Riflessioni sul rischio in arrampicata

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Riflessioni sul rischio in arrampicata

Messaggioda wolf jak » ven feb 17, 2017 17:24 pm

Mi è capitato tra le mani questo scritto. Spero di non far cosa sgradita all'autore postandolo qui, ma sono parole molto belle che mi è venuto voglia di condividere e, magari più tardi, di commentare (magari senza fermarsi in maniera sterile su longe o similia, ma cercando di capire il senso del discorso che è certamente di più ampio respiro).


Partendo dall'esperienza personale, Elio Bonfanti propone alcune riflessioni sull'alpinismo, l'arrampicata e i loro rischi.

Chissà attraverso quali percorsi mentali ci si avvicina alla montagna ed all’arrampicata. Insomma a procedere non su un piano orizzontale ma su un piano verticale. Di colpo cambia tutto la percezione dell’ambiente, del proprio corpo, della propria mente e delle proprie paure. Nella notte dei tempi il ragioniere o l‘impiegato (usiamo questi stereotipi) affrontavano un “rodaggio” lunghissimo che durava mesi, talvolta anni e durante questo rodaggio imparavano a conoscere i loro limiti, sceglievano i compagni, cementavano amicizie e qualche volta riuscivano anche a fare delle salite degne di essere inserite in un curriculum. C’era qualche rivista specializzata che narrava le avventure di eroi senza macchia e senza paura che erano però ad una distanza siderale dal ragioniere (mi viene questo esempio ma certo non in senso dispregiativo) che nemmeno lontanamente pensava di poter emulare tali imprese. Le previsioni meteo erano quelle che erano e la loro affidabilità era più legata al fiuto di ognuno che a quanto il colonnello Bernacca annunciava in Tv. Anni addietro ero solito dire che per andare in montagna era bene partire con il brutto tempo in quanto questo malefico non avrebbe potuto far altro che migliorare. Effettivamente spesso era così e le uniche finestre che si conoscevano erano quelle di casa e non quelle promesse da un quasi infallibile sito meteo.

Oggi la notte dei tempi è solo più un ricordo per vecchi, e con l’avvento di Internet l‘esperienza personale è andata a farsi benedire. Non voglio essere frainteso e ritengo che Internet sia un formidabile strumento che ha contribuito ad avvicinare alle discipline verticali migliaia di persone. Questo ha però ridotto in modo drastico la distanza tra i fuoriclasse e gli sportivi della domenica abbassando in qualcuno di noi la soglia di attenzione e di autocritica. Quella salita l’ha fatta Riccio 61 e dice che è buona. A beh allora vado anch’io (sì ma Riccio 61 cammina sul 7a da proteggere e tu non lo sapevi…). Finestra di bel tempo di 24 ore? Parto! La goulotte l’hanno percorsa ieri ed è tracciata, tre ore di avvicinamento otto ore per la salita, tre/quattro per scendere ci stiamo dentro alla grande. Ma quel giorno qualcosa è andato storto le 15 ore sono diventate di più è stato necessario un bivacco imprevisto. La finestra si è chiusa e siamo rimasti tutti fuori.

Dato che su certe vie che contavano due o tre ripetizioni all’anno oggi ci sono le code mi viene da pensare che probabilmente siamo diventati tutti dei fenomeni o che molti di noi si prendono dei rischi inaccettabili. Nella scorsa stagione autunnale mi risulta che sulla via dei Polacchi alla nord delle Jorasses l’elicottero della gendarmeria francese fosse di casa a recuperar cordate che non riuscivano a superare il tratto chiave della via. Stiamo parlando di un itinerario che ci sarà pur una ragione se ha sempre contato pochissime ripetizioni, siamo sulla nord delle Jorasses non sul campanile di val Montanaia che per quanto bello non è certamente in un ambiente paragonabile. Mi pare che un'onda di banalizzazione stia pervadendo l’ambiente. Ormai, oltre a me, chi non ha fatto la nord dell’Eiger? D’altronde è una via del 1938 cosa volete che sia…! Noi stessi portatori sani di vita non sappiamo quanto valore essa abbia. Quanto la nostra vita possa incidere positivamente sul mondo e sulle persone che ci circondano per andare a giocarcela facendo dentro e fuori da una finestra o appendendola a un micronut o, peggio ancora, andando slegati per rocce. Nessuno di noi è Dave Mac Leod, il primo che mi viene in mente che dopo aver girato il famoso video del micronut si è fracassato la caviglia (ma pochi lo sanno )

