la vista del vallone che sale verso forcella Spe ci danno il brio giusto per velocizzare il passo e raggiungere il greto nel quale scorre ancora parecchia acqua. Sono passate quattro ore e sembra incredibile. Ci guardiamo indietro, quanto ravanage abbiamo fatto? Io sono molto contento. So che abbiamo lasciato alle spalle il tratto più imprevedibile e d’ora in avanti avremo solo tanta salita, ma da qualche parte arriveremo! Sostiamo qualche minuto in cui approfitto per mettere i piedi in acqua. Igor insiste, dice che fa bene alle mie dita doloranti. M: “Igor ma è gelata!! ” I: ” sisi ma ti fa bene” M: ” si ma mica tu li metti in acqua però, stronzo maiale”. E fu così che per 10 minuti non ho sentito le dita dei piedi.
Comunque, dopo 4 ore abbondanti, abbiamo finalmente gli sci ai piedi. Sarà per questo che qui d’inverno non ci viene nessuno? Adesso l’umore è altissimo. Nonostante tanto tempo passato, ne abbiamo ancora molto a disposizione, la meta sembra più vicina. Risaliamo il canale inventando una traccia che risale a destra il greto scoperto del fiume. Gli sci scivolano su una neve davvero molto morbida. Il sole è fortissimo e non ne eravamo preparati. Il caldo allieta il silenzio di una valle davvero isolata. Poi diventa anche eccessivo costringendomi a deviare la traccia ideale per cercare l’ombra degli alberi. Mi giro spesso a guardare Igor, a chiedergli come va o se è contento. So già le risposte ma mi piace molto sentire i sorrisi.
Il proseguo della salita non ci crea particolari problemi. Solo ad un certo punto mi accorgo che abbiamo lasciato il greto a sinistra e ci stiamo alzando molto. Sembra che siam finiti su una spalla che risale troppo a destra mentre la valle prosegue dritta. Ad un certo punto pare ovvio l’errore. Ridiamo pensando già di dover sciare in giù quei cento metri di troppo ma convinco Igor a salire ancora un po’: “Dai così se va bene troviamo un traverso di uscita in alto senza dover ridiscendere, se va male almeno sciamo un po’ di più”. E non sarebbe brutto sciare su questo firn, ve l’assicuro!
La fortuna, o la scelta giusta, ci assistono e in alto troviamo terreno fertile per un leggero traverso verso sinistra che riporta perfettamente al centro del vallone. Da qui ammiriamo forcella Spe in alto. Partono i ricordi e inondo Igor di aneddoti che tra l’altro abbiamo vissuto insieme. Solo che lui, come al solito, non si ricorda un c***o.
E’ tempo per me di concentrarmi sulla prossima difficoltà. Più difetto che pregio, tendo a vedere prima dove potremmo avere dei problemi. Da forcella Spe a destra, per raggiungere il bivacco Gervasutti, c’è un traverso parecchio delicato. Già d’estate, per una esile traccia su ghiaia dura e sopra il vuoto, bisogna fare parecchia attenzione. Chissà come sarà d’inverno. Per evitare questo, mi ero già ripromesso di guardare un canale che sbucherebbe direttamente nel forcellino sopra il bivacco. Il canale però sembra decisamente ripido e soprattutto non ci è chiaro se possa essere quello giusto oppure no. Sarebbe abbastanza insensato salirlo per poi arrivare nel punto sbagliato.
Stranamente, non si capisce come, facciamo la scelta giusta e decidiamo quindi di raggiungere forcella Spe. Facendo gli ultimi zig-zag nel vallone sempre più stretto, guardo in alto a destra per capire la linea corretta del traverso. Il sole è ormai in fase calante ma ci batte sulla schiena ancora bello potente. Sudiamo e sbuffiamo mentre gli sci lasciano una piccola traccia su una neve non particolarmente morbida.
Raggiungiamo infine forcella Spe ed è un bel traguardo. Igor mi raggiunge mentre inizio a vestirmi. Soffia un vento bello freddo. Nel frattempo ci siamo preparati mentalmente. Abbiamo pensato diverse cose per gestire il traverso, tra cui anche la pazza idea di sciarlo. Per fortuna, di nuovo, scegliamo intelligentemente, togliamo gli sci e mettiamo i ramponi. Fuori la picca e siamo pronti ad affrontare l’ultimo, speriamo, tratto insidioso di giornata.
Come sempre nei tratti più bigolosi, lascio che Igor vada avanti. Lui è ben più abituato di me a gestire le situazioni delicate in montagna e la mia fiducia in lui è totale. Iniziamo il traverso con i ramponi che si conficcano bene su una neve ben dura. Il pendio è mediamente ripido, trasversale in discesa verso destra. Troviamo presto un paletto segnato CAI ben rassicurante circa l’altezza corretta del sentiero che però, ovviamente, non si vede. Procedendo, ci avviciniamo sempre più a gruppi di rocce che aggiriamo girando leggermente, costantemente, verso sinistra. Passando sotto le rocce, la neve inizia a farsi foffa. Lo scarpone entra sempre più nella neve ma la percezione è di una sempre minore sicurezza. Diversi saliscendi accompagnano il lungo traverso che mi pare durare ore. Sudo come se fossi a ferragosto. Impiumato e copertissimo dalla forcella fredda, sto evaporando sotto la fatica nel mantenermi aggrappato alla neve. Guardo Igor che passeggia sulla neve mentre io affondo, mi aggrappo alla picca, scavo buconi per stare in equilibrio.
Sono bravo però, non faccio il lamentoso, seguo le orme e procedo con cautela. Sono contento comunque, non mi sento particolarmente impaurito. Certo, il vuoto a destra, lo sento bene. Un paio di tratti in discesa e un paio di metri dritti in su, ci portano all’ultimo tratto di traverso sempre verso sinistra. Se vi sembra lungo fidatevi, per me lo era di più.
