da joecasello » lun set 12, 2016 11:40 am
da Eionedvx » lun set 12, 2016 13:10 pm
da Pié » mar set 13, 2016 10:06 am
Attesa
<<Cosa dici, andiamo anche noi?>> Il mio amico mi passa in mano due relazioni : una di una guida e l'altra di Alp. Lo guardo allibito: <<ma stai scherzando?!>>
Faccio un passo indietro. Tutto comincia una decina d'anni fa, quando due amici ci raggiungono in vacanza in Val di Fassa. Loro sono fortissimi, e sono venuti con l'intenzione di provare a ripetere una via della quale né il nome né gli apritori mi dicono niente. Questo almeno fino a quando non mi vengono date in mano le relazioni. Fanno paura. Anche guardando quella delle due più ottimistica, le difficoltà sono elevatissime. Al di là delle difficoltà tecniche e di quell'insufficiente scritto da parte alle voci soste e materiale in loco, quello che mi preoccupa veramente è la frase con cui il compilatore della guida descrive la via in questione: "ottimo banco di prova per la più lunga, ma non più difficile, via Attraverso il Pesce in Marmolada". La via del Pesce la conoscevo, invece, eccome. E questa frase mi spaventa parecchio. Il mio amico però mi rassicura: dice di non preoccuparmi perché lui si sente di tirarla, di non preoccuparmi dei gradi più alti perché c'è scritto che è possibile anche in artificiale e quindi sarà un "tiraciodi", poi che in caso di necessità ci saranno gli altri amici ecc.. ecc..
Va beh, piuttosto titubante accetto: <<ok, però tiri tu!>>.
La mattina seguente partiamo di buon ora, e ci avviamo lungo il sentiero che ci dovrà portare prima ad un bivacco e poi alla parete.
Sbucati fuori dal bosco ci troviamo in un bellissimo anfiteatro, al cui centro è posto il bivacco. Meraviglioso. Sulla sinistra la nostra parete, mamma che muro. Il freddo è pungente, saremo qualche grado sopra lo zero, così approfittiamo del ricovero per coprici e per individuare il punto d'attacco. La zona dell'attacco è evidente, quello che mi preoccupa è la compattezza della parete. Più ci avviciniamo, più la placconata si rivela ricca di buchi di ogni dimensione, ma di fessure, linee di debolezza e chiodi neanche l'ombra. Solo delle cenge interrompono la continuità delle placche. Un cordone in una clessidra, una quindicina di metri sopra noi indica la strada. Mi inizio a render conto che le difficoltà tecniche cominciano a non esser l'unico problema, e che quello vero della giornata sarà l'impossibilità di proteggersi. Intanto che rimugino i miei pensieri, parte il primo dei due amici: scala guardingo, ma elegante e deciso su questa lavagna verticale. Che bravo! Passa il primo cordone ed una sequenza di buchi lo porta ad una microclessidra, dentro la quale riesce a passare un cordino aperto che riannoda con una mano, sempre in libera. Fantastico! Il freddo si fa sentire, eccome, solo che ho finito le cose da mettermi su. Lo osservo cambiare mano sull'appiglio, mentre alternativamente si scalda la punta delle dita e cerca di intuire dove si debba salire. Sempre in libera. Il punto di arrivo è evidente, un diedro appena accennato, ma la placca compatta offre diverse possibilità. Alla fine parte e senza ulteriori protezioni arriva in sosta. Cavoli! un tiro, due protezioni..
Tocca ora al mio compagno a salire, in modo da arrampicare con la sicurezza di aver la loro corda vicino in caso di necessità. È bravo, molto bravo e lentamente arriva in sosta senza riuscire nemmeno lui ad aumentare il numero di protezioni.
Parte il secondo dei due amici e poi finalmente io. Non appena tocco la roccia le dita diventano insensibili per il freddo.. ma come cavolo hanno fatto a scalare?! Le difficoltà sono molto sostenute. Ai miei amici tutta la mia ammirazione, ma soprattutto tutta la mia ammirazione agli apritori, quei Maffei e Leoni, in questa occasione senza il terzo componente del trio, Frizzera, che allora neanche sapevo chi fossero. Non conoscevo neppure la storia di quegli alpinisti, di quelle salite, della loro filosofia, non immaginavo neanche che dietro quei nomi ci fossero gli autori di alcune delle più difficili vie delle Dolomiti. Buttarsi su una placca del genere, senza spit, solo con la propria determinazione, il proprio intuito e le proprie capacità è veramente qualcosa al di fuori dell'ordinario, da fuoriclasse. Arrivo al kevlar annodato dal mio amico nella clessidra.. ma come diavolo avrà fatto in libera?! Se non l'avessi visto coi miei occhi non ci avrei creduto!