Guardando le fotografie di anni addietro ho visto che molti di noi, me compreso, andavano spesso in giro senza il casco, forse perché ci sentivamo protetti da un aura di invincibilità e nulla ci sarebbe potuto succedere. Poi quando in quelle fotografie siamo rimasti sempre in meno il dubbio che questa invincibilità non fosse poi proprio tale ha iniziato ad instillarsi in me. Alla spicciolata molti, troppi, amici mi hanno detto arrivederci e la maggior parte di loro senza essersela cercata…alcuni tra quelli rimasti con tanta pazienza mi hanno spiegato la differenza che c’era tra me ed un professionista, non solo in termini di prestazioni ma anche in termini di approccio. Un professionista doveva e deve far parlare di sé facendo delle realizzazioni, invece un poveretto come me se fosse precipitato durante una solitaria, oltre ad accopparsi, si sarebbe beccato pure del cretino (per non scrivere di peggio).

In questo senso sarebbe importante che le scuole di alpinismo (delle quali anch’io ho fatto parte) insegnassero alla gente la prudenza e l’amore per la montagna insieme alla tecnica arrampicatoria. Che insegnassero agli allievi ad andare in montagna in sicurezza e per conto loro piuttosto che portarli a fare salite che alla fine soddisfano più l’ego dell’istruttore che lo scopo per il quale l’allievo si è iscritto ad un corso. Non sto facendo di ogni erba un fascio, fortunatamente non sempre è così, e ci sono in giro per l’Italia realtà splendide ma molto spesso, forse troppo spesso, l’insegnamento viene confuso con l’accompagnamento.

Quanti rischi abbiamo corso e quanti piccoli miracoli hanno dovuto fare molti angeli custodi per farci diventare adulti. Poi, da adulti, le scelte si fanno più sagge, meno montagna più falesia. Più falesia uguale a meno rischi. Vero niente: la falesia è uno dei posti più pericolosi al mondo perché la routine la fa da padrona. Ho visto gente precipitare al suolo per non aver moschettonato tutte le protezioni in loco. Ho visto gente precipitare al suolo per aver moschettonato tutte le protezioni in loco (ma che erano posizionate a distanze errate). Ho visto gente precipitare al suolo per aver moschettonato tutte le protezioni in loco (perché alcune di queste erano mal resinate o erano affette dal Pitting ). Ho visto l’arrampicatore da 75 chili con la fidanzata di 55, lui quasi a terra e lei sollevata e sanguinante al primo chiodo. Ho visto l’arrampicatore da 8a arrivare a terra perché l’assicuratore distratto si era accorto tardivamente che la corda da 70 metri non bastava per tiri da 40. Piuttosto di vedere quello che usava al contrario l’auto bloccante. Arrampicare è un attività pericolosa e non è vero che chi la pratica lo fa a suo rischio e pericolo, perché coinvolgendo altre persone può diventare un rischio sociale (concedetemi di allargare esagerandolo il senso del termine). Nella fattispecie negli anni '80, a Finale, un ragazzo tedesco mi precipitò addosso rompendomi una spalla ed altri vari pezzetti del mio corpo perché al “Cucco” aveva deciso di arrampicare slegato. Sfiga mia che ero li? Forse, ma di certo io fui molto fortunato lui purtroppo un po' meno...

Mi sono reso conto che questa ondata di "sufficienza" ha contagiato anche me. Così mi è capitato di sorridere vedendo un caro amico che, dopo essersi legato, ripercorreva con il dito l’esatta costruzione del nodo, e che prima e dopo ogni sessione di arrampicata faceva stretching. Ho sorriso talmente tanto che per non essermi scaldato a dovere sono riuscito a rompermi una puleggia dell’anulare e, per un errore di manovra, sono precipitato nel vuoto per 35 metri. Sì avete letto giusto: nel vuoto per 35 metri; negli occhi ho ancora gli occhi del mio amico in sosta, nelle orecchie la sua disperazione, nel cuore l’amore delle persone che mi circondano a cui avrei dato un grande dolore dicendo loro: è finita! Da morto non sarei servito più a niente e a nessuno, nemmeno l’espianto degli organi dopo una certa età ha più un senso... ed ora che non so perché sono vivo, spero, avendo scritto queste quattro sciocchezze, di avervi messo in guardia dal mettere in gioco la vostra vita con leggerezza.

Fatevi prendere per il culo, ma in falesia mettete sempre il casco, cadere a testa in giù è un attimo. Fatevi prendere per il culo ma usate sempre una longe per autoassicuravi in sosta per fare manovra e non usate i rinvii, mai! Fatevi prendere per il culo ma imponete a chi vi assicura di stare il più possibile sotto alla parete, altrimenti assicuratelo da qualche parte in modo che non vi accompagni nella caduta. Incazzatevi se chi vi assicura si sta perdendo nel blu degli occhi di un'avvenente fanciulla. Siate sempre ipercritici con il vostro comportamento pensando che questo potrebbe cagionare dei danni ad un vostro simile. Siate davvero adulti.