Sento Igor scalpitare. So che è ansioso di scoprire se il bivacco si vede oppure no. So che è il suo pallino e gli urlo dietro: “sta calmooo”. Lo vedo ravanare con la picca e il bastoncino al contrario. Scende una decina di metri per portarsi verso la spalla e fine del fastidio. Mi fermo aspettando che proceda. Poi riparto per quello che è il gesto tecnico che più odio. Scendere con i ramponi, schiena a valle. Mentre sono impegnato a disarrampicare. Sento l’urlo felice. Un brividino di gioia passa per il mio corpo. Ho capito che Igor ha visto il bivacco e ne ho solo la conferma quando me lo dice, decisamente compiaciuto.
Lo insulto di nuovo imputandogli di avermi distratto. Mi impongo ancora massima concentrazione. Gli ultimi passi in diagonale, uno sguardo al bivacco, un pugnetto ad Igor: E’ fatta! Ora posso anche rilassarmi un attimo. Sono contentissimo. I muscoli si sciolgono da una tensione non traumatica ma che sentivo evidente. Quell’ansia da non poter sbagliare, quella paura di fare cavolate, quel dubbio sulle mie capacità. L’imprevedibilità di una giornata, resa ancora più chiara dalle difficoltà affrontate, si era amplificata in ore e ore di avvicinamento alla meta che ormai desideravamo quasi troppo. Le frasi ” a me basterebbe trovare il bivacco”. ” Va bene tutto ma speriamo di arrivarci e di vederlo subito”. Tutto svanisce davanti a quel rosso quasi interamente coperto ma, VISIBILE!
Riesco a fare il pessimista lo stesso, è più forte di me. Parlo come una trottola per 10 minuti mentre Igor scalpita, già pronto per sciare fino al bivacco. “Speriamo si apra la porta, speriamo ci siano le coperte dentro”. Igor mi fa le corna. C’ha ragione. Non so sinceramente come possa sopportare le mie chiacchiere sul futuro. Comunque, dopo 8 ore, 8 ORE, sciamo gli unici 2 minuti di giornata per raggiungere la casa più bella del mondo. Si perché esistono anche sci alpinistiche in cui passi 5 ore senza sci ai piedi, 3 ore a salire co gli sci, e 2 minuti a sciare!
Fuori dal bivacco parcheggiamo gli sci, sono le 16 e 45 circa. Il bivacco sembra un’opera d’arte moderna. La metà rivolta a monte è coperta interamente da uno strato compatto di circa 1 metro e mezzo di neve. la metà a valle è scoperta. Anzi, il tetto è scoperto mentre la porta neanche si vede. Non so quanto lui sia alto ma suppongo circa 3 metri. Io rido, ancora non conscio di quanto lavoro ci aspetti, mentre Igor comincia a scavare con la sua pala. Faccio qualche foto, qualche video. Vorrei fermarmi e ammirare la bellezza che ci circonda. Vorrei non fare un c***o davanti a questo silenzio e pensare solo al rumore del vento sulla neve. Ma è ora di darsi da fare. Prendo la pala e inizio a scavare anche io.
Da fastidioso capocantiere, inizio a progettare lo scavo. Livelliamo qua, puliamo lì, scaviamo per giù. Igor annuisce e continua a scavare imperterrito senza ascoltarmi ma dicendo sempre di si. Mica mona lui. Siamo anche qui quasi intelligenti e riusciamo a scavare un buco abbastanza largo per poter lavorare in due. Passa il tempo e andiamo sempre più sotto. Lo spazio diventa sempre più piccolo e il livello della neve sempre più alto sopra le nostre teste. Iniziamo a diventare fusi e alcuni lanci della neve fuori dal buco sono roba da tentato omicidio. Diverse volte ci sfioriamo le teste con la pala. Molte altre ci lanciamo la neve addosso. E il tempo passa. Il tempo passa ma la porta rimane ancora ben coperta.
Con il passare dei minuti, i nostri sforzi si fanno meno vigorosi ma a sensazione più veloci. Samo stufi, vogliamo riposarci. Il buco ormai è bello fondo e le nostre teste sono ben al di sotto del livello della neve. Dopo un’ora abbondante e una buca di 2 metri e mezzo, finalmente, la porta sembra libera. Igor mi dice di provare ad aprire la porta, ma li lascio l’onore.
Osservo, in silenzio, mentre tira il gancio rosso del portone del bivacco. Che grande emozione. Ci scappa un urlo, probabilmente ci han sentito fino a Cimolais!
Finalmente, sento la serenità invadere il corpo. Mi lascio andare ad un sospiro lungo 10 minuti. Un uuuuuuuuu a voce bassa bassa che butta fuori tutta l’adrenalina del momento. Mi sale la stanchezza, d’improvviso. La voglia di buttarmi per terra e non fare nulla è smorzata da Igor che come al solito è un folletto impazzito e vuole subito sistemarsi. Ammiro la sua capacità di fare quel che serve come prima cosa.
Scaliamo il muro di neve per risalire fino agli zaini. Mi rendo conto che è una cosa davvero buffa. L’entrata del bivacco è sostanzialmente sotto terra. Ci ARRAMPICHIAMO per due metri e recuperiamo le nostre cose. Mi prendo un attimo per guardarmi in giro. La luce è ancora presente anche se la nebbia oscura parzialmente panorami altrimenti incantati, stregati. Quando entro in bivacco, Igor ha già preparato tutto. Il bivacco è essenziale, spartano. Per me, oggi, è comunque la casa più bella del mondo. Sento il suo calore nonostante probabilmente l’interno non sia ancora sopra gli zero gradi. Materassi e coperte abbondano, non serviva altro. Svuotiamo gli zaini, prepariamo un tè. Lasciamo la porta parzialmente aperta per fare entrare la poca luce rimasta. La neve copre le finestrelle. Siamo dentro, sotto la neve.
