Via Mooser - Lyskamm Occidentale

Alpinismo sulle Alpi ed extraeuropeo, ghiaccio, cascate ecc.

Via Mooser - Lyskamm Occidentale

Messaggioda MatthewAlpine » lun mar 17, 2008 19:21 pm

Ciao!

..qualcuno di voi ha mai fatto la Via Mooser (parete Nord-Nord-Est) al Lyskamm Occ. da pochi anni a questa parte? ..se si me ne date una descrizione?

..visto che la guida cai-tci ormai ha i suoi anni.

grazie ragazzi!
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Re: Via Mooser - Lyskamm Occidentale

Messaggioda Eionedvx » mer lug 15, 2020 19:38 pm

MatthewAlpine ha scritto:Ciao!

..qualcuno di voi ha mai fatto la Via Mooser (parete Nord-Nord-Est) al Lyskamm Occ. da pochi anni a questa parte? ..se si me ne date una descrizione?

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Re: Via Mooser - Lyskamm Occidentale

Messaggioda scairanner » mer lug 15, 2020 20:34 pm

Eionedvx ha scritto:
MatthewAlpine ha scritto:Ciao!

..qualcuno di voi ha mai fatto la Via Mooser (parete Nord-Nord-Est) al Lyskamm Occ. da pochi anni a questa parte? ..se si me ne date una descrizione?

..visto che la guida cai-tci ormai ha i suoi anni.

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aggiorna gugol sul tuo devais :mrgreen: (mi raccomando la vasellina se ci vai :mrgreen: )

LYSKAMM OCCIDENTALE m. 4477 I. G. M. (m. 4478 A. S.) Prima ascensione per il versante Nord-Est. — 5 Agosto 1927

Se si fa astrazione dalla traversata per il filo di cresta, le due sommità del Lyskamm, distanti fra di loro di circa 1 km., possiedono ciascuna le proprie vie d'accesso. Il versante NE. che domina e fiancheggia il Ghiacciaio del Grenz, è una parete di ghiaccio, molto ampia, dell'altezza di circa 700 metri, sulla quale, secondo le annate e le stagioni, la neve aderisce più o meno. La vetta orientale venne salita la prima volta per il versante NE. nel i 890 dalla carovana L. N orman Neruda, Ch. Klucker e Joseph Reinstadler, che utilizzò una nervatura rocciosa per la maggior parte della salita. A quanto mi consta, la seconda ascensione (la itaiiana) venne compiuta nel 1911, da Carlo Fortina con la guida Augusto Welf (Annuario C.A.A.I., 1911-12 Revue Alpine, XVII, pag. 354). La parete venne quindi vinta nel 1926 dai tedeschi Welzenbach e Dr. Wolter (i), senza guide; nel 1927, al principio d'agosto, salvo errore, il Dr. W. Kehl di Berlino, in 4 ore e qualche minuto, vinse il versante NE. con le guide Fritz Amatter e Fritz Suter. Finalmente il 3o agosto 1927 fu la volta dell'arrampicata fantastica (4 ore dalla crepaccia alla vetta) dei due tedeschi Hermann Hoerlin e Schneider. Se la comitiva del 1890 ricorse alla cresta rocciosa che si innalza nella faccia NE., le salite posteriori la evitarono. Nei nostri giorni l'uso dei ramponi permette infatti di manovrare più sicuramente sul ghiaccio e di preferirlo talvolta alle rocce di costituzione poco favore-vole