Tito io non ti conoscevo ma mi hai fatto raccontare questa storia che tenevo lì da tanto tempo. Spero che tutti ti ricordino per sempre e che da lassù ci aiuterai ad essere migliori.

Un abbraccio
Elio Bonfanti
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Re: Riflessioni sul rischio in arrampicata

Messaggioda VECCHIO » ven feb 17, 2017 21:08 pm

Sì,
checché se ne dica il rischio non è un fattore controllabile con una esperienza basata quasi completamente sulla tecnica.
Ma il mondo ora va così: va per normative, certificazioni e patentini.
E si vedono sempre più spesso "incidenti inspiegabili" purtroppo ben comprensibili.
Ma la ruota gira sempre e cambieremo un'altra volta.
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Re: Riflessioni sul rischio in arrampicata

Messaggioda otttoz » sab feb 18, 2017 21:57 pm

grazie wolf jak
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Re: Riflessioni sul rischio in arrampicata

Messaggioda wolf jak » mer giu 07, 2017 17:32 pm

torno sul punto "falesia + casco" (con la funzione cerca mi pare che questo topic sia il primo risultato)

video di Verhoeven https://www.instagram.com/p/BVA6H9yjboL ... gverhoeven

articolo su PM dal titolo un po' sensazionalista ma forse nemmeno troppo http://www.planetmountain.com/it/notizi ... imber.html

N.B: anche se è arrampicata trad, un volo simile in falesia a spit sarebbe finito uguale. E non parliamo certo dell'ultimo dei pippon climber della domenica. Può succedere a chiunque, e indossare il caschetto non sposta di una virgola la prestazione.
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Re: Riflessioni sul rischio in arrampicata

Messaggioda Danilo » mer giu 07, 2017 20:02 pm

wolf jak ha scritto:......... e indossare il caschetto non sposta di una virgola la prestazione.

mmmmh....
mmmmh....
tutto giusto,
il caschetto và sempre indossato per la propria incolumità ma su quest'ultima affermazione potrebbe iniziare schiudersi una delle piccole ma deliziose porticine della psicanalisi applicata.
io non ci giurerei...
il forum è morto
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Re: Riflessioni sul rischio in arrampicata

Messaggioda VECCHIO » mer giu 07, 2017 22:04 pm

Stavo guardando la TV e nel girovagare sono giunto a un film "gratuito" totalmente.
Ho spento la TV, ma grazie a quel film mi è venuta una idea:
Non è che il casco sia una specie di preservativo?
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Re: Riflessioni sul rischio in arrampicata

Messaggioda wolf jak » mer giu 07, 2017 23:12 pm

VECCHIO ha scritto:Stavo guardando la TV e nel girovagare sono giunto a un film "gratuito" totalmente.
Ho spento la TV, ma grazie a quel film mi è venuta una idea:
Non è che il casco sia una specie di preservativo?



Dai VECCHIO, giochiamo.

Perché mai il casco dovrebbe essere un contraccettivo?
Perché lo indossano solo le teste di ...
Perché le donne non si concederebbero a coloro i quali lo indossassero?

La tua "battaglia" contro il caschetto proprio non la capisco...


@Danilo: ma sai che forse hai ragione? Molta gente senza il casco scala meglio, perché si concentra di più. Un po' come quelli che non sanno scalare con la corda dall'alto perché non ci mettono più la stessa concentrazione.
Ma se ci pensi bene, diventa solo una questione mentale e di autodisciplina: meglio allenare la testa, che togliere il casco, non trovi?
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Re: Riflessioni sul rischio in arrampicata

Messaggioda dang » mer giu 07, 2017 23:18 pm

wolf jak ha scritto:
VECCHIO ha scritto:Stavo guardando la TV e nel girovagare sono giunto a un film "gratuito" totalmente.
Ho spento la TV, ma grazie a quel film mi è venuta una idea:
Non è che il casco sia una specie di preservativo?



Dai VECCHIO, giochiamo.

Perché mai il casco dovrebbe essere un contraccettivo?
Perché lo indossano solo le teste di ...
Perché le donne non si concederebbero a coloro i quali lo indossassero?

La tua "battaglia" contro il caschetto proprio non la capisco...