La serata passa come veloce. Abbiamo mille cose da fare prima di andare a dormire. Igor è come sempre lo chef e si occupa di sciogliere la neve. Apre la parte superiore della porta, con la pala scava il muro di neve davanti a noi, riempie la pentola. La pentola sul fornello, le nostre mani intorno a lui per scaldarsi un po’. Lo zucchero rubato in bar la mattina addolcisce quello che sarebbe comunque stato il tè più buono del mondo. Prepariamo cose calde senza sosta. Oggi il menu è minestrone con i tortellini. Di contorno abbiamo salame e formaggio con pane della casa. Ci sfondiamo tanto che non abbiamo la voglia di concedersi il bis di minestrone. 1 litro a testa basta dai!
I tè si susseguono mentre iniziamo a pensare a cosa fare il giorno dopo. Tiriamo fuori la cartina. La mia 021. La amo. L’ho comprata, nuova, 10 mesi fa. Sembra abbia 10 anni .
E’ tempo di decisioni importanti. Dobbiamo pensare a cosa fare il giorno dopo. Non posso esternarvi tutti i nostri pensieri, non vorrei mai che il racconto diventasse troppo lungo.
Le idee principali sono due. Scendere al rifugio Padova, risalire forcella Montanaia da nord, scendere al campanile e in Cimoliana. Altrimenti l’idea è di scendere a nord da forcella Spe, fare forcella Pian dei Laris, forcella per Vedorcia, forcella del Frassin, laghet de sora, Cimoliana. La discussione mi piace un sacco. Penso sia durata quasi un’ora. Trovo Igor molto preso, come me. Siamo attivi, vediamo occasioni, percepiamo pericoli. Cerchiamo soluzioni che possano rendere la giornata indimenticabile, sicura. Come se fosse banale, certo. Spesso le frasi terminano con “Questa mi pare davvero una gran follia”. “Secondo me qui ci cerchiamo solo rogne”. “Ma hai idea di quanto sia lunga passare per di qua”.
Beh, vi assicuro che non avete idea di quante cose ci siamo detti, quanti dettagli abbiamo cambiato, quante stronzate abbiamo pensato. Alla fine chiudiamo il discorso abbastanza decisi quantomeno sulla direzione da prendere. Andremo a nord ovest, verso Forcella del Frassin. Dove ci sembra di avere almeno qualche opzione in più in caso di fallimento. Fallimento che se non probabile sembra almeno possibile.
Igor scalpita pure per andare a dormire. Siamo effettivamente scomodi, incassati nelle strette panchine intorno al tavolo imbandito di qualsiasi cosa possibile. Ci sono anche i miei calzini puzzolenti che tento di bruciare intorno alla pentola del tè. Sempre quello che sarebbe è il più buono del mondo, ovvio.
Igor è sotto 5 coperte, io ancora vestito da gita, solito schema. Lo lascio crogiolare disteso mentre continuo a rompergli le palle spiegandogli apertamente che non lo lascerò dormire, così, solo per dargli fastidio. Nel frattempo mi preparo, rimbocco le coperte, mi cambio. Prendo il libro del bivacco e inizio a scorrerlo. Cerco le nostre firme di maggio, leggo le altre. Osservo le date, sogno. Le ultime firme sono datate novembre 2020. Un altro brivido mi scuote. Racconto ad Igor quello che leggo, aggiungo parole di sincera soddisfazione per dove siamo. La consapevolezza di essere i primi questo inverno mi travolge in piena.
Scrivo un mini raccontino, lo leggo ad Igor. Preparo l’ultimo tè. La serata sembra stata lunghissima. Sono appena le 21. La giornata, quella si, è stata davvero lunga. La ravanata iniziale, i tratti delicati finali, l’ansia, l’adrenalina, la felicità. Tutto finisce al caldo, sotto le tre doppie coperte che ho preparato scrupolosamente. E’ ora di riposarsi. E come sempre il Bivacco Gervasutti sarà casa di uno dei sonni più grandiosi di sempre. D’altronde si potrebbe non dormire bene nella casa più bella del mondo?
Domenica: La mia notte passa incredibilmente bene. Mi sveglio a più riprese sentendo fresco in qualche lato del corpo, ma basta rimboccare le coperte per farlo sparire. La sveglia suona alle 6 e 45. La notte è stata serena e la neve sarà completamente ghiacciata. Non abbiamo fretta di mettere gli sci ai piedi. Che bene che si sta sotto le coperte. Un pelo di luce entra dai buchetti dell’aria e parzialmente anche dalle finestrelle coperte di neve. Ho una voglia pazzesca di andare a vedere cosa c’è fuori ma psicologicamente è terrificante. Bisogna trovare il coraggio di uscire dal tepore, vestirsi, scavalcare due metri di neve. E fuori fa un freddo cane. Mi convinco solo perché so esserci un grande sole. Il bivacco è esposto Sud-est, lo so benissimo.
Tiro un “uooooooh” mentre sposto le coperte e mi vesto alla velocità della luce. Igor dice che sono matto è ha ragione. Comunque, mettere gli scarponi bagnati e gelidi è lo shock fondamentale per muovere il culo. Apro la porta del bivacco. Mi accoglie una ventata di aria che più fresca non l’ho mai sentita. Che freddo cane. E tutto ciò con il sole che scalda la faccia ancora totalmente rincoglionita. Eh si, perché ho dormito 9 ore e mezza….neanche a casa!
Una delle sveglie migliori. Mi dimentico anche del freddo mentre girovago senza meta in parte al bivacco. La cima dei Preti è illuminata. La neve riflette il sole appena comparso dalle cime lontane. Il Cadin degli Elmi, sopra di noi, è infuocato. Decido di andare in bagno per evitare di commuovermi troppo!
