So di rischiare una scarica di pedate nel posteriore da quella montagna umana testarda e granitica di Caio, ma, gli piaccia o meno, a questo punto DEVO rendere pubblico il SUO riassunto dei fatti... Al quale credo come si crede ad una persona amica che si conosce da anni.
Sarà anche un orso cacacazzi, un brontolone, uno spaccaballe... Ma ci ha regalato circa 500 e passa vie a Traversella... E con i suoi soldi e ben pochi - quasi inesistenti - sovvenzioni ha sempre provveduto a chiodare, mettere in sicurezza, dotare di soste e di anelli di calata la palestra, rendendola quella che conosciamo.
Claudio non è solo il Caio dei Comix (di per sé una meraviglia), ma un noto grafico pubblicitario nonché autore di guide di arrampicata. Sarebbe anche mille altre cose, come suo fratello, che al Piazza ha dedicato 25 anni di vita...
Come spesso capita, un rifugio viene di sovente identificato con il gestore...
E non ci vedo nulla di male...
Pensate se salite al Duran, si dice "passiamo da Soro"...
Se salite la Rosalba "si va dal Mauro".
All'Antermoia siamo andati per anni "dall'Almo".
Sembra talvolta che alcune sezioni proprietarie delle strutture siano invidiose della "notorietà" dei rifugisti" ed invece di gioire della loro disponibilità, soffrano del fatto che questi "vivano (quindi guadagnino, peraltro poco)" del proprio lavoro...
A questo punto si dovrebbe ampliare il discorso, allora, a chi di montagna "vive" e non la pratica "per puro piacere" quagliottesco.
Torniamo a noi...
Eccovi il resoconto della querelle aggiornata al 13 gennaio 2017, 16.32,dalla pagina facebook di Claudio Getto.
https://www.facebook.com/claudio.getto? ... ED&fref=nfA voi leggerla e farvi un'idea.
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Se qualcuno si e' perso qualche pezzo, se non si e' capito qualche cosa o se si pensa che la versione spacciata dal presidente della sezione del Cai di Ivrea (tranquillamente e beatamente accettata, sposata e difesa dall'associazione in molte sue figure di rilievo) sia quella giusta ecco un riassunto della vicenda del rifugio Piazza nella lettera che gli oramai ex gestori, Gianni e Davide, hanno voluto scrivere:
Ciao a tutti e auguri di buon anno da Gianni e Davide.
Come ben sapete abbiamo lasciato la gestione del rifugio dopo un lungo ed estenuante confronto con la proprietà e cioè con la sezione del CAI di Ivrea.
Per spiegare e chiarire alcune cose, di cui non tutti possono esserne a conoscenza, è meglio riassumere in sintesi la nostra storia e quella del rifugio Piazza…. “in sintesi” per modo di dire, riassumere 25 anni di gestione non si può in poche righe.
L’inizio della storia
1990. Bruno Piazza chiama Gianni Getto (già gestore del rifugio Chiaromonte, in Valchiusella) per offrirgli la gestione del nuovo rifugio, in cambio della disponibilità a lavorare come volontario alla ristrutturazione della vecchia baita e di un versamento cauzionale di 5 milioni di lire, nel frattempo Gianni gestisce il rifugio G. Jervis (del Cai di Ivrea), al Pian del Nel, sopra Ceresole Reale (Valle dell’Orco).
Il nuovo rifugio, secondo le intenzioni della sezione, nasce come punto di appoggio per gli scalatori che si recano alla palestra di roccia del Cai di Ivrea a Traversella.
Il Rifugio Piazza
1992. Nonostante il decesso prematuro di Bruno Piazza, ideatore ed anima del progetto, si riescono a terminare i lavori, grazie al grande impegno dei volontari e ad inaugurare il rifugio.
Il rifugio, una vecchia baita ristrutturata, da subito mostra evidenti limiti sia strutturali sia di attrezzature e viene consegnato al gestore con alcune differenze rispetto al progetto iniziale (nella zona notte solo 2 camerate invece di camerate e camerette).
Gianni parte con entusiasmo, forte della sua passione culinaria e del titolo di accompagnatore di alpinismo giovanile appena conseguito, puntando principalmente su una clientela che, con la scusa di una facile e breve camminata, sarebbe salita in zona per passeggiare e usufruire della sua ospitalità. Di arrampicatori se ne vedono pochi e quei pochi non giustificherebbero sicuramente l’apertura di un rifugio.
