Percezione dell?Alpinismo ? una questione di imprinting?

Arrampicata e alpinismo su roccia in montagna

Percezione dell?Alpinismo ? una questione di imprinting?

Messaggioda Enzolino » gio mag 20, 2004 14:54 pm

L?imprinting e? quel fenomeno in cui, nella fase iniziale dell?apprendimento, alcuni animali riconoscono come madre il primo oggetto in movimento, o come casa il primo ambiente in cui hanno vissuto ?

Quando iniziai a salire sulle rocce con le corde rubate nei cantieri legate alla vita, ignaro delle tecniche ultrasofisticate di 15 anni fa, mi sentivo un vero alpinista come quelli visti nelle foto in bianco e nero ?

Dopo qualche anno quelle stesse vie mi parevano dei ?sentieri verticali? e l?alpinismo si trasferiva su difficolta? maggiori. Tuttavia vedevo con repulsione le prime falesie spittate perche? facevano a pugni con l?idea di alpinismo che mi ero fatto ?

Per me l?alpinismo erano quelle iniziali sensazioni di scoperta e avventura vissute nei primi momenti, ed in essi mi ci trovavo come a casa. L?orizzonte si allargava ma cio? che caratterizzava l?alpinismo non erano le dimensioni della parete, ma lo spirito e le emozioni di quelle sensazioni iniziali. Guai a chi le metteva in discussione o chi voleva scalfire l?immagine idealizzata del dio alpinismo. Ed ecco allora che capitava di non condividere le opinioni di altri che etichettavano con questa parola ? alpinismo ? esperienze comuni o imprese realizzate da altri ?

Allora mi/vi chiedo: in che misura la nostra percezione dell?alpinismo e? una questione di imprinting e sino a che punto siamo disposti a cambiare la nostra visione nei confronti di esso?

Ciao

Lorenzo
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Messaggioda wn » gio mag 20, 2004 15:22 pm

Credo sia naturale, fisiologico, semplicemente normale che l'uomo, in una sua qualsiasi attività, superata la fase di apprendimento, si trovi ad adottare una forma di tale attività mediata dalla propria visione personale, dai propri gusti ed esperienze maturate, in quell'attività appunto.
Quindi anche "crescendo", maturando ed evolvendosi sempre nella pratica della citata attività (che poi, a monte di tutto, può essere il modo stesso di vivere la propria esistenza...) è naturale che si resti legati alla primitiva visione delle cose.
Poi, chi ha una certa apertura mentale accetta di mettersi in discussione e, se matura dei convincimenti diversi dalla visione iniziale, di rivedere il modo di mettere in pratica l'azione, chi invece è più rigido, ritiene che il mondo debba girare sempre allo stesso modo e, quindi, porterà avanti la pratica dell'azione come se nessuna evoluzione sia avvenuta.
POi, un tale discorso fatto su poche righe, non vuol dire in tubo: ogni attività esplicata tramite un'azione ha a monte dei postulati e dei processi logici che hanno diversi gradi di importanza e che quindi possono o meno essere modificati con l'evoluzione personale.
Ok, sono prolisso: in pratica, banalmente, SI siamo tutti figli della nostra "storia" e come tali agiamo, ma i cambiamenti di idee e quindi di azione è normale (ma non obbligatorio) che possano avvenire.
L'importante è dato dal mantenimento di una certa coerenza ed onestà.
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Re: Percezione dell?Alpinismo ? una questione di imprinting?

Messaggioda Davide62 » gio mag 20, 2004 15:47 pm

Enzolino ha scritto:L?imprinting e? quel fenomeno in cui, nella fase iniziale dell?apprendimento, alcuni animali riconoscono come madre il primo oggetto in movimento, o come casa il primo ambiente in cui hanno vissuto ?

Quando iniziai a salire sulle rocce con le corde rubate nei cantieri legate alla vita, ignaro delle tecniche ultrasofisticate di 15 anni fa, mi sentivo un vero alpinista come quelli visti nelle foto in bianco e nero ?