e coperte di vetrato. Infine conviene not3.re che le condizioni dei versanti di ghiaccio furono in queste due ultime estati, straordinariamente propizie, tuttavia sia che si salga il versante NE. del Lyskamm orientale esclusivamente per ghiaccio, sia che si utilizzi la nervatura rocciosa, gli itinerari si confondono quasi, svolgendosi a pochi metri di distanza. Vista dalla Capanna Bétemps, la vetta occidentale, meno elevata, ma più vicina, è più impressionante ancora che la sua sorella orientale e, certo, non meno individuata! Se il suo fianco O. e quello NO. furono vinti parecchie volte, il suo versante NE. nel 1927 era ancora vergine. Per chi esamini dalla Capanna Bétemps, una nervatura rocciosa, dai fianchi nerastri, collega il Ghiacciaio del Grenz alla vetta occidentale. Nella parte inferiore tale nervatura ha una inclinazione di circa 600, invece nel terzo superiore essa diminuisce a 450. Vista dall'oriente, l'imponente nervatura si riduce ad un debolissimo tratto nero, che appena affiora nel biancastro profilo dell'implacabile pendio ghiacciato. Esaminata sia dall'E., sia dall'O., a circa metà altezza essa è interrotta da una massa di seracchi, che la strapiombano e la scavalcano verso ponente. Sui due lati di questo percorso subglaciale della nervatura, l'aspetto dei pendii laterali è scoraggiante. Da qualche anno la guida Kaspar Mooser di Taesch, era, come il sottoscritto dubbioso tra il desiderio di forzare una via sopra oppure lungo la nervatura, ed il timore di essere, se non stritolati da una caduta di seracchi, almeno costretti a retrocedere, una volta giunti alla base di tale punto critico. Come sempre avviene, il desiderio vince il timore e, dalla malattia del desiderio, il possesso solo ci guarì. Era necessario venire ad una risoluzione. La salita della vetta E. eseguita dal Dr. Kehl ci diede la spinta definitiva. Giammai avremmo potuto trovare ghiaccio e nevi in condizioni più favorevoli. Tale fu la conclusione di una intervista con il suddetto valoroso alpinista il quale qualche giorno più tardi, fatto forte da tale constatazione, si slanciò con fortuna alla con-quista del Monte Bianco per l'Aiguille Bianche seguendo un itinerario parzialmente nuovo. Una passeggiata preliminare allo Stockhorn — in questa occasione io feci la mia prima salita del Gornergrat — doveva darci occasione di avere una vista d'insieme sulla faccia NE. e, di dettaglio, sui terribili seracchi. Ci dimenti-cammo di portare con noi un binoccolo e il nostro esame risultò pertanto senza una portata pratica. Tutto ciò che venne fuori dall'osserva-zione fu che Mooser trovò ai seracchi una forma di « cuore », designazione che da allora in avanti nelle nostre conversazioni servì per rappresen-tare la nostra incognita. La montagna avrebbe avuto « buon cuore » oppure « cuore cattivo »? La giornata del 5 agosto ci diede la soluzione.