Fortunatamente comincia a frequentare la palestra di roccia Davide Caresio che inizia ad attrezzare alcune vie insieme ad un gruppo di amici appassionati e volenterosi, rendendosi conto del potenziale di quel sito di arrampicata.
Qualche anno dopo, coraggiosamente, Davide lascia il lavoro per buttarsi sul progetto rifugio e diventa socio di Gianni nella gestione del medesimo.
Coinvolto da Davide, un paio di anni dopo la “malattia” della chiodatura colpisce gravemente anche Caio (fratello di Gianni) che comincia ad attrezzare, pulire e manutenere la palestra di arrampicata con una costanza e produttività impressionanti.
Forte delle sue professionalità e delle sue capacità grafiche Caio realizza da li a poco la prima guida di arrampicata di Traversella.
L’epoca d’oro
La palestra di roccia ed il Rifugio Piazza cominciano a prendere forma ed efficienza.
Iniziano così anche le nostre proposte alla proprietà del CAI per realizzare insieme le innovazioni e le migliorie di cui il rifugio ha bisogno: le tende, il piazzale, il capanno attrezzi, le tettoie, l’ area per bambini. In accordo con la Sezione i lavori vengono da noi realizzati e i costi dei materiali vengono scalati dal canone di affitto.
La ruota comincia a girare: noi progettiamo, eseguiamo i lavori, pubblicizziamo ed organizziamo eventi.
I risultati si vedono: l’incremento di arrampicatori anche stranieri, di scuole, di escursionisti e di semplici ‘merenderos’ è progressivo e costante.
Le idee si moltiplicano: arriva un logo per il rifugio, nasce il sito, il collegamento internet, il marchio di qualità, la pubblicità anche al di fuori dei confini nazionali, il nuovo settore di arrampicata per i bambini (geniale idea Caio nel 1998, fra le prime di questo genere in Italia), una piccola area di arrampicata al coperto, il continuo aumento delle strutture sfruttate e delle vie di arrampicata, le nuove edizioni della guida.
Si realizza così una rivoluzione del modello di turismo e di gestione di un rifugio nato con ambizioni sicuramente più modeste.
Il rifugio e la palestra vivono in questi anni il loro periodo migliore e, questo genera inevitabilmente anche le prime gelosie da parte di qualche membro della sezione, anche se fortunatamente prevalgono coloro che ci stimano e il rapporto di collaborazione per realizzare in comune accordo continui miglioramenti alla struttura non viene meno.
I primi problemi
Nel 2010 Davide torna al suo vecchio lavoro e arriva Andrea, apportando nuova linfa ed energia.
La crisi economica incomincia però a farsi sentire: la realizzazione della palestra a Montestrutto, la richiodatura di altre falesie della zona (Paretone Machaby, Cesnola, Mont Carogne) deviano gli arrampicatori anche verso altre mete; il calo dei corsi di arrampicata e l’aumento di richieste di ospitalità in camerette (di cui il rifugio non dispone) va ad incidere negativamente sui pernottamenti al rifugio; anche il tempo meteorologico ci mette del suo.
Le entrate cominciano a diminuire in modo significativo proseguendo una flessione che ormai da tre anni aveva cominciato a farsi evidente.
Si rende necessario adeguarsi ai tempi che cambiano e offrire sempre nuove idee per potere confrontarsi con quelle nuove realtà che, sfruttando talvolta il modello stesso messo in piedi presso il “Piazza” negli anni precedenti, nascono e si sviluppano in linea con i tempi e con il vantaggio della novità.
Con l’allora ispettore rifugio e con il comune di Traversella, si progettano interventi mirati e condivisi cercando di accedere a finanziamenti europei (bagni esterni, camerette o bungalow, area giochi per bambini, migliorie sentieri accesso, interventi sulla palestra di roccia, cartellonistica).
Purtroppo il progetto non riesce ad ottenere i finanziamenti sperati.
La crisi
Contemporaneamente la sezione del CAI di Ivrea decide di allontanare l’ispettore rifugio e questo ruolo rimane vacante per un certo periodo di tempo.
Il ruolo dell’Ispettore del Rifugio è un ruolo chiave nel rapporto fra la Sezione del CAI e la gestione del medesimo. Questo, grazie alla conoscenza dei luoghi, della struttura e delle problematiche che la gestione del rifugio comporta, dovrebbe mediare fra gli interessi di una proprietà, che raccoglie i soci del CAI che della montagna hanno una visione ricreativa e una gestione che rappresenta una realtà turistico-commerciale.
