Forse varrebbe la pena di creare un argomento a parte da dedicare alla gente che di montagna vive ancora: troveremmo analogie interessanti dalle Alpi, alle Ande alla catena dell'Himalaya. Io che vado in montagna per diletto resto sempre colpito quando vedo la fatica di chi vive delle poche risorse che la montagna da, dalla fatica nascosta nei paesaggi, dalla povera gente che sa ancora sorridere.
Ho passato il Natale nei villaggi sopra la valle sacrada del Cusco, dove la popolazione dei Quechua vive: 3.500-4.000 metri di sudore e fatica e mi sono vergognato di aver pensato di salire al Pachatusan, montagna che sta di fronte alla valle. Pachatusan: i pilastri di Pachamama. Alla terra i contadini offrono le loro primizie, dal primo raccolto al primo sorso di birra che si beve. Con questa terra continuano un rapporto millenario in equilibrio con le poche risorse date. Non sò quanto dureranno perchè già i loro figli li ho visti a valle, a Cusco, gli sguardi vuoti, persi in internet alla ricerca di cose viste nel nostro mondo ed a loro negate, senza memoria della loro storia. E noi continuiamo a salire queste montagne ignorando il dramma che sotto i nostri occhi si sta compiendo. Basterebbe poco. Basterebbe ricordarli, ricordare che Quechua non è il nome di una famosa marca sportiva.
Senza la memoria della storia non si va da nessuna parte: nè noi nè loro. I volontari che mi hanno ospitato queste cose le sanno bene e volevo condividerle con voi. Non c'è bisogno che tutti spendano dieci anni di vita tra i campesinos peruani come loro hanno fatto.
Basterebbe ogni tanto pensarci.
Di fronte al Pachatusan
Valla sacrada
Aratura
Doposcuola
Chacra