Giunti alla vigilia molto presto alla Capanna Bétemps, ci corichiamo i primi con l'intenzione di alzarci gli ultimi. Possiamo così allungare i nostri corpi sui pagliericci nel migliore cantuccio della capanna. Ci eravamo aggregati il giovane portatore ed aspirante-guida Joseph Aufdemblatten, di Taesch. Senza essere inquietati dai crepacci che un tappeto di neve compatta e dura ricopre ancora, il mattino seguente, col sole già alto, rimontiamo in fretta il Ghiacciaio del Grenz fino alla base della nostra parete, arrestandoci, alle 6,35, un poco all'E. della famosa nervatura rocciosa. Malgrado la temperatura molto dolce, in previsione d'un contatto prolungato delle nostre dita con il ghiaccio, ci umettiamo le mani con una pomata che in qualsiasi occasione si dimostrò molto efficace. Eccone la formula : vaselina bianca gr. 40 - cera bianca gr. 40 -canfora polverizzata gr. 0,5. Nessuna traccia di valanga : invece di gioire di tale indizio fortunato, un animo inquieto dichiara che meglio sarebbe stato che essa fosse già caduta invece di trattenersi al di sopra delle nostre teste. La neve di qualità eccellente, dura e bene aderente, ci convinse ad elevarci sulla sinistra della nervatura. Il « cuore » dei seracchi costituisce la chiave del problema, ed è con una certa angoscia che noi vediamo il loro rigon-fiamento sospeso là in alto. Tuttavia, come sempre, l'apprensione si trasforma in un alacre ardore. Il giovane Joseph è impaziente di misurarsi con le difficoltà ed i pericoli del pendio. Calzati i ramponi con cura, partiamo all'attacco. Due crepacce difendono molto male l'accesso del versante NE. poichè ponti massicci e solidi ci lasciano penetrare nell'agguato di ghiaccio che forse ci attende. Cinque minuti appena ci occorrono per passare da una crepaccia all'altra. Il pendio è ripido, anzi ripidissimo. Tuttavia noi saliamo molto in fretta, ed i ramponi ben aguzzi ci dispensano dal taglio degli scalini, mentre la piccozza è ridotta alla funzione di semplice punto d'appoggio. Ad un tratto qualche cosa fischia alle mie orecchie: fu il solo allarme di tutta la giornata. La nostra linea di salita è un po' obliqua. Difatti noi contiamo di guadagnare i seracchi, il « cuore », nel punto ove essi scavalcano la nervatura, per proseguire in seguito sulla « schiena d'asino » di ghiaccio che fa loro seguito. La struttura stessa del « cuore », benché sia ancora lontana là. in alto sulla destra, ci impone di seguire tale via. Osserviamo spesso le regioni superiori; da sinistra a destra vediamo qualche roccia che affiora (dalla quale senza dubbio è partito poco prima il proiettile fischiante ed invisibile), poi un muro di ghiaccio a picco, spaccato in alcuni punti e in altri rovinoso. La falda tende ad incurvarsi poco a poco e ad assumere la sezione di un imbuto : senza dubbio tutto ciò che cade, precipita o sprofonda vi viene cacciato dentro; noi accele-riamo la nostra marcia, tuttavia già veloce, ma dopo una buona e lunga notte di riposo ci si può innalzare presto e senza fatica. In un'ora abbiamo già, vinto più di 30o m. di dislivello. La neve, è vero, è di qualità eccezionale : una vera perfezione. Grida di trionfo attraversano l'atmosfera molto calma: sono gli « eroi del Monte Rosa », felici della loro conquista! essi urlano la loro fierezza di calpestare la seconda cima delle Alpi. Urla e jodels giungono fino a noi, poco atte-nuati; un pensiero di riconoscenza va a tali polmoni, a tali laringi possenti: ieri sera i 6o e più ospiti della Capanna Bétemps hanno mode-rato le loro voci, le loro parole al punto di lasciarci gustare un riposo perfetto ! Certe pallottole di cera (pallottole quies) introdotte nelle orecchie hanno contribuito a tali impressioni di silenzio. La nervatura, sulla nostra destra, fino a questo punto emergeva di ben poco dal ghiaccio; il suo carattere molto pronunciato sul suo fianco occidentale corrisponde ad un rientramento del versante, angolo rientrante consi-derevole. Adesso noi vediamo la nervatura scomparire sotto il ghiaccio. Un terribile profilo di un bianco luccicante prende il suo posto, strapiombo impressionante ma ancora bene attaccato. La nostra linea di salita, di più in più obliqua, trasformasi in marcia di fianco. Occorre accelerare l'andatura. Malgrado la nostra confidenza nelle architetture fantastiche che ci dominano, è urgente di evadere