Sento Igor che brontola da dentro il bivacco. Conoscendolo avrà già sistemato tutto mentre io come al solito sono un polentone. Rientro nella tana, felice di tornare al calduccio e abbandonando solo momentaneamente il paradiso che ho davanti. Devo recuperare il tempo perso e inizio freneticamente a caricare lo zaino. Dopo una notte in bivacco sono sempre convinto di ripartire con lo zaino vuoto e invece ogni volta mi sembra sempre più pesante. Prepariamo l’ennesimo tè. I termos li abbiamo riempiti il giorno prima. Colazioniamo con calma, ma percepisco l’eccitazione di entrambi. Ci aspetta una giornata di scoperta, di esplorazione, di avventura. Abbiamo pianificato l’obiettivo. Per farvela breve abbiamo deciso di risalire fino all’uscita del traverso, sciare un canale in giù per evitarlo e risalire a forcella Spe da sud, come ieri. Punteremo a forcella del Frassin. Consci che non ci arriveremo con certezza e che mal che vada torneremo indietro per la valle di S. Maria, risalita ieri. Non mi piace per niente l’idea ma un piano B è fondamentale. Accantoniamo anche l’idea di scendere a nord di forcella Spe passando per un forcellino/canalino in parte al Cadin degli Elmi. A nord dev’essere di marmo e non siamo sicuri di trovarlo. Un’altra volta, incredibilmente, facciamo una scelta quasi saggia.
Prepariamo il caffè. Come sempre Igor è lo chef e mi delizia, mi vizia. Cerco di rallentare i suoi preparativi parlando a raffica, come al solito. Faccio finta di chiacchierare mentre mi spoglio e preparo i vestiti per sciare. Nonostante tutto è ovviamente più veloce di me. In uscita dal bivacco, mi diverto a ricordargli e ricordarmi una delle frasi che adoro dello Scoutismo. “Lascia un posto migliore di come l’hai trovato”.
Fuori dalla porta, Igor scavalva per l’ennesima volta il muro di neve. Gli tiro lo zaino sopra e mi accingo a raggiungerlo. Ci metto 5 minuti a chiudere la porta del bivacco, ostruita parzialmente dalla neve. Sto particolarmente attento a chiuderla perché non farlo significherebbe disastro. Fuori il sole si fa sentire ma le mani soffrono tremendamente la temperatura decisamente bassa. Igor mette le pelli sugli sci per affrontare i 100 D+ che ci attendono. Io non ho proprio voglia di farlo. Metto le mani, congelate, dentro i pantaloni. Non riesco neanche a pensare di mettere le pelli agli sci per toglierle fra 10 minuti.
E via, inizia una delle giornate che rimarrà nei miei ricordi per sempre.
Igor inizia la salita brevissima. Il pendio esposto est ci regala una temperatura accettabile anche se la neve è ancora bella dura. Io con gli sci in mano, lo rincorro di gran carriera. Come inizio di giornata mi pare abbastanza idiota.
Mentre raggiungo la fine del traverso, gli scarponi si conficcano lievemente nella neve dura. Mi guardo indietro e vedo il ripido. Se scivolo torno in bivacco. Allora è subito momento di drizzare le antenne e mi rimetto in mood concentrazione massima. D’altronde è necessario visto quello che ci aspetta. Raggiungiamo la fine della salita e ci assettiamo per la discesa. L’inizio è subito con il brivido, o quantomeno delicato. Mentre sistemiamo sci e scarponi, guardiamo giù. Effettivamente il canale sembra bello ripido e non vediamo neanche chiara l’uscita. Io, avendo visto la parte bassa il giorno prima, sono abbastanza sicuro di dove ci porterà. Igor studia la mia voglia e mi propone un’ultima volta di rifare il traverso. Ma entrambi ci sentiamo più sicuri con gli sci in discesa e la decisione è presa.
Mi calo di un metro derapando. Traverso leggermente a destra con i dubbi di Igor. Lo faccio per testare la neve che è dura ma non completamente ghiacciata. La prima curva è sempre la più complessa. Bisogna risvegliare l’istinto sciistico e farlo su queste pendenze e in queste condizioni non è banale, per me. Respiro.
Via, curvo verso sinistra abbassandomi di un paio di metro e lasciando che le lamine si incaglino perfettamente nella neve. Mi sembra super. In fiducia, faccio un’altra curva, derapo un po’ giù. Wow! Mi giro verso Igor, pochi metri sopra di me. Gli dico che è ok, che tiene bene. Con gran calma anche lui inizia a curvare. Procediamo a passo lento, calmo, sicuro. Non c’è spazio per fare stronzate. Scendiamo evitando diverse rocce e trovando neve sempre bella dura, a tratti increspata. Il canale ha pendenze variabili fra i 35° e i 45°. I tratti più ripidi sono in alto e questo mi fa sentire sicurezza sempre maggiore via via che scendiamo. Sono felicissimo di sciare. Gli sci sotto i piedi li sento parte del mio corpo. Paura zero.
Proseguiamo la discesa. Vista la difficoltà sempre minore, mi impongo di aumentare ancora di più la concentrazione. D’altronde siamo ancora abbastanza alti e una scivolata qui sarebbe comunque dannosa se non fatale. Il sole, non più perpendicolare, continua a comunque a fare la sua opera di addolcimento. La concentrazione lascia spazio ai sorrisi e ai pensieri per l’inizio di giornata eccitante, elettrizzante. La discesa è finita e possiamo goderci il cambio assetto sorseggiando il primo tè.
Mi spoglio, per seguire la nostra traccia del giorno precedente fino a forcella Spe. La testa è libera momentaneamente da pensieri e il corpo inizia a muoversi faticando armonioso con i movimenti di salita. Le pelli scivolano leggermente sulla traccia ghiacciata tanto che preferisco uscire e costeggiarla. Mi rendo conto di averla fatta abbastanza ripida, e pensare che cerco di stare attento quando salgo. Liberi e svolazzanti, risaliamo molto veloci forcella Spe. Ho voglia di vedere dall’altra parte. Dalla forcella inizierà l’ignoto e c’è tanta voglia di scoprirlo.