Dopo qualche anno quelle stesse vie mi parevano dei ?sentieri verticali? e l?alpinismo si trasferiva su difficolta? maggiori. Tuttavia vedevo con repulsione le prime falesie spittate perche? facevano a pugni con l?idea di alpinismo che mi ero fatto ?

Per me l?alpinismo erano quelle iniziali sensazioni di scoperta e avventura vissute nei primi momenti, ed in essi mi ci trovavo come a casa. L?orizzonte si allargava ma cio? che caratterizzava l?alpinismo non erano le dimensioni della parete, ma lo spirito e le emozioni di quelle sensazioni iniziali. Guai a chi le metteva in discussione o chi voleva scalfire l?immagine idealizzata del dio alpinismo. Ed ecco allora che capitava di non condividere le opinioni di altri che etichettavano con questa parola ? alpinismo ? esperienze comuni o imprese realizzate da altri ?

Allora mi/vi chiedo: in che misura la nostra percezione dell?alpinismo e? una questione di imprinting e sino a che punto siamo disposti a cambiare la nostra visione nei confronti di esso?

Ciao

Lorenzo

Leggerti è stato come leggere me stesso.
Sono convinto che, come per molte altre passioni viscerali, si nasce alpinisti, molti lo diventano e continuano proprio perchè, come si suol dire "ce l'hanno nel sangue".
Fondamentalmente la mia concezione di alpinismo non è mai cambiata, in questo mi sento vecchio e conservatore, per me la montagna da salire è prima di tutto un viaggio e un'esperienza.
Non potrei apprestarmi a fare una via importante con chiunque, perchè per conto mio la sento come una cosa intima, da condividere con chi conosco e stimo.
E' un discorso lungo e ho poco tempo mannaggia......
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la filosofia dell'alpinismo

Messaggioda Simo78 » gio mag 20, 2004 19:04 pm

Fa piacere che voi vi soffermiate a parlare di alpinismo nel momento in cui l'unica cosa importante , anche nell'alpinismo , è la prestazione;sottoprodotto della nostra cultura occidentale che non dà limite a nulla.
Provo anch'io un forte coinvolgimento dal momento che devo partire per un "viaggio" alpinistico.
Dico appunto un viaggio, perchè ne ho un rimando ancestrale:
verso l'ignoto,con persone di cui ho stima e fiducia ad inseguire la nostra natura selvaggia; benchè uomini addomesticati dalle nostre case e dalla televisione , qualcuno per qualche strano motivo si stacca dalla massa e preferisce l'infinità di un orizzonte sempre diverso che fà sognare altri viaggi,viaggi verso il cielo e la nostra parte selvaggia e incontaminata dall'economismo più sfrenato e dal consumo anch'esso senza limiti.
Il senso del limite appunto sta andando a farsi fottere insieme al vero alpinismo fatto di fessure, l'unica vera possibilità di salita offerta dalle nostre "madri" MONTAGNE.
Stupriamo loro e abbiamo il coraggio di lamentarci perchè non hanno più ghiaccio per farci salire; in realtà si stanno solo difendendo!
Insieme a questa immagine dell'alpinismo che ho confido a voi una mia speranza:
Dopo una travagliata "discesa" verso l'umiltà ,durante la quale ho maturato un ancor maggior entusiasmo verso un' alpinismo con senso critico del limite vorrei riprendere l'attività ,più o meno interrotta, con chi ha maturaro un concetto di limite umano, che lasci spazio alle relazioni anche al difuori dell'alpinismo.
Sono di Cormano, Milano Nord .
Fatemi sapere Ciao a tutti
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Re: la filosofia dell'alpinismo