Cercando di individuare le sequenze di movimento più facili arrivo in sosta. La placconata sopra noi prosegue verticale e compatta. Il mio sguardo si incrocia con quello del mio compagno, senza parlare ci siamo già detti tutto. Faccio un cenno per dire che si va giù, lui è d'accordo. Gli amici generosamente ci dicono che se vogliamo continuare ci possono aspettare, ma non avrebbe senso: questa è la loro via, per noi è troppo. Il mio compagno è molto più forte di me, ma qui esser forti non basta, bisogna esser fortissimi. Piantiamo un bong artigianale per rinforzare la sosta, salutiamo gli amici e ci caliamo. Arrivati al bivacco, li guardiamo passare il tiro chiave, li salutiamo a gran voce e ci avviamo verso il fondo valle dove ci attendono le nostre amiche. Al pomeriggio andiamo con loro ad arrampicare alla Città dei Sassi tanto per mantenerci un po' in allenamento.
Tra un tiro e l'altro, ogni tanto lo sguardo si ferma a guardare il cellulare, per vedere se compare il concordato squillo, ma niente. Il tempo passa, le occhiate al cellulare si fanno sempre più frequenti ma lo squillo non arriva. Torniamo a casa ed il silenzio del telefono si fa sempre più rumoroso, ma d'altra parte ci diciamo, mica è scritto da nessuna parte che debba esserci per forza campo. Il giorno inizia a far spazio all'imbrunire, il telefono continua a tacere e noi ora siamo preoccupati, è inutile nascondercelo. Alla fine ci guardiamo col mio amico, ok gli andiamo incontro, può esser che abbiano avuto problemi. Mentre parcheggiamo e ci avviamo lungo la forestale l'imbrunire cede il passo al buio. Dopo dieci minuti, un quarto d'ora che camminiamo vediamo due lumicini nel bosco, iniziamo a correre e ci troviamo con gran sollievo davanti ai nostri amici.
Ci raccontano dei problemi che hanno avuto in discesa con una doppia incastrata che gli ha fatto perdere un sacco di tempo, della salita che è stata bella, impegnativa e continua ma che è andata alla grande.. e del telefono si era scaricato col freddo! Mentre gli facciamo i complimenti, chiamiamo le nostre amiche per dirle di aspettarci in pizzeria perché ci sarà da festeggiare!
Era la prima volta che mi capitava di vivere l'altra faccia della medaglia della nostra passione, quella che vive chi aspetta a casa, e mi sono reso conto in quel momento che non è sempre facile.
Questo racconto vuole esser un piccolo omaggio a chi ci aspetta ed a quei meravigliosi Alpinisti che di nome fanno Graziano Maffei, Paolo Leoni e Mariano Frizzera.
da crodaiolo » mar set 13, 2016 14:25 pm
Pié ha scritto:...
da VECCHIO » mar set 13, 2016 14:39 pm
da scairanner » mar set 13, 2016 14:48 pm
da giordano metta » mer set 14, 2016 15:57 pm
da crodaiolo » mer set 14, 2016 16:11 pm
giordano metta ha scritto:...
spiace peraltro constatare che PM non dia risalto ad una notizia del genere dopo due giorni....
da basi » gio set 15, 2016 10:44 am
da tu » gio set 15, 2016 16:34 pm
VECCHIO ha scritto:...
Maffei, la mente, Leoni, il liberista, Frizzera, il piccolo indomabile....... che cordata ineguagliata forse ancora oggi qui da noi !
da alberto60 » ven set 16, 2016 8:38 am
da Achille_piè_veloce » ven set 16, 2016 11:41 am
da VECCHIO » ven set 16, 2016 14:32 pm
da scairanner » ven set 16, 2016 15:03 pm
Achille_piè_veloce ha scritto:http://www.planetmountain.com/it/notizie/alpinismo/paolo-leoni-se-n-e-andato-il-ricordo-di-pietro-dal-pra.html
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