dall'imbuto conformato in modo troppo perfetto. Dobbiamo perciò aprirci una via attraverso il « cuore » il quale si trova ora completamente a nostra portata, sulla destra. Di colpo troviamo la via di minore resistenza. Certamente se fosse stato necessario di attaccarsi a quei seracchi più in alto o più in basso, giammai noi ne saremmo riusciti vincitori; ma, precisamente a nostro livello, esiste un passaggio. Ma quale passaggio... l'inclinazione è aumentata all'estremo e la neve, da qualche istante, ha ridotto notevolmente il proprio spessore e lascia ora affiorare il ghiaccio. La piccozza di Mooser, che grattava con delicatezza la superficie traditrice, sta per iniziare il lavoro dei grandi giorni. Ecco ormai il ghiaccio puro, così paventato! Ci troviamo immobilizzati sopra scalini che sono sempre più lunghi ad incidere. Con la spalla tocchiamo la parete levigata: talvolta è necessario staccare con grandi colpi di piccozza delle masse di ghiaccio che impediscono il passaggio della Sessanta, poi settanta e perfino ottanta colpi di piccozza sono necessari per ciascun scalino ! In un'ora non abbiamo avanzato che di 25 o 3o metri. Il leader si profila finalme: te sulla spalla. Per assicurare l'equilibrio sono di rigore gli appigli per le mani, appigli che, talvolta, servono non più come punti d'appoggio ma come punti di trazione, poichè Mooser incide gli scalini secondo lo scarto massimo delle sue gambe molto lunghe, che già altrove ebbi occasione di Esaltare. Per seguire il leader gigante, Joseph ed io dobbiamo contare sulle nostre dita ben aggrappate nello stesso tempo che sulle nostre gambe troppo corte. Ma siamo finalmente fuori dall'imbuto e l'unico pericolo è ormai solo più quello di scivolare. Disattenzione che, è vero, sarebbe la catastrofe senza dubbio, ma se sopra un muro di ghiaccio si manovra con calma ed attenzione, e soprattutto con pazienza, ogni cosa si svolge per il meglio. La nostra marcia di fianco si trasforma in salita ripida : Kaspar si avvicina alla « schiena d'asino » tanto desiderata. Cosa troveremo noi al di là? Neve, ghiaccio vivo, strapiombi? cresta di ghiaccio : « Wir haben ihn »: « la vetta è nostra ». Io mi affretto a raggiungerlo per vedere alla mia volta, poi Joseph, veloce e sicuro malgrado il suo sacco enorme e pesante, ci raggiunge... Più nessun ostacolo interrompe la via, se non, più in alto, un lungo crepaccio obliquo. Ci troviamo sul sommo della gobba dei seracchi paventati e all'inizio di un nuovo pendio coperto dalla migliore delle nevi. Il filo della cresta sonunitale si profila sul-l'azzurro, sagomato a depressione sulla sinistra del suo punto di unione con la nervatura oramai liberata dal ghiaccio. Quest'ultimo tratto della nervatura — dalla Capanna Bétemps essa sem-brava poco inclinata — è ripida, ripidissima. È qui una cresta ben individuata, ma ostile con le sue rocce foggiate a tetto e picchiettate di vetrato, cosicchè fino al loro termine noi le eviteremo seguendo una linea all' incirca parallela al loro asse. Una neve molle e pesante ricopre qui il ghiaccio la cui inclinazione non è, fortunatamente, troppo forte. Dalle 9 alle 9,45, liberi da ogni preoccupazione, facciamo una fermata, ed il nostro appetito ci permette di diminuire un poco il peso ed il volume del sacco del giovane Joseph. *** Fra l'itinerario di Norman Neruda ed il nostro, si frappone un profilo terrificante, dalle sinuosità ardite: è una cresta di ghiaccio la cui parte superiore è verticale, e in alcuni punti strapiom-bante ; al nostro livello essa si oscurisce in un azzurro nerastro. La nostra traccia si sprofonda nel vuoto, non molto lungi da noi. Alle to l'inclinazione decresce: noi la valu-tiamo a circa 300 . Quasi un ripiano! Con una esattezza degna di nota la carta topografica (A.S.) indica uno scarto molto, sensibile delle curve di livello. Il versante NE. della vetta orientale non ha l'equivalente di questo tratto pianeggiante, cosicchè, se la sua pendenza media potrà forse sorpassare in inclinazione quella del nostro itinerario, tuttavia io stimo che tale versante non abbiia dei tratti così ripidi come quelli vinti da noi. I 30o m. che dominano la crepaccia periferica, il « cuore » dei seracchi, sono certamente più impressionanti di tutto quello che può offrire di « sensazionale » la via Neruda. Per rivincita, l'ultimo tratto del nostro