Messaggioda simo il 4 CG » ven mag 21, 2004 15:28 pm

Simo78 ha scritto:Fa piacere che voi vi soffermiate a parlare di alpinismo nel momento in cui l'unica cosa importante , anche nell'alpinismo , è la prestazione;sottoprodotto della nostra cultura occidentale che non dà limite a nulla.
Provo anch'io un forte coinvolgimento dal momento che devo partire per un "viaggio" alpinistico.
Dico appunto un viaggio, perchè ne ho un rimando ancestrale:
verso l'ignoto,con persone di cui ho stima e fiducia ad inseguire la nostra natura selvaggia; benchè uomini addomesticati dalle nostre case e dalla televisione , qualcuno per qualche strano motivo si stacca dalla massa e preferisce l'infinità di un orizzonte sempre diverso che fà sognare altri viaggi,viaggi verso il cielo e la nostra parte selvaggia e incontaminata dall'economismo più sfrenato e dal consumo anch'esso senza limiti.
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Re: la filosofia dell'alpinismo

Messaggioda Davide62 » ven mag 21, 2004 15:41 pm

simo il 4 CG ha scritto:
Simo78 ha scritto:Fa piacere che voi vi soffermiate a parlare di alpinismo nel momento in cui l'unica cosa importante , anche nell'alpinismo , è la prestazione;sottoprodotto della nostra cultura occidentale che non dà limite a nulla.
Provo anch'io un forte coinvolgimento dal momento che devo partire per un "viaggio" alpinistico.
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verso l'ignoto,con persone di cui ho stima e fiducia ad inseguire la nostra natura selvaggia; benchè uomini addomesticati dalle nostre case e dalla televisione , qualcuno per qualche strano motivo si stacca dalla massa e preferisce l'infinità di un orizzonte sempre diverso che fà sognare altri viaggi,viaggi verso il cielo e la nostra parte selvaggia e incontaminata dall'economismo più sfrenato e dal consumo anch'esso senza limiti.
Il senso del limite appunto sta andando a farsi fottere insieme al vero alpinismo fatto di fessure, l'unica vera possibilità di salita offerta dalle nostre "madri" MONTAGNE.
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Insieme a questa immagine dell'alpinismo che ho confido a voi una mia speranza:
Dopo una travagliata "discesa" verso l'umiltà ,durante la quale ho maturato un ancor maggior entusiasmo verso un' alpinismo con senso critico del limite vorrei riprendere l'attività ,più o meno interrotta, con chi ha maturaro un concetto di limite umano, che lasci spazio alle relazioni anche al difuori dell'alpinismo.
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Messaggioda simo il 4 CG » ven mag 21, 2004 16:14 pm

scusa, hai ragione :oops: :oops: :oops: :oops:
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condivisione

Messaggioda Simo78 » ven mag 21, 2004 18:59 pm

Beh ho una proposta.
SE siamo così innamorati e abbiamo tante energie da usare per questo perchè non condividerlo assieme?
Filosofia Zen ragazzi, filosofia Zen...
La condivisione è l'unica cosa che ci possa salvare dal fondamentalismo occidentale!
Tu DAVIDE per le nord ci saresti?
Settimana prossima sono libero!!!!
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Re: condivisione

Messaggioda Davide62 » sab mag 22, 2004 14:25 pm

Simo78 ha scritto:Beh ho una proposta.
SE siamo così innamorati e abbiamo tante energie da usare per questo perchè non condividerlo assieme?
Filosofia Zen ragazzi, filosofia Zen...
La condivisione è l'unica cosa che ci possa salvare dal fondamentalismo occidentale!
Tu DAVIDE per le nord ci saresti?
Settimana prossima sono libero!!!!

Io ci sono eccome 8) , ti posto i tel. :wink:
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Messaggioda Simo78 » lun mag 24, 2004 12:18 pm

Fai in fretta perchè la settimana vola!!
A presto!
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Messaggioda cuorpiccino » mar mag 25, 2004 9:55 am