Purtroppo l’ispettore che viene al fine scelto non dispone di questa competenze, non aveva frequentato il rifugio prima di allora e la difficoltà di rapportarsi con questa persona con la quale non c’era alcuna sintonia, rende i rapporti con la Sezione sempre più difficili.
Il vuoto si trasforma in un abisso e iniziano i problemi.
Andrea, stufo e deluso, lascia e viene nuovamente avvicendato da Davide, nella speranza che qualche cosa possa cambiare. Si rinnovano le richieste di interventi sulla struttura ormai obsoleta, ma il confronto ed il dialogo che, seppur con diversità di vedute, erano sempre esistiti si eclissano trasformandosi in una totale mancanza di considerazione.
Ogni proposta di intervento da parte nostra viene bloccato, e ogni nostra richiesta invece di essere vista come una volontà di migliorare la struttura, viene interpretata come le fastidiose necessità di chi ha trasformato il rifugio e la palestra di roccia in casa propria.
Il tracollo di rispetto e fiducia si manifesta pesantemente negli interventi degli ultimi tre anni, quando persone che non hanno praticamente mai vissuto il rifugio decidono gli interventi da fare senza neanche condividerli con chi, quel rifugio lo conosce da prima che nascesse e lo vive e ci lavora da 25 anni.
Fine 2015 riceviamo una e-mail dall’ispettore che ci ricorda… “siamo nella stessa barca e occorre rivalutare il rifugio anche con l’aiuto della sezione che organizzerà corsi, cene ed eventi”.
Una speranza rischiara i nostri giorni.
Contemporaneamente viene cambiato l’ispettore rifugi.
Forse si torna a dialogare.
Increduli e speranzosi speriamo che il peggio è passato, ma da lì a due mesi arriva la bomba che incrinerà definitivamente i rapporti…
Il Muro della discordia
A nostra totale insaputa, senza alcun coinvolgimento su progetto e tempistiche ci viene comunicato, con una telefonata pochi giorni prima, che sarebbero cominciati i lavori per il rifacimento del muro a secco adiacente al rifugio.
L’intervento su questo muro, che visto dall’esterno potrebbe sembrare poca cosa, è stato invece particolarmente denso di significati e in esso si riassume la ragione della nostra amarezza per la definitiva compromissione dei rapporti fra Gestione e Sezione del CAI.
Il muro a secco necessitava di una sistemata e noi stessi avevamo contattato esperti muratori locali che, per un intervento di consolidamento, chiedevano un ventesimo (20 volte di meno !!!) di quanto è stato speso per un lavoro decisamente sovra-dimensionato.
Alla base del muro è anche stato deciso, unilateralmente e senza il minimo consulto, di modificare l’area verde che rappresentava l’unico spazio dove bambini e ragazzi potevano giocare e scorrazzare tranquillamente e a qualche famiglia di sdraiarsi al sole.
Con la scusa di mettere il terreno in piano, la zona è stata rialzata (creando una piccola scarpata), ridotta in dimensione e resa più difficilmente fruibile a causa del ‘piede’ del muro.
Prima, durante e dopo i lavori non si è mai vista la figura che avrebbe dovuto valutare un intervento così importante dal punto di vista economico.
Come se non bastasse i lavori si sono prolungati di cinque settimane rispetto al tempo previsto, creando notevoli disagi durante il Periodo Pasquale che era stato di conseguenza coinvolto.
In un momento nel quale sarebbero stati prioritari ben altri investimenti e dove ogni spesa dovrebbe essere valutata meticolosamente ottenendo il meglio nel rapporto costi/benefici, senza nemmeno interpellare i gestori è stato deciso di intervenire su un muro a secco tralasciando le vere esigenze del rifugio… esigenze ripetutamente presentate dai gestori e sistematicamente deluse.
Alla luce di questo lavoro ci è parso evidente che noi non contavamo nulla perché non siamo stati minimamente coinvolti. Sentire il parere di chi lavora lì da 25 anni ed ha ben chiare le necessità, i bisogni e le criticità ci sembrava il minimo per continuare un rapporto onesto e corretto!
Dal giorno dell’inaugurazione ad oggi (1992-2016), non è mai stato fatto alcun intervento per migliorare la struttura e di conseguenza la fruizione del rifugio… a parte la costruzione di una tettoia ottenuta dopo dure battaglie.
