https://it.businessinsider.com/scontro-amministratori-ambientalisti-sul-progetto-di-ski-resort-da-150-milioni-allalpe-devero-ma-da-dove-arrivano-i-soldi/Scontro amministratori-ambientalisti sul progetto di ski resort all’Alpe Devero. E la provenienza dei soldi è un mistero
Andrea Sparaciari
A escursionisti, sciatori estremi e di fondo, virtuosi delle ciaspole o semplici amanti della natura, il nome Alpe Devero evoca immediatamente un lembo di Alpi ancora incontaminato. Ma quel paradiso è a rischio. Da mesi infatti si parla di trasformare questa fetta dell’Ossola – incastrata tra Svizzera, Alpe Veglia e Val Formazza, che ospita parte del Parco naturale Veglia-Devero e numerose zone Sic (Siti di interesse comunitario) – in un mega comprensorio in grado di attrarre centinaia di migliaia di turisti.
Il progetto da oltre 150 milioni di euro presentato dalla società San Domenico Ski intende unire la stazione sciistica di San Domenico (Alpe Veglia) con quella praticamente vergine di Devero. Il collegamente avverrebbe tramite una funivia che “sorvoli” la Val Bondolero, incidendo però sulla zona protetta del Monte Cazzola, nella quale si dovrebbero installare almeno due piloni.
La funivia metterebbe così in comunicazione le strutture già ristrutturate di San Domenico (un albergo tre stelle, un grand hotel, un centro benessere con piscina coperta e scoperta, l’impianto di risalita veloce da San Domenico al Dosso) con quelle da edificare sul versante del Devero.
Qui è prevista la ristrutturazione del diroccato albergo di Cervandone nel comune di Baceno, la costruzione di un parcheggio da centinaia di posti auto e di una cabinovia da Goglio a Baceno, nuovi impianti sciistisci in vetta, la creazione di negozi e attività commerciali.
Insomma, una rivoluzione copernicana: dal turismo contemplativo a impatto zero, a quello di massa del mordi e fuggi.
È più che comprensibile quindi lo scontro che vede investitori, amministrazioni locali e buona parte della popolazione da una parte, associazioni ambientaliste (Legambiente, Italia Nostra, Mountain Wilderness), Ente Parco e Commissione Interregionale Tutela Ambiente Montano Piemonte, dall’altra.
In mezzo, la Regione Piemonte, ancora indecisa in quale squadra giocare, stretta tra la tutela del territorio e il via libera a un progetto molto utile in chiave elettorale.
A complicare ulteriormente la situazione, il fatto che un masterplan definitivo dell’operazione ancora non è stato presentato. Tutte le informazioni su cosa si intenda fare in valle sono state veicolate dalla San Domenico Ski solo tramite documenti non ufficiali oppure a voce. Sono state organizzate anche assemblee pubbliche dove si sono rappresentate “suggestioni”, ma a oggi non è possibile leggere nero su bianco la lista degli interventi, il costo di ciascuna opera, i tempi previsti di realizzazione.
«Il masterplan c’è, eccome! È stato sviluppato con la Regione e i sindaci delle valli, ma visto che è un’opera importante, abbiamo preferito partire con una discussione aperta con i vari enti interessati», spiega a Business Insider, Andrea Malagoni, ad di San Domenica Ski «Abbiamo proposto alcune idee, vediamo che cosa rispondono le istituzioni. La Regione (che ha aperto un tavolo tecnico. ndr) si è detta disponibile a valutare il progetto strategico. La palla è nelle mani degli enti locali. Considerando che i quattro comuni interessati hanno sottoscritto un protocollo di intesa, possiamo dire che sicuramente c’è ampio consenso popolare intorno al progetto».In realtà sono in molti a nutrire seri dubbi, a partire dai tre albergatori che il 25 settembre 2017 hanno preso carta e penna e hanno scritto a Regione Piemonte, facendo esplodere il caso:
«Siamo operatori turistici che gestiscono da oltre vent’anni tre locande all’Alpe Devero, in comune di Baceno e con la presente, vogliamo comunicare la nostra contrarietà al progetto di collegamento degli impianti sciistici fra la stazione di San Domenico (Comune di Varzo) e la stazione in Alpe Devero (Comune di Baceno) via Monte Cazzola. Dall’istituzione del Parco Naturale siamo coinvolti, insieme all’Ente Parco stesso e alla Regione Piemonte, nella creazione e nello sviluppo di un’area capace di distinguersi e di risaltare in tutto l’arco alpino per la sua unicità e stato di conservazione, peculiarità che in questi anni hanno attratto turisti sempre più numerosi e attenti a queste caratteristiche. Vogliamo fortemente proseguire questo percorso di sviluppo e tutela ambientale. Siamo infatti convinti che la bellezza e la salvaguardia di questo luogo avranno nell’immediato futuro un valore sempre maggiore a beneficio dell’Alpe Devero, del Comune di Baceno, della Provincia del Verbano Cusio Ossola e della stessa Regione Piemonte. Crediamo che la realizzazione di questo collegamento comprometterà inesorabilmente la bellezza di queste montagne e il modello di sviluppo perseguito in questi anni, rendendo l’Alpe Devero una località turistica alpina uguale a tante altre».Ma molte domande vertono anche sugli investitori: in molti infatti si chiedono chi metterà i 150 milioni previsti dall’operazione. Di sicuro si sa solo che a controllare la San Domenico Ski è la finanziaria svizzera Mibafin, amministrata da Franco Silvio Malagoni, padre di Andrea, capostipite della famiglia varesina che dal 2009 ha rilevato la stazione sciistica di San Domenico.
