PIEDENERO ha scritto: Guarda, la storia dell'alpinismo è spesso di una tristezza infinita, quella dell'Eiger in particolare.
Mi stupisce che non si colgano le differnze fra 6 mesi di gravidanza e avere i figli a casa. Rifletti per cortesia.
Mi stupisce ancora di più un concetto fondamentale che mi pare facciate finta di non considerare e che è alla base della pratica alpinistica:
I rischi oggettivi
Puoi andare veloce quanto vuoi, essere al top della preparazione fisica e avere una "testa" incredibile ma i rischi oggettivi, quelli ci sono e non puoi non considerarli.
Quanto egoista e cazzone devi essere per non riuscire a rimandare una salita che mette a rischio il bimbo che hai in grembo?
Sarà un mio limite non comprendere ma in questo caso preferisco tenermelo, il limite.
Piedenero, l’esperienza personale che hai raccontato è la dimostrazione che i rischi oggettivi non li corri solo sull’eiger. Se poi hai le capacità di chi l’eiger lo sale in 3/4 ore, corri molti meno rischi di chi passa una giornata intera in coda sulla rampa deltorso al ciavazes o sotto i seracchi della normale al bianco o sulla nord della marmolada giocando alla roulette russa tra i lastroni ventati. Miei amici han salito l’eiger in giornata e si sono divertiti, e secondo me han rischiato la scorza molto meno di altri amici alle prese con un rumego di fondovalle o un banale pendio innevato.
Anche se continuo a non afferrare la differenza tra un bimbo in grembo e un neonato (ma anche un undicenne) orfano, stai tranquillo che rifletto, ma per me riflettere in questo caso significa ragionare oltre il “cosa farei io al suo posto” (di un tom o di una alison incinta). Primo perché lui/lei lo hanno fatto e io no, per mia scelta o incapacità o impossibilità (chissà un uomo incinto cosa penserebbe?
). Secondo perché ognuno è libero di autodeterminarsi, di sognare, e di vivere la propria vita come meglio crede.
Riflettere significa cercare di comprendere (che non equivale a giustificare) anche cosa possa girare nella testa e nei comportamenti altrui.
Alpinismo ed egoismo spesso vanno a braccetto, ok. Ma anche no. Estremizzando direi che al pari del fare alpinismo, anche il fare figli può spesso celare profondo egoismo. Basta leggere le cronache quotidiane.
Se per te la storia dell’alpinismo è spesso infinitamente triste, forse è perché come tu stesso hai scritto, hai un rapporto conflittuale con l’alpinismo.
Anche secondo me la storia dell’alpinismo, quello dei tempi della “conquista” delle grandi nord, delle grandi montagne, dei nazionalismi, da lammer a desio, è una pagina spesso triste. Ma fin troppo facile affermarlo oggi, decontestualizzandolo dalla società del secolo scorso. Ben più tristi e anacronistici trovo allora certi personaggi e certo alpinismo dei giorni nostri, ma non voglio finire offtopic.
Al pari ritengo però che l’alpinismo abbia riservato e riservi tuttora, anche se molto più raramente (e sempre più spesso fuori dai nostri confini, vedi piolet d'or), pagine di storia, imprese, e personaggi di carisma, grandezza e profondità di pensiero tali da trascinare molti giovani in questa passione, che poi per molti di essi (per me lo è stato) diventa totalizzante e gratificante come nessun’altra, e per un’intera esistenza, . E rischiando, ovvio.