In 25 anni tante cose sono cambiate anche nelle esigenze dei fruitori del rifugio e le esigenze primarie erano rappresentate dalla realizzazione di bagni all’esterno, di camerette o di piccoli bungalow.
Tutte cose fattibili con un po’ di buona volontà e magari con l’aiuto di quei 40.000 euro buttati in un opera tanto sovra-dimensionata quanto inutile.
Fine della storia
Da qui è storia recente, a Luglio abbiamo mandato una lettera alla sezione comunicando la nostra intenzione di terminare la gestione con la scadenza del contratto (2016), con unica clausola di essere esautorati dal pagamento dell’ultimo canone in cambio del lascito di una serie di nostre attrezzature indispensabili per il prosieguo della gestione.
A conferma che non aspettavano altro non c’è stata una ben che minima domanda o telefonata di spiegazioni, bensì una semplice e glaciale presa d’atto, che si è confermata nella riunione in sede CAI di Settembre.
La riunione, a nostro avviso la più importante della storia del “Piazza”, ha visto presenti meno della metà del consiglio, ed erano assenti proprio quelli con i quali avremmo voluto chiarire la causa di tanti problemi e della nostra decisione di lasciare.
Il presidente ha giustificato le assenze dicendoci che in questo modo la riunione “sarebbe stata più sbrigativa!” (!!!), una riunione in cui si percepiva solo la fretta di chiudere un capitolo di 25 anni e la trasformazione di un problema reale, di valori, di scelte, di sinergie, di considerazione e di riconoscimenti in un banale e sconcertante scontro regolato solo da antipatie personali.
La questione era quindi ufficialmente chiusa.
Accettate (di buon grado) le nostre “dimissioni”, la gestione del rifugio B.Piazza, da parte nostra, si sarebbe conclusa con la chiusura del rifugio a fine Novembre 2016.
Fine.
Come è normale le voci girano e il fatto che la gestione di Gianni fosse giunta al termine
(Davide avrebbe comunque lasciato) suscita sgomento, sorpresa e profondo dispiacere.
La gente ne parla e viene spontaneamente aperta una pagina su Facebook dal titolo “Quelli che vogliono che il rifugio B.Piazza continui con Gianni Getto”. La pagina è stata pensata ed aperta da Davide Enrione (ingegnere, guida alpina, socio della palestra di arrampicata K3 di Ivrea e.. ovviamente, estimatore di Gianni e di tutto quello che gravita attorno al rifugio).
In pochi giorni aderiscono a questa pagina circa 1.300 persone e Caio, come fratello del gestore, dopo essere stato invitato ad entrare nel gruppo da Silvia Biava, chiede di essere messo tra gli amministratori solamente per cliccare sul bottone “accetta” delle centinaia di persone che quotidianamente volevano farne parte. Amministratore come Davide Enrione, Gianni Raguso, Isabella Bretti, Dedo Muzio.
Gianni, della pagina, ne viene a conoscenza dopo una decina di giorni perché’ non ha un account Facebook e perché’ l’uso dei social non è mai stato un suo interesse (pare impossibile ma esiste ancora gente che non utilizza questi strumenti di comunicazione, la pagina Facebook del Rifugio infatti è gestita da Caio).
Sulla pagina i commenti sono sostanzialmente di sostegno e apprezzamento per la venticinquennale gestione e di sicuro non mancano le critiche alla sezione del Cai di Ivrea.
La maggioranza dei commenti sono pacati e chi scrive ci mette il proprio nome e cognome. Qualche intervento un po’ più pesante non viene a mancare; “… ma è la pancia dei social mio caro!” .
La conseguenza di questo gruppo Facebook, è stata quella di spingere le parti in causa, con la mediazione della Commissione rifugi del CAI e dell’AGRAP (Associazione Gestori Rifugi Alpini e posti tappa del Piemonte), a sedersi nuovamente ad un tavolo di trattativa per valutare la possibilità di un ripensamento reciproco e di un accordo per proseguire la gestione
Ci presentiamo all’incontro ma subito ci rendiamo conto che il clima non era assolutamente quello che auspicavamo.
Dopo una breve introduzione che ci sembrava perseguire il vero scopo dell’incontro (lasciare perdere i contrasti del passato e gli errori commessi un po’ da tutti e rivolgersi al futuro pensando al bene del rifugio), la riunione si trasforma in un duro processo nei nostri confronti e verso Caio, accusati di aver creato quel gruppo su Facebook, di aver versato fango sul Cai e benzina sul fuoco.
