Trattasi di una vetta cimoliana secondaria ma ben nota per la sua accessibilità, che però fino a pochi giorni fa mancava alla mia collezione di cime facili.
L'occasione di salirla mi si è presentata grazie ad una fortuita coincidenza che mi ha fatto conoscere Dario, una persona speciale che non si può fare a meno di trovare a prima vista simpatica. Il fatto poi che egli sia un frate cappuccino fa sì che questa simpatia si estenda, nel mio sentire, all'intera categoria che egli rappresenta, e in particolare a Rino, suo saltuario compagno di scorribande alpine. Rubicondo e gioviale il primo, pacato e bonario il secondo, appassionati escursionisti entrambi, incuriositi dai luoghi montani meno noti e scontati, praticanti entusiasti, nei pochi ritagli di tempo che gli oneri del servizio concede loro, di un andar per monti che considerano l'unica (o quasi) "debolezza" umana cui non vogliono rinunciare.
E così eccoci tutti e tre in viaggio, un venerdì, per quella cima.
Giunti al primo guado del torrente Cimoliana, scopriamo che traversarlo in auto sarebbe un rischio: l'acqua del fiume affiora dalla ghiaia fine e smossa, l'auto tende a sprofondare. Decidiamo di parcheggiare dunque prima del guado, anche se mancano ancora 3 chilometri (e 200 m di dislivello) all'ultimo parcheggio alle soglie del rif. Pordenone, dove avremmo dovuto in teoria arrivare. Sono le 8 di mattina, è fresco e si cammina bene, dunque questo contrattempo non ci disturba troppo.
A Pian Meluzzo, all'attacco del nostro sentiero
Arrivati pertanto a piedi fino al vuoto parcheggio finale, prendiamo a destra verso la sassosa valle Ciol de Mont, chiusa nel fondo proprio dalla nostra cima che si presenta sorprendentemente innevata a dispetto della sua modesta quota (m. 2253).
La cosa comincia un po' a impensierirmi, credo sia ormai di pubblico dominio la mia avversione per questa bianca seccatura, quest'anno purtroppo assai ingombrante ovunque. Ci incamminiamo dunque per la pietrosa valle, dove gentili ometti ci conducono indicandoci la via del minimo disagio tra le tormentate ghiaie.
In val Ciol de Mont; alla testa della valle ecco il Ferrara
Attorno alla quota 1500 il sentiero compie una brusca curva verso destra attraversando il torrente: qui calpestiamo la prima lingua di neve prima di inerpicarci a salire ai limiti del bosco.
Eccomi mentre guardo schifato il primo lurido attraversamento
In vista dell'innevato canalone terminale del Ciol de Mont
La traccia è umida per il continuo stillicidio causato dagli scioglimenti superiori, e appare stanca e disfatta. Un visibile franamento ci costringe presto a un breve aggiramento. Più sopra la traccia ospita un vero e proprio torrente. Poco oltre la neve invade il sentiero rendendolo non più individuabile.
Saliamo con una certa fatica per neve tra gli alberi assopiti, un po' a vista, un po' a naso, un po' con l'occhio al GPS, in direzione della forcella della Lama da cui si diparte la cresta che conduce al Ferrara. Una solitaria madonnina in una bianca radura, a un tratto, ci conforta rassicurandoci sulla giustezza della nostra direzione.
Salendo in cerca della traccia
Il versante nord-ovest del Ferrara
Poi continuando a salire gli alberi si diradano e la neve lascia spazio a tratti scoperti, dove si rinvengono i resti di segnaletiche cadute. L'impressione è che ci sarà molto da fare quest'anno per porre rimedio ai numerosi danni prodotti da quest'inverno, per molti versi anomalo, appena trascorso.
Segnaletica abbattuta in prossimità di f.lla della Lama
L'amena conca che anticipa f.lla della Lama
Traversando l'ultimo pendio prima di f.lla della Lama
Arrivati in cima al pendio, l'attraversamento di una conca innevata ci porta infine alla forcella, dove alcuni ometti indicano la via della cresta in direzione sud-est.
Grossi ometti indicano la via del monte
Ce la faremo con tutta questa neve? Ci proviamo. Salendo constatiamo che qui la neve tiene poco, fa caldo e, pur non sprofondando troppo, il passo rischia di scivolare sullo strato superficiale ormai disfatto. Salendo però la cresta presto cambia direzione presentando una sempre più marcata esposizione a sud, dunque più in alto appare rocciosa e pietrosa, finalmente libera.
Sulla cresta rocciosa
La cresta nei pressi dell'anticima
Vista su Spalti e Monfalconi
Il lontano protagonista ruba la scena
Raggiungiamo così l'anticima con ometto, scendiamo alla forcella che dà accesso alla cima principale, pietrosa ed erbosa, che risaliamo infine con facilità.
Dopo l'ultimo intaglio della cresta si leva il torrione della vetta principale
L'anticima vista a ritroso
Salendo l'ultimo pendio
Siamo in vetta a mezzogiorno.
I protagonisti dell'impresa
Non sto a descrivere qui il superbo panorama a tutto tondo che si gode da questo privilegiato pulpito. Dico solo che affacciandomi alla cresta nord-est trovo visibile conferma all'ipotesi che per quella via si possa scendere alla forcella sommitale del canalone Ciol de Mont, punto terminale della traversata delle Cime Postegae che già percorsi col Kala alcuni anni fa. Ricordo che quella volta, giunti alla forcella, il Ferrara ci apparve subito raggiungibile da quel lato per mughi e per verde e poca roccia. E anche stavolta dunque, guardando dall'alto, l'impressione di allora pare confermarsi.
La cresta che scende a nord-est verso la forcella del Ciol de mont
Il pendio che scende a sud-est; nel fondo, sulla radura, la casera Bregolina Grande
Restiamo in cima una mezz'ora, e poi ridiscendiamo rifacendo a ritroso la stessa strada dell'andata.
Discesa lungo la cresta
Sulla sassaia basale del Ciol de Mont, ultimo saluto al Ferrara
La bocca di un accumulo nevoso, dalla quale sgorga il torrente dopo essersi scavato la via
Una obbligatoria sosta dalla Rosa a Cimolais, quattro chiacchiere con l'imperdibile guru cimoliano, e poi via nel rientro verso il "travaglio usato" d'ogni giorno.
E anche se potranno a volte apparire dure e scomode le necessità del servizio che questi miei due nuovi amici quotidianamente svolgono, auguro loro di poter sempre usufruire di questo benefico caricabatterie alpino che, a quanto ho potuto constatare, costituisce abbondante fonte di quell'energia fisica e mentale che loro necessita, e che solo se ne saranno ben provvisti potranno trasferire anche a chi dal loro servizio trae quotidiano beneficio.
P.S.
Al ritorno, scendendo a piedi lungo la strada, scopriamo che in giornata è stato posato un manufatto di cemento che permette il transito nel punto cruciale dove la mattina abbiamo fermato la nostra auto. Una ruspa sta giusto terminando i lavori in quel momento, dunque adesso la valle è tutta transitabile in macchina.