Eccoci di rotorno (anticipato).
Il Cerro San Lorenzo è una delle meraviglie del mondo. Il versante est ha una parete lunga circa sette chilometri e altra da 1100 a 1700 metri. Tutta la parete è piena di seracchi, seracchetti e depositi di sassi in bilico, solo lo sperone sud, dove termina la cresta (nostro obbiettivo) ha un aspetto meno pericoloso, ma solo da lontano, visto da vicino non è affatto rassicurante. Tutta la parte sommitale è
decorata da una cornice di ghiaccio con lo spessore che varia da 80 a 100 metri e sporge di decine sul vuoto della parete.
Come conferma Rampikino, la parete è piena di pericoli oggettivi e non basta, l' isolamento e la distanza complicano molto l' approccio, specie se restano valide le attuali feerre leggi del parco: divieto di usare cavalli e divieto di passare per la valle che da sud raggiunge il pilastro.
Abbiamo fatto un' interessanrte sopralluogo. E' molto probabile che la nostra sia la prima esplorazione di tutta la valle glaciale (due ghiacciai con l' origine sotto la vetta del San Lorenzo). Abbiamo misurato che in linea d' aria la distanza tra il nostro campo avanzato e il campo base (dislocato nel Puesto San Lorenzo) superava i quindici chilometri. Praticamente tutti se morena e ghiacciaio senza sentiero, sempre su sassi mobili, pendii periclanti e per niente rassicuranti. Mai vista tanta quantità di detriti ammonticchiati e instabili.
Le fatiche delle due perlustrazioni (quella del tentativo più in basso, lungo il ghiacciaio e quella della cresta morenica laterale) ci hanno sfinito fisicamente e giunti in vista della parete ci siamo resi conto che
non era cosa. Oltre alla qualità della roccia dello sperone, per raggiungere l' attacco occorreva traversare il complesso ghiacciaio pieno di sassi e crepacci, salire una sconfinata rampa di morena e quindi una spalla di roccia marcia di oltre trecento metri di dislivello. Tutto questo conasiderando che avevamo lasciato un deposito intermedio con l' attrezzatura di arrampicata e quindi dovendo fare ancora un viaggio per il materiale.
La prima sera, appena montate le nostre tendine e sistemati per la cena, è iniziato il concerto di seracchi e scariche di sassi. Una musica tuonante che ci ha accompagnato anche di notte, a ritmi regolari. Lorenzo ha detto la frase che rimarrà nella storia, per lo meno la nostra: "Qui tutto si muove, speriamo non venga verso di noi!". A questo punto ci si è messo il vento e al secondo giono di campo ha mezzo distrutto una delle due tende. Nonostante fossino nasconsti dietro un grosso masso ed avessimo costruito un muretto a secco per proteggerci, sul ghiacciaio la situazione era insostenibile.
Per scender abbiamo avuto bisogno di un altro campo intemedio e un successivo viaggio per recuperare l' attrrezzatura lasciata al deposito, prima del ghiacciaio.
E' stata una fortruna decidere di mollare, i giorni siccessivi il meteo è cambiato, è venuta giù neve che ha imbiancato la meravigliosa parete e ha tirato il vento patagonico alla grande, se fossimo restati li ci avrebbe spazzati via, non c' erano posti riparati.
Nel complesso, nonostante la scalata fallita, la scoperta di un luogo così bello e incontaminato, lontano dalle rotte delle comitive di escursionisti ed alpinisti, ci ha soddisfatto ugulamente. La fatica è però stata grande, specie per me, ormai anziano e un po arruginito. Immaginate che solo per attezzare il campo base sono occorsi tre giorni di carichi e che la zona è un continuo guadare torrenti di acqua gelida. Più di una volta ho avuto paura che l' acqua vorticosa mi portasse via, con le mie gambette corte rischiavo il bagno e vi assicuro che il gelo alle gambe era terribile.
Un grazie a Davide62 per la puntuale cronaca
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