@Danilo: ma sai che forse hai ragione? Molta gente senza il casco scala meglio, perché si concentra di più. Un po' come quelli che non sanno scalare con la corda dall'alto perché non ci mettono più la stessa concentrazione.
Ma se ci pensi bene, diventa solo una questione mentale e di autodisciplina: meglio allenare la testa, che togliere il casco, non trovi?


Il casco da realmente fastidio solo quando fa caldo.
Poi laggente non lo mette altrimenti abbatte l'autostima. :lol:

Negli ultimi anni in falesia tendevo a metterlo, proprio per proteggere la testa in cadute tipo quella riportata nel video.
Nel filmato ill fatto che il tiro fosse trad in realta' non c'entra una mazza.
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Re: Riflessioni sul rischio in arrampicata

Messaggioda crodaiolo » gio giu 08, 2017 1:06 am

io lo metto
il casco,
sempre.

me ne fotto del fatto di risultare spesso l'unico a farlo in tutta la falesia,

e me ne strafotto di qualunque ragione possa portare
un VECCHIO a non farlo.

so bene perché lo faccio
e ricordo benissimo il perché non lo facevo:
dicesi scelta maturata.

detto ciò...
l'unico metodo infallibile per non farsi male è quello di astenersi dall'agire,
e a tanto non sono ancora arrivato.
inciampa piuttosto che tacere
e domanda piuttosto che aspettare
...
alla fine, è solamente un gioco
a cui a volte tendiamo a dare troppa importanza.
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Re: Riflessioni sul rischio in arrampicata

Messaggioda Kinobi » gio giu 08, 2017 8:27 am

Personalmente ho sempre usato il casco in montagna, mai in falesia. Era il tempo dei caschi pesanti tipo CAMP RockStar ed Ecrin Rock Petzl. Da allora non ci ho più pensato.

A seguito di due amici passati a peggior vita, svolsi una lunga ricerca sui caschi da alpinismo presso la fabbrica Kiwi di Agordo. Il lavoro venne pubblicato su Alp. Sfortunatamente non sono più aggiornato da alcuni lustri sulle normative. Dubito le abbiano cambiate in toto, ma non si sa mai. L'incidente di Verhoeven è il classico esempio che sulla sfiga totale, tutto va bene, ovvero impatto centrale esattamente come da normativa.
Sfortunatamente, i miei amici ebbero impatto laterale e non ci sono più.
Prima di parlare di pro e contro dei caschi... c'è da fare un riflessione sulla loro sicurezza che per il 50% degli impatti è nulla. E' un poco quello che dicono i riders se è meglio tranciarsi su un Guard Rail ma fermarsi li, o andare lungo e vedere quel che succede. Infatti hanno iniziato a mettere, nei paesi civili, le barriere basse per i bikers. Nei caschi da alpinismo la normativa non viene aggiornata, forse per il bene, perchè si dovrebbero fare caschi più costosi (ed è nota la propensione all'acquisto dei climbers), più voluminosi e più pesanti.

Detto questo, mi sono riproposto di iniziare ad usare un casco in falesia, più per dovere di padre, che per reale convinzione. Ci proverò, ma rimangono i dubbi sulla sicurezza e sulla reale efficacia su certi gradi. Certo, se poi va male, serve il culo che ha avuto Jorg, ovvero impatto perfetto centrale.

Ciao,
E
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Re: Riflessioni sul rischio in arrampicata

Messaggioda paul mone » gio giu 08, 2017 8:50 am

wolf jak ha scritto:
video di Verhoeven https://www.instagram.com/p/BVA6H9yjboL ... gverhoeven



A parte l'occasione di far contento lo sponsor, il primo messaggio che vedo in questo video è: attenzione ai piedi ed alla corda.

Ciao
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Re: Riflessioni sul rischio in arrampicata

Messaggioda PIEDENERO » gio giu 08, 2017 9:27 am

paul mone ha scritto:
wolf jak ha scritto:
video di Verhoeven https://www.instagram.com/p/BVA6H9yjboL ... gverhoeven



A parte l'occasione di far contento lo sponsor, il primo messaggio che vedo in questo video è: attenzione ai piedi ed alla corda.

Ciao


pur ponendo la massima attenzione vi sono situazioni nelle quali la gamba rimane dietro la corda.

Kinobi ha scritto:Personalmente ho sempre usato il casco in montagna, mai in falesia. Era il tempo dei caschi pesanti tipo CAMP RockStar ed Ecrin Rock Petzl. Da allora non ci ho più pensato.