Risaliamo 300 D+ circa. La forcella spe è speciale. Ogni volta che passo di qui è per un’occasione speciale. Sarà probabilmente la sua lontananza da percorsi abituali, ma è speciale essere qui.
Rapidi, ci sistemiamo per la discesa. Abbiamo voglia di sciare tutto quello che non abbiamo sciato il giorno prima. Penso sia stato il cambio assetto più veloce di sempre! Pronti, osserviamo a sinistra quello che ci attende. Il pendio sotto di noi è davvero allettante mentre si vede a sinistra una piccola catena di montagnette dove dovrebbe esserci la nostra nuova forcella. La individuiamo nel punto più dolce della cresta. Disegniamo mentalmente la nostra traccia. La indichiamo con il bastoncino. Prendiamo un punto di riferimento. Che figata che è programmare così. Non abbiamo la certezza di aver visto il punto giusto, ma usiamo la testa.
In tutto questo, non solo non c’è anima viva, ma non ci sono nemmeno tracce. Rimango esterrefatto. Percepisco un senso di solitudine micidiale. Siamo i primi in un mare di neve, soli.
Tiro un pugnetto sulla spalla ad Igor, sorrido: “pronto??”
Mi lancio verso sinistra assaggiando la neve sotto gli sci. Non ci posso credere, polvere!!!
Uooooooooooooooooooo tiro un urlo devastante mentre mi lancio senza freni in una sequenza di curve che mi pare non finire mai. Ho fatto penso 20 metri. Mi giro e urlo ad Igor, non ci posso davvero credere! Igor mi segue, urla anche lui.
Sciamo leggeri come piume, in direzione rifugio Tita Barba, verso sinistra di forcella Spe, a nord. Sorpreso dalla neve soffice, sono al settimo cielo. Non me l’aspettavo davvero. Igor invece si. Devo dargli merito. Per una volta ne ha sparata una giusta.. culo rotto!
Non dobbiamo abbassarci troppo, visto che dobbiamo risalire a sinistra la forcella Pian dei Laris. Ma come si fa a smettere di sciare su sta neve? Convinco Igor a scendere ancora un po’. Siamo straniti da questa situazione. Com’è possibile che nessuno venga in questo paradiso? Com’è possibile che sia incontaminato. Questo ovviamente ci galvanizza e rende la giornata, la gita, ancora più grande.
E’ ora di ripellare, e chi traccerà? Io e Igor siamo proprio una gran cordata. Negli anni, ormai, mi son sempre chiesto cosa lo spinga a seguirmi nei progetti scemi e spesso insensati che mi vengono in mente. La risposta è che condividiamo la stesso modo di andare in montagna. Siamo desiderosi di viverla, di gustarla, di assaporarla. Abbiamo voglia di ascoltarla. Lui sa quanto io ami tracciare con gli sci sulla neve. Gli chiedo comunque se posso farlo io. Parto con le pelli, urlandogli: “grazie come sempre che fai fatica per me”. Rido. Ride. “maiale!!”
Gli sci affondano ma senza impormi una gran fatica. Mentre loro pattinano, il mio sguardo é proiettato in avanti per cercare la linea migliore. Osservo i futuri passaggi, la traccia migliore. Ogni tanto mi fermo ad aspettare Igor che litiga con l’attacchino del suo sci. Iniziamo ad arrivare vicino ai tratti ripidi e intravedo un buchetto che sembra portare ad un canale più dolce. Dolce per modo di dire perché sarà comunque sui 40 gradi. Gli continuano ad affondare su una neve farinosa appoggiata ad uno strato più duro. Si sprofonda e si scivola un po’. La fatica inizia a farsi sentire e la ravanata è tosta. I pendolini si infittiscono mentre studio dove uscire verso l’alto. Seguo la pendenza minore possibile continuando a zig-zagare in spazi abbastanza stretti. Igor dietro di me è in sofferenza. Lo sci si stacca spesso. Decide di salire un pezzo a piedi, ma si sprofonda troppo. Io scalpito e proseguo la mia traccia. Sento il bisogno di scoprire se siamo in punto corretto oppure no. La cosa pazzesca e che non so cosa aspettarmi. Se stiamo risalendo nel punto giusto dall’altra parte troveremo pendii. Ripidi ma pendii. E se ci sono rocce? E se ci sono salti? Non c’è modo di saperlo in verità. Dobbiamo sperare nel nostro senso di orientamento.
Mentre lui smadonna, io accelero e conquisto la cresta. Uno squardo di là e gli urlo la buona notizia! Ci siamo! Dall’altra parte i pendii sono gestibili e abbiamo l’accesso alla vallata successiva. Osservo Igor che continua a soffrire per raggiungermi. La mia testa invece sta già macinando. Osservo il vallone che dobbiamo attraversare. Guardo la cresta successiva da superare. Caaaaazzo. Non è un bel vedere. Vedo tante rocce, tanto ripido. Mi salta subito all’occhio una forcella che mi pare l’unico possibile accesso alla cresta per le nostre capacità e attrezzature. So già che Igor dirà ” si dai quello è fattibile” e mi fa giù paura. Sembra bella ripida ma, sinceramente non vedo alternative. Inizio a convincermi dicendomi che bastarà fare un passo alla volta.
Nel frattempo Igor mi raggiunge, ansimante. Lo vedo stanco, un po’ spossato. Sono già passate un po’ di ore effettivamente ma credo ci sia dell’altro. Effettivamente il problema allo sci lo ha condizionato. La testa in questi casi fa tanto sommata alla fatica fatta per galleggiare sulla neve con lo sci che si staccava ogni due metri devono averlo scombussolato parecchio. Lo accolgo con un po’ di complimenti e qualche parolaccia per sdrammatizzare. Gli lascio lo spazio per rilassarci in forcella prima di mostrargli cosa vedo dall’altra parte. E’ ora di tirare fuori la cartina.