itinerario, benchè ancora assai in pendenza, non può certo rivaleggiare con la parte superiore della faccia NE. della cima principale. Ecco qui il lungo crepaccio obliquo. Per buona sorte, un ponte trovasi proprio sull'asse della nostra marcia ! Al di sopra, il pendio si raddrizza, e per un breve tratto, il ghiaccio puro compare di nuovo; non è che una contrarietà di breve durata. Bentosto i ramponi mordono così bene che la piccozza cessa il suo lavoro faticoso. Incontriamo una lunga distesa di neve con carattere particolarissimo : dura e granulosa, essa è foracchiata come una schiumarola. La buona Provvidenza sembra avere, con una curiosa erosione, preparata per noi una succes-sione di scalini, di anfrattuosità, per un'altezza e per una larghezza considerevoli. La cresta si avvicina : vi ammiriamo, proprio sulla sinistra, quello spigolo ben conosciuto, di una regolarità geometrica, che puntella la sommità principale. A destra, la nervatura nera e feroce limita il campo visivo; per contrasto con l'abbacinante splendore dei ghiacci, il cielo è di un azzurro intenso, d' un azzurro meridionale. Alle 11,15 perveniamo sulla cresta, la quale in questo punto s'inflette leggermente. Il verde delle vallate che ci appaiono improvvisamente, riposa la retina stanca : un istante lo sguardo si arresta incantato, rinfrescato, verso la ridente profondità. Poi, facendo un quarto di giro sulla destra, e seguendo tutto filo di cresta, noi ci affrettiamo verso la sommità occidentale, punto di origine, secondo noi, della nervatura rocciosa. Sommità falsa... La mèta appare ben più all'O.; ci indirizziamo verso un dosso bianco poi verso un altro e infine lungo alcune rocce ; dopo 15 minuti di una corsa folle ed impaziente, gettiamo sulla neve i sacchi: la cima occidentale è sotto i nostri piedi. Sotto un sole ardente, un'ora più tardi seguiamo la cresta fino alla vetta principale (m. 4532) : poi è la discesa facile sul Lysioch. Dove sono andate le famose cornici? * * * All'indomani lasciamo un po' prima dell'alba la bella e simpatica Capanna Gnifetti. In ore 8,40 guadagniamo la Nordend passando per lo Schwarzhorn, la Ludwigshiihe, la Parrot, la Punta Gnifetti, la Zumstein e le altre tre cime della Dufour. La nostra marcia rapida ci con-sente una fermata prolungata sulla Punta Dufour. Dal versante NE. del Lyskamm il mio sguardo corre alla parete O. della Zumstein, l'isola del nostro vasto panorama. Versante ancora vergine... ma di ciò parleremo nel prossimo capitolo. In riassunto, la salita del versante NE. del Lyskamm occidentale si rivelò, grazie alle con-dizioni eccezionalissime, facile, quasi senza peri-colo, e breve. Io credo che sia necessario consi-derare come fattore importante per la riuscita, la notte lunga e perfetta, la partenza tardiva dalla Capanna Bétemps e, finalmente, la temperatura deliziosa. Ricordo, con orrore, la mia ascensione nel 1925 al Lyskamm per il Colle del Felik. Con il naso leggermente congelato, con il mento seriamente in pericolo, sotto il freddo terribile ed il vento violentissimo, trascorsi un'ora nei paraggi di talericolle a farmi fregagioni ed a riscaldarmi, ricoverato in un vasto crepaccio ospitale !
E. R. BLANCHET
http://www.tecadigitale.cai.it/periodic ... 4_1928.pdf
-Come sarà la scalata di Adam Ondra nel 2030?
-Arrampicherò di certo. Spero di non scalare peggio di quanto non faccia ora...


-meno internet, più cabernet
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Re: Via Mooser - Lyskamm Occidentale

Messaggioda Eionedvx » mer lug 15, 2020 20:46 pm

ma l'hai trovato su gugol?
Madonna, ho capito che son mona, ma ho copia-incollato il titolo del post...

Non ho comunque capito una ceppa, se non che passa a destra della Neruda (che però è sull'orientale)
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Re: Via Mooser - Lyskamm Occidentale

Messaggioda Eionedvx » mer lug 15, 2020 20:49 pm

Trovata!

Immagine

Però questa esce sull'orientale e mi sembra abbastanza oggettivamente pericolosetta, sotto le cornici prima della vetta e per buona parte sotto i seracchi dell'occidentale!
(Cioè si salva la traversata appena sopra la terminale)
Immagino la via originale traversi verso destra superati i grandi seracchi sommitali.

P.s. che bello leggere i vecchi articoli Alpinistici! Che sapore!
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