A seguito di due amici passati a peggior vita, svolsi una lunga ricerca sui caschi da alpinismo presso la fabbrica Kiwi di Agordo. Il lavoro venne pubblicato su Alp. Sfortunatamente non sono più aggiornato da alcuni lustri sulle normative. Dubito le abbiano cambiate in toto, ma non si sa mai. L'incidente di Verhoeven è il classico esempio che sulla sfiga totale, tutto va bene, ovvero impatto centrale esattamente come da normativa.
Sfortunatamente, i miei amici ebbero impatto laterale e non ci sono più.
Prima di parlare di pro e contro dei caschi... c'è da fare un riflessione sulla loro sicurezza che per il 50% degli impatti è nulla. E' un poco quello che dicono i riders se è meglio tranciarsi su un Guard Rail ma fermarsi li, o andare lungo e vedere quel che succede. Infatti hanno iniziato a mettere, nei paesi civili, le barriere basse per i bikers. Nei caschi da alpinismo la normativa non viene aggiornata, forse per il bene, perchè si dovrebbero fare caschi più costosi (ed è nota la propensione all'acquisto dei climbers), più voluminosi e più pesanti.

Detto questo, mi sono riproposto di iniziare ad usare un casco in falesia, più per dovere di padre, che per reale convinzione. Ci proverò, ma rimangono i dubbi sulla sicurezza e sulla reale efficacia su certi gradi. Certo, se poi va male, serve il culo che ha avuto Jorg, ovvero impatto perfetto centrale.

Ciao,
E


vero, però il 50% non è poca cosa e ho ben in mente tre episodi di caduta sassi avvenuti davanti ai miei occhi e altri due di caduta a testa in giù con giretto al pronto soccorso....

il casco ultimamente tendo a metterlo ma dipende dal mio umore, dal tipo di falesia, di roccia e di chiodatura.
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Re: Riflessioni sul rischio in arrampicata

Messaggioda funkazzista » gio giu 08, 2017 9:46 am

paul mone ha scritto:
wolf jak ha scritto:
video di Verhoeven https://www.instagram.com/p/BVA6H9yjboL ... gverhoeven



A parte l'occasione di far contento lo sponsor, il primo messaggio che vedo in questo video è: attenzione ai piedi ed alla corda.

Ciao

Sottoscrivo.
Io continuo a vedere gente, anche esperta, che non ci fa caso... E mi chiedo: se ci arrivo io che sono un cretino, perché lui no?
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Re: Riflessioni sul rischio in arrampicata

Messaggioda wolf jak » gio giu 08, 2017 9:49 am

tutto vero.
bisogna fare attenzione alla corda tra le gambe.
il fatto che fosse trad non significa nulla (spit nello stesso posto, volo identico).
la normativa è incompleta.

Ciò non toglie che a fronte di uno sforzo ridicolo (mettere il casco anche in falesia) si abbassa un po' la percentuale di rischio (cosa che non può essere demandata solo all'uso del casco. Non è che indosso quello e non mi curo più del resto, anzi!), e non è poca cosa.
Ripeto: a fronte di uno sforzo ridicolo.

Il casco del video (non per fare pubblicità) è stato disegnato col profilo più basso nella parte laterale e in quella posteriore, sulla carta. Penso che lo scopo sia proprio fornire un po' più di protezione per gli impatti laterali.
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Re: Riflessioni sul rischio in arrampicata

Messaggioda paul mone » gio giu 08, 2017 9:54 am

PIEDENERO ha scritto:pur ponendo la massima attenzione vi sono situazioni nelle quali la gamba rimane dietro la corda.


Può capitare, ma se intuisco in anticipo la vaga possibilità che possa accadere lascio perdere.
Casco o non casco, perché dall'atlante in giù è tutto scoperto.

Ciao
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Re: Riflessioni sul rischio in arrampicata

Messaggioda Callaghan » gio giu 08, 2017 9:59 am

io lo ripeto, l'ho già scritto qui tante volte.
i 3 incidenti in falesia nei quali sono stato maggiormente coinvolto sono stati ribaltamenti a testa in giù con ferite sulla crapa (ventina di punti, più o meno). il casco sarebbe servito.
di mio, con un volo lungo ed un pò scomposto, battendo la testa, ho rotto il casco. ma io stavo benone.

i caschi di oggi, 160-200 gr, pesano di meno della coppola con cui scala VECCHIO. certo, non hai lo stesso fascino da sean connery della bergamasca.
benchè Dang sembra abbia buttato lì una frase a_cazzo, in realtà è proprio così (grazie Dang): il casco NON fa figo e limita la libertà, quindi ammazza l'ego.

ricordo un bimbominkia a torso nudo con un berretto di lana da 400 gr, che mi si avvicinò