Inizia un periodo di tempo che non so quantificare. Lo passiamo a cercare di trovare punti di riferimento, di capire dove passare, dove andare, cosa fare. Litighiamo, in senso buono, circa il da farsi. Analizziamo diverse volte la situazione. Ogni tanto mi piace fare un ricapitolo di cosa abbiamo davanti, di quale opzioni possiamo scegliere. C’è da pensare tanto. Il nodo da sciogliere è forcella Vedorcia. D’estate ci passa un sentiero CAI per esperti che però sembra passare in punti troppo cazzuti d’inverno. E forcella Vedorcia, qual é?
Tutto complesso, tutt’altro che banale. Vedo Igor poco convinto ma so che è condizionato dallo sci. Stupidamente non penso a dargli subito un’occhiata ma so che le sue capacità fisiche e mentali sono adatte alla sfida che ci attende. Io mi sento carichissimo inveve. Non sento ancora arrivata l’ora di tornare indietro. Voglio almeno andare a vedere cosa ci aspetta. Convinco Igor.
Ci aspetta allora una discesa, un traverso e saremo sotto la cresta dove dovrebbe esserci la forcella. Forcella che sappiamo non essere evidente ma che dev’essere lì, da qualche parte c***o.
Iniziamo la discesa. Inutile sottolineare che anche qui siamo isolati vero? Mi pare di andare sempre più verso l’ignoto. Non so spiegare perché, ma non sono per nulla spaventato. Forse è la voglia di esplorare e di conoscere qualcosa di nuovo che mi entusiasma.
Ci districhiamo fra qualche duna, qualche larice. Abbiamo puntato un pino grande da cui inizieremo la terza risalita di giornata. Fra le dune nel deserto, puntiamo ad un avvallamento che dovrebbe darci accesso al catino grande del vallone. Igor tira due porchi mentre lo sci si stacca ancora. Io continuo a tracciare, ansioso di scoprire se stiamo finendo in un buco oppure no. Poi mi si accende la lampadina e mi rendo conto di dover provare a dargli una mano. Lo chiamo: “vieni qua dai che lo sistemiamo insieme”. Un po’ di lotta verbale, sempre in amicizia ovviamente, e lo convinco a raggiungermi. Gli rubo lo sci e trovo il ghiaccio fetente, bastardo. Con il suo coltello, liberiamo l’attacchino dall’impedimento.
Igor mette lo scarpone nello sci, si sente stock. Oooooooo finalemnte! E il clima improvvisamente ritorna ad essere fiducioso all’ennesima potenza. Adesso sembra essere tutto a posto, pronto ed imbandito per il punto chiave della nostra traversata. Abbiamo deciso che l’unico modo che abbiamo per superare la cresta è risalire questo canale evidente che arriva in cima. Dall’altra parte cosa ci sarà non lo sappiamo. Lo immaginiamo.
Inizio a risalire i tratti ripidi. La parte alta sembra proprio ripida, non che sotto scherzi eh. Tutto dipenderà dalla neve che troveremo. Duro significa poca fatica ma tanto pericolo. Morbido significa più sicurezza ma più fatica. Non è facile immaginare quale sia il mio desiderio. Inizio delle lunghe diagonali visto che lo spazio e tanto. Cerco di non appesantire la mia testa e non fasciarla prima di averla rotta. Sono solito volare nel futuro e immaginare pericolo ovunque. Con il tempo sono migliorato e il mio approccio al canale è prudente ma non pauroso. Certo è che risalire così, senza certezze su cosa troveremo è qualcosa che descriverei come folle, pazzo. E mi sembra pure che siamo persone con la testa sulle spalle.
Risalgo stringendo sempre più la lunghezza delle diagonali per accedere alla parte più ripida e stretta. Trovo una neve fresca sotto i piedi. Che voglia che avrei di sciare giù per di qua. Lo dico ad Igor che mi chiede se sono fuori. “Ovvio”, rispondo! Con Adrenalina a mille, siamo ormai a metà del canale. Inizio a trovare rettangoli di neve diversa. Un leggero vento ha rovinato una polvere pazzesca ma sembra comunque tutto ben assestato. Inizio a paventare l’idea di togliere gli sci in previsione dell’aumento di pendenza e del duro. Lo dico ad Igor che però fosse per lui andrebbe con gli sci anche in centro commerciale.
Passano un paio di minuti e desisto. Qui ho spazio e neve buona per togliere gli sci e mettere i ramponi. Siamo una bella cordata, vi ho già detto quello che penso. Un’altra cosa che adoro è la capacità che abbiamo entrambi di ragionare con la nostra testa. Ognuno sa come si sente in certe situazioni e si sente libero di esprimere il proprio pensiero e di decidere per se stesso. Non aspetto neanche di sentire cosa vuole fare lui e tolgo gli sci, pronto a mettere i ramponi. Lui arriva e mi chiede. Gli descrivo cosa penso. Guarda, osserva, tasta. Decide anche lui di togliere gli sci. Ci mancano circa 150 metri di dislivello.
Ramponi ai piedi, sci in zaino, bastoncini in mano e picca sulla cintura. Moschettieri.
Inizio a salire a piedi. Affondo poco, il giusto. Felicissimo della scelta, ascolto con piacere la sensazione di grip che ho sotto i piedi. Una delle poche volte che mi sento veramente a mio agio in questo assetto. Mi sto divertendo. L’adrenalina scorre ancora copiosa nel mio corpo. Ho un grandissimo senso di fiducia su tutto. So anche che siamo nel posto giusto, me lo sento.