Nonostante fosse chiaro e limpido a tutti chi avesse aperto quella pagina e con quale intento, per il Cai i “colpevoli” erano i fratelli Getto.
Secondo il Cai l’80% degli interventi su questa pagina erano infamanti (non è assolutamente vero, basta andare a leggerli!) e Gianni avrebbe dovuto prendere subito le distanze, dissociarsi da questa iniziativa e fermare tutto.
(…a questo punto vale la pena fare una piccola digressione….. In primo luogo, come già scritto, Gianni non ha un account Facebook e NON HA LETTO una sola riga di ciò che è stato scritto, in secondo luogo, visto che la gestione era ufficialmente terminata, perché’ mai avrebbe dovuto dissociarsi da chi sosteneva e approvava il lavoro da lui svolto in 25 anni?!
La questione era chiusa, la gestione finita e avrebbe lasciato il rifugio… doveva dissociarsi da chi parlava bene di lui e criticava i comportamenti della sezione di Ivrea? Dopo tutto quello che era successo?)
Di fronte a questo duro e ingiustificato attacco, invece di lasciare il tavolo a fronte di accuse del tutto false, Gianni ha accettato che venisse portata in consiglio la proposta condivisa con l’AGRAP di continuare la gestione con un nuovo socio (da trovare) in modo tale che nei successivi tre anni ci fosse una sorta di affiancamento e lenta consegna della gestione. Il presidente del Cai di Ivrea si dimostra subito assolutamente scettico, comunicando che avrebbe portato questa richiesta al consiglio ma che difficilmente sarebbe stata accettata poiché’ Gianni (sempre a causa della pagina Facebook di cui non aveva alcuna responsabilità!) era oramai irrimediabilmente inviso alla sezione.
La notte porta consiglio e Gianni, il giorno dopo, comunica al presidente AGRAP che a causa del clima riscontrato nella riunione torna alla decisione di lasciare definitivamente… l’astio nei confronti del gestore era troppo evidente e la situazione irrecuperabile.
Non si è assolutamente voluto guardare all’ottimo lavoro svolto in 25 anni, riconosciuto da tantissime testimonianze, lasciando che una questione così importante venisse governata da antipatie personali e da una pagina Facebbok aperta qualche settimana prima.
Non ha avuto alcun peso e alcun valore il fatto che una piccola baita ristrutturata nei pressi di una palestra di roccia in totale abbandono (con circa 20 itinerari di salita) si trasformasse, nel tempo, in un punto di riferimento a livello europeo grazie al binomio rifugio-palestra di roccia: un rifugio gestito in maniera eccellente e una palestra di roccia con oltre 520 vie di arrampicata, tutto questo grazie ad un “sistema rifugio” creato dai gestori e che ha coinvolto ed appassionato anche altri soggetti.
Siamo stati accusati di “esserci fatti i soldi”… di lavorare poco (cit. “in fondo 40 ore settimanali sono ben altro”)… di credere di essere “a casa nostra” ….. e di avere eseguito troppi interventi di miglioria senza l’autorizzazione della sezione.
L’importante, per il Cai, era che la sezione di Ivrea ne uscisse a testa alta. Se poi si riusciva anche a screditare la gestione, tanto meglio…. e per questo si è strumentalizzata la questione Facebook raccontando cose non corrispondenti alla realtà.
Ogni cosa ha un inizio ed una fine…peccato sia finita così freddamente e superficialmente.
La storia, la fatica, la passione, i valori, non contano più.
L’invidia, la gelosia ed il saper parlare del “ nulla” in certi ambienti sono valori vincenti.
Sia chiaro, nessuno è perfetto e anche noi, negli anni probabilmente abbiamo fatto degli errori, ma è il quadro complessivo che va valutato. Quello che nel tempo è stato costruito.
Siamo comunque stati fortunati e ripagati ampiamente da tutto il resto, soprattutto dalle innumerevoli belle persone che questa avventura ci ha dato la possibilità di conoscere.
Grazie veramente di cuore a chi ha lavorato con noi in questi splendidi anni rendendo possibile e vivace questa realtà…..e a chi ha sperato fino all’ultimo in un finale diverso*************************************************************
...Se tuti i bechi gavesse un lampion... Gesummaria che iluminasiòn!
Canto popolare veneto