Oltre ciò, è il mistero, poiché Mibafin (cioè i Malagoni) si è sempre rifiutata di svelare l’identità dei propri soci. Un silenzio che ha dato la stura alle voci più disparate, alcuni hanno anche ipotizzato che si tratti di oscuri capitali russi…
«Sono considerazioni assurde», ha risposto Malagoni Jr,
«noi lavoriamo per una società svizzera che ha dietro investitori privati attivi nel turismo da anni. Non capiamo tutta questa curiosità, anche perché non impattiamo su risorse pubbliche».«Sapere di chi sono i soldi è fondamentale», ribatte Nicola Pech, alpinista e ambientalista di Mountain Wilderness, una delle voci più critiche del progetto,
«vogliono fare una brutta copia di Cervinia e non dicono chi paga? Ma è normale? Il timore è che i fondi possano finire a lavori iniziati ma non finiti? Chi assicura che porteranno a termine le opere. Inoltre, tutte le stazioni sciistiche italiane sono in crisi e vivono solo gazie alle sovvenzioni statali. Non si capisce perché questi sconosciuti finanzieri vogliano investire tanto in un modello di business ormai superato».Per Pech
«il vero piatto forte è il marchio Devero. Il resto delle opere promesse, come la funivia Goglio-Devero, sono opere accessorie, fatte balenare per ottenere il via libera delle istituzioni al collegamento San Domenico-Devero. È puro marketing senza alcuna sicurezza».Chi invece non nutre alcun dubbio, sono i sindaci dei paesi interessati, come il primo cittadino Pd di Baceno, Stefano Costa. Un sì motivato dalle possibili ricadute economiche e occupazionali promesse dalla San Domenico Ski. Una manna in tempi di vacche magre per gli enti locali. Solo a Baceno l’investimento previsto è di circa 20 milioni, tra ristrutturazione dell’albergo comunale, costruzione della funivia Goglio-Devero, sistemazione dei vecchi impianti di risalita in quota.
«Non siamo impazziti. Per esempio il paese ha il problema della strada: dal 2000 quella esistente è sottoposta a pericolo frana, tenerla aperta ci costa 130 mila euro l’anno. Se mi propongono una funivia che può fare accedere all’alpe il turismo mordi e fuggi bloccando il grosso delle auto a valle, per me è una riqualificazione totale».Per Costa il discorso è semplice:
«Questa è la zona è deve Regione Piemonte per anni si è fatta bella delle sue politiche ambientali, mentre nel resto del territorio ha concesso di tutto. Questa politica ha pagato finora, ma adesso si deve cambiare. Da sindaco devo assicurare un futuro alla valle. Gli ambientalisti sono contro per partito preso, dicono: “A Devero non si deve toccare nulla”, ma questo non basta più. A protestare è gente che non abita qui, che ci viene in gita la domenica a godere della natura incontaminata».E poi c’è la questione occupazionale:
«Con questo progetto parliamo di circa 600 nuovi posti di lavoro realistici. A San Domenico ne hanno già creati oltre un centinaio», continua il Sindaco.
Numero altissimi se rapportati alla realtà alpina, posti di lavoro continuativi, visto che l’obiettivo dichiarato da Malagoni è di voler realizzare un comprensorio attivo 12 mesi l’anno:
«non si tratta di uno sviluppo solo per la stagione della neve. Nessuno vuole snaturare l’ambiente, ogni area ha la propria identità che deve essere conservata. Nessun intervento sarà tra l’altro fatto nel parco naturale», ha dichiarato pubblicamente l’investitore.
Ma proprio qui sta uno dei nodi centrali del contendere: secondo i progetti, alcuni degli impianti previsti dovrebbero invece ricadere se non all’interno del parco, sicuramente nelle aree Sic, zone protette dall’Unione Europea. Non solo, il collegamento San Domenico-Devero insisterebbe in una porzione di territorio inserita anche nella Rete Natura 2000 della Regione, dove è fatto esplicito divieto di “realizzare nuovi impianti di risalita a fune e nuove piste da sci”.
Secondo Paolo Crosa-Lenz, presidente Ente di Gestione delle Aree Protette dell’Ossola, tanto basta per rendere il piano irrealizzabile:
«Un Parco Naturale non potrà mai dichiararsi proponente e favorevole a un progetto che porta a un collegamento via fune tra la vetta del Monte Teggiolo e Baceno, passando per San Domenico, Bondolero e la vetta del Monte Cazzola, pur riconoscendo il valore e l’utilità dell’opera di compensazione della funivia proposta tra Goglio e Devero. Qualsiasi forzatura in merito sarebbe una “manipolazione genetica” rispetto al DNA istitutivo del Parco», ha detto chiaramente a Business Insider.
Per il sindaco di Baceno, invece, non c’è contraddizione tra norme e progetto:
«Nelle aree già oggi dichiarate sciabili dai piani regolatori o inserite nelle varianti che i quattro comuni della valle stanno approvando, sono ammesse razionalizzazioni o adeguamenti dell’esistente, non sono invece ammessi nuovi impianti. E per noi gli interventi previsti sono tutte razionalizzazioni».
In ogni caso, conclude Costa sibillino,
«se c’è la volontà e l’accordo di tutti, per un’opera così importante, si possono andare a vedere e puntualizzare le normative». E proprio quel «puntualizzare e rivedere» che fa correre un brivido freddo nella schiena di molti amanti della montagna.