La voglia di scoprire cosa ci aspetta è enorme. Lo mostriamo in faccia. Che ci sarà di là? Riusciremo ad arrivare su o ci saranno soprese? Scalpito. Non sento la fatica. Mi sento forte come non mai. Questo, ne sono contentissimo, non ci fa spegnere la luce. Nonostante il grado di pericolo valanghe più basso possibile, continuiamo a guardarci sopra. Discutiamo ancora su dove passare, che linea seguire. La cornice sopra di noi sembra avere spazio per farci passare. Non la vogliamo rompere. Mostro Igor il sole a destra. Non fa caldo ma lo convinco comunque a starci lontano, non si sa mai. Le pendenze sono comunque sui 40°
Ci diamo il cambio in salita. Mi piace un casino. Sfrutto i momenti in cui traccia lui per fare qualche scatto, qualche video. Siamo in un posto favoloso. In questi momenti di pausa ascolto il silenzio assordante rotto solo dai ramponi di Igor che si conficcano nella neve. Gli do il cambio un’ultima volta. Prima dell’uscita c’è un tratto un pelo più ripido e nonostante non sia necessario, tiro fuori la picca dalla cintura. Igor mi insulta e inizio a citargli le differenze di altezza. “ma lo sai quanto è più difficile per me stare in equilibrio?”
Mi sorprende sempre il modo che abbiamo per dirci le cose. Ci prendiamo in giro regolarmente, scherziamo. Giochiamo, ci insultiamo. Ci facciamo complimenti. Durante un’avventura del genere sono modi fondamentali a mio avviso per mantenere un clima perfetto. La testa deve essere quella giusta.
Accelero. Per fare questo allungo il passo e di conseguenza lo spazio fra i buchi che faccio sulla neve. Povero maiale. Sono sempre attento a non fare passi troppo grandi per permettergli di stare comodo. Sempre tranne quando sono a 10 metri dall’uscita del canale.
Salto, corro, volo. Troppa voglia di vedere di là. Entro anche in buco, euforico.
E ci siamo, di nuovo!
Un sospiro di sollievo, un altro urlo gigante! E’ fatta! Con grandissima emozione mi giro verso Igor e gli esprimo tutta la mia felicità con facce, gesti e grida eccitate. Siamo su un pianoro, dolce. Il più bel pianoro del mondo.
Accolgo igor con numerose pacche sulla spalla complimentandomi con lui. Sono davvero contento, felice. Sento ancora quei brividi di gioia che sono uno dei motivi per cui amo queste cose. Vedo anche serenità negli occhi di Igor. Siamo rossi in faccia, scavati da sole e fatica. Ma siamo le persone più felici del mondo.
Mi guardo in giro, non mi sono ancora seduto. C’è ancora da capire come scendere nel vallone di casera Cavalet per poi risalire forcella del Frassin, ma ho deciso che ormai siamo a cavallo. Guardo a sinistra. Il pianoro continua fino a qualcosa che sembra una cima. Mi si accende una lampadina e mi giro ridendo verso Igor: ” fermo là, non toglierti lo zaino, andiamo su dai!”
“durudududu sei matto. Neanche se mi paghi”. Ma gioco, con destrezza, la carta vincente. “eh ma maiale oggi è il mio compleanno e oggi facciamo quello che dico io”. Non sa cosa rispondermi, povero!
Eccoci allora, ancora in salita, verso quella che scopriremo essere la Cima di Laris. Continuo a parlare, tentando di convincere Igor che sia la scelta giusta e che non pregiudicherà la nostra fatica. Silenzioso, mi segue imperterrito. Instancabile. E’ una bestia.
Ma su, il panorama ci ripaga totalmente. La vista è a 360° su qualsiasi montagna della zona.
Io navigo con gli occhi. Paradiso totale. Lui ovviamente è già pronto per la discesa mentre io devo ancora togliermi lo zaino.
Passati i dubbi più grandi della nostra traversata, ritorniamo un attimo nella realtà. Dobbiamo ancora sciare fino al vallone e risalire forcella del Frassin da nord prima di avere l’assoluta certezza di completare l’anello. Non è ancora ora di festeggiare.
Pronti a sciare, siamo cauti per i primi metri di neve schifosa, crostosa e dura. Mi colpisce in positivo la delicatezza e l’accuratezza con cui procediamo in discesa. Saggi. Siamo noi, davvero?
Affrontiamo un tratto ripido su neve splendida, trasformata. Soffice da sciare, una goduria solo parzialmente oscurata da una bocca di balena laterale che ci tiene allerta. Prendiamo una spalletta per essere sicuri di non staccare niente e andiamo via da pericoli probabilmente poco seri ma, non si sa mai.
Ed eccoci allora, all’ultima ripellata. Alla nostra destra casera Castelat è coperta di neve. Non ci pensiamo neanche a raggiungerla. La voglia di sentirsi al sicuro inizia ad essere tanta. Per la quarta volta in salita oggi, faccio strada. Troviamo un canale ma decidiamo di non infilarci per restare sui pendii soprastanti a sinistra. Un ultimo nodo roccioso sembra essere l’ostacolo fra noi e la salvezza. Mi sento molto dentro ad un film. Ma questa è la vita e ritorno a sentire un filo di preoccupazione. Il pensiero diventa: “non mi frega un c***o di quello che troveremo, dobbiamo passare comunque”. E so che Igor la pensa esattamente come me.
In silenzio, cono solo qualche battuta per decidere insieme dove far passare la traccia, risaliamo verso la forcella del Frassin. Un gattone che galoppava a lasciato delle splendide orme da seguire. Mi diverto a copiarlo, fino a quando non finiscono troppo in alto a sinistra e non ho voglia di ravanare per niente.
Sempre più silenziosi e accartocciati nei nostri pensieri, continuiamo la nostra salita. Probabilmente sembriamo dei cadaveri ambulanti.
Mi giro ogni tanto a guardare Igor che sale a testa bassa. Lo ammiro tantissimo.
Dietro di lui le Dolomiti giganteggiano immense. Davanti a me a forcella è sempre più vicina. Accelero di nuovo, ogni volta è così prima della fine.
L’ultimo tratto in mini traverso è ovviamente duro, per mettere pepe al culo. Mi viene il nervoso. Ma… salvezza fu.
Mi sento un eroe quando raggiungo la forcella. Eroe di che non si sa. La sensazione più grande è la gratitudine.
Aspetto il maiale e lo accolgo con le solite, calorose e sincere manfrine. Ci complimentiamo a vicenda, troppo felici.
Pace dei sensi. Gioia infinita.
Guardo la valle di laghet de sora con amore. E’ un termine decisamente troppo grosso e mi vergogno ad usarlo. Ma è ciò che più si avvicina a quel senso di vicinanza che ho verso di lei. Non me ne frega niente sapere che ci aspetta una grandiosa ravanata fra slavine e schianti. Sono troppo sereno, troppo in pace co me stesso quassu.
Non ci lasciamo andare ad una pausa lunga, la faremo in casera. Finiamo il tè, prepariamo gli sci e andiamo giù. Due settimane fa trovammo la pappa qui. Oggi è più fresco, la neve è più bella. La sciata è fenomenale. Urlo forte, fortissimo. Un po’ troppo pure, ma la libertà di sciare qui è impagabile. Guardo la faccia di Igor mentre scia, sembra emozionato pure lui. Anche gli orsi ogni tanto….
Casera laghet de sora è ancora totalmente sommersa dalla neve. Ci sediamo sugli zaini al sole. Si sta bene. Tiriamo fuori il fornelletto, non abbiamo più niente da bere. Sciogliamo ancora un po’ di neve mentre litighiamo su quale formaggio per alleggerire lo zaino di chi.
Il relax diventa padrone e le nostre voci si affievoliscono fra un morso e l’altro. Inizimo pure ad esser stanchi!
Arriva l’ombra ed è uno shock inaspettato. Il freddo entra anche nelle mutande e ci sorprende. Infame.
Rifacciamo gli zaini di corsa. Ci vestiamo. Ormai siamo congelati. Partiamo a cento all’ora puntando centinaia di metri sotto l’ultimo tratto di sole della giornata. Sotto la casera Igor fa tre voli in 10 metri. Lo rimprovero, ma mi sento in colpa. Gli dico di stare all’occhio. La neve fa schifo ma ormai le gambe iniziano ad essere cotte e qualche cedimento è davvero giustificato. In parte a caera laghet de sotto troviamo un po’ di tepore e lo prendiamo tutto. I raggi colorano ancora un po’ e nostre facce viola. Poi iniziamo gli ultimi tratti di bella sciata. Un bel rock’ n roll nel bosco ci porta al ravanage sotto in valle. Prima una valanga, poi la neve diventa cemento. Gli sci sbattono, le ginocchia ancor di più. Mi giro verso Igor, un po’ affranto: “non ci meritavamo questo”.
Scherzo ovviamente, ma certo è che l’ultima parte di discesa è abbastanza un inferno. Fra schianti, risalite a scaletta, valanghe, cementi e chi più ne ha più ne metta, è una bella sofferenza. L’obbiettivo diventa non farsi male.
Ci districhiamo, sofferenti e stanchi, in questo labirinto che con lo sci alpinismo classico ha poco a che vedere. Verso la Cimolina, la situazione migliora e gli ultimi tratti di discesa fino in torrente sono quelli che fanno ritornare il buon umore. Togliendoci gli sci per attraversare l’acqua, incrocio lo sguardo di Igor. Le nostre espressioni sono ebeti. Ce lo si legge in faccia. Completamente in trance, si legge la soddisfazione enorme. Si legge quanto siamo contenti. Le persone più contente del mondo.
La val Cimoliana al ritorno è quasi rilassante. E’ ciò che abbiamo vissuto che ci permette di sognare pattinando fra le nevi del greto. Siamo distanti e silenziosi mentre scendiamo i km che si separano la macchina.
Mi scorrono già i ricordi davanti. Già arriva la malinconia. Un pentolone di emozioni travolge la parte finale di questa avventura pazzesca. Arrivo alla macchina scarico di energie fisiche. Quelle mentali invece sono al loro apice.
Una grande stretta di mano corona quella che resterà sicuramente una delle più straordinarie avventure vissute. In questi giorni, prima di scrivere il racconto. Ho avuto modo di riflettere molto su chi siamo, su cosa abbiamo fatto. Continuo ad avere una considerazione bassa di chi sono in montagna. Qualcuno mi chiama alpinista ma io no mi sento affatto tale. Ma questi due giorni hanno rappresentato per me un grandissimo passo. Questo succede quanto mi rendo conto che quello che abbiamo fatto è speciale. Speciale per le nostre capacità ovviamente.
La soddisfazione più grande è aver trovato un territorio parso inesplorato. Tracciare nella neve, passare per posti sconosciuti, cercare la strada, trovarla. E’ stato pazzesco.
Non mi riprenderò facilmente da questa storia, l’ho vissuta davvero con tutto me stesso.
Comunque, sproloqui a parte, l’immancabile birra a Cimolais ha fatto continuare il nostro sogno. La foto delle nostre facce in macchina la adoro. Si legge tutto.
Eravamo talmente eccitati che neanche due ore di viaggio in macchina ci han fatto venire sonno.
E io sono ancora qui, che vivo la vita di tutti i giorni appesantito dal magone e dalla nostalgia per il weekend di compleanno.
Il compleanno più bello del mondo, ovviamente.
Zane

Il biv. Gervasutti sommerso dalla neve:

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-Come sarà la scalata di Adam Ondra nel 2030?
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Re: [Report] Trekking in Dolomiti d'oltre Piave

Messaggioda wolf jak » mer mar 10, 2021 22:17 pm

Grazie Scai, veramente un racconto godibilissimo :D
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