Posso dire di andare in montagna da quando sono nato (anzi, dall'anno dopo, perché sono del 29 luglio) con due genitori che facevano eperienza assieme a noi figli. Passeggiate, passeggiate, sempre più lunghe. Spesso siamo tornati di notte. Boschi, funghi. Quando ho cominciato ad arrampicare (nel '78 a 12 anni) non esistevano spit in falesia (che si chiamava palestra di roccia) e andare in montagna era l'evoluzione. "ritenuta naturale". Per noi fu veramente naturale. Non credo fosse incoscienza, ma non ho mai avuto problemi ad aver 500 m sotto il sedere, a camminare per andare all'attacco di una via o per tornare "alla base". E questo mi permette di capire anche la differenza e il valore nei diversi stili di alcune salite. Dopo, ho avuto la fortuna di vivere la "rivoluzione" dell'arrampicata sportiva.
Ma il mio "imprinting" come lo chiama Enzolino, mi ha lasciato una traccia indelebile, in primo luogo sono sempre rimasto affezionato all'idea che lo spit sta bene a casa, e non in montagna, e che aprire vie usando spit dovesse essere una cosa riservata a pochi, in grado veramente di andare oltre; in secondo luogo l'ambiente è sempre fondamentale, anche in falesia.
Ho sempre provato "dispiacere" a vedere linee possibili senza spit, sforacchiate da arrampicatori-"alpinisti" frettolosi, e ancor più avversione per quelle vie in montagna spittate per il popolo (non sto parlando di arrampicata sportiva in montagna, ma di 6a con spit ogni 3 metri, o di spit messi su una placca larga 3 metri e alta 5, tra due fessure di 3°, per segnare la via!).
Sempre affezionato all'idea che una salita in montagna va "guadagnata" attraverso un cammino (non camino) che non è mai banale.
E, credo, qui è la vera differenza tra alpinismo e arrampicata (più o meno) sportiva.
Poi stabilire un limite è cosa complessa, perché una via difficile, a spit lunghi, e voli obbligati, magari a chiodatura mista, con tratti sprotetti che su una classica avrebbero file di chiodi, cosa diventa?
Il più grande alpinista è quello che si diverte di più
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Messaggioda Davide62 » mar mag 25, 2004 10:08 am

cuorpiccino ha scritto:Posso dire di andare in montagna da quando sono nato (anzi, dall'anno dopo, perché sono del 29 luglio) con due genitori che facevano eperienza assieme a noi figli. Passeggiate, passeggiate, sempre più lunghe. Spesso siamo tornati di notte. Boschi, funghi. Quando ho cominciato ad arrampicare (nel '78 a 12 anni) non esistevano spit in falesia (che si chiamava palestra di roccia) e andare in montagna era l'evoluzione. "ritenuta naturale". Per noi fu veramente naturale. Non credo fosse incoscienza, ma non ho mai avuto problemi ad aver 500 m sotto il sedere, a camminare per andare all'attacco di una via o per tornare "alla base". E questo mi permette di capire anche la differenza e il valore nei diversi stili di alcune salite. Dopo, ho avuto la fortuna di vivere la "rivoluzione" dell'arrampicata sportiva.
Ma il mio "imprinting" come lo chiama Enzolino, mi ha lasciato una traccia indelebile, in primo luogo sono sempre rimasto affezionato all'idea che lo spit sta bene a casa, e non in montagna, e che aprire vie usando spit dovesse essere una cosa riservata a pochi, in grado veramente di andare oltre; in secondo luogo l'ambiente è sempre fondamentale, anche in falesia.
Ho sempre provato "dispiacere" a vedere linee possibili senza spit, sforacchiate da arrampicatori-"alpinisti" frettolosi, e ancor più avversione per quelle vie in montagna spittate per il popolo (non sto parlando di arrampicata sportiva in montagna, ma di 6a con spit ogni 3 metri, o di spit messi su una placca larga 3 metri e alta 5, tra due fessure di 3°, per segnare la via!).
Sempre affezionato all'idea che una salita in montagna va "guadagnata" attraverso un cammino (non camino) che non è mai banale.
E, credo, qui è la vera differenza tra alpinismo e arrampicata (più o meno) sportiva.
Poi stabilire un limite è cosa complessa, perché una via difficile, a spit lunghi, e voli obbligati, magari a chiodatura mista, con tratti sprotetti che su una classica avrebbero file di chiodi, cosa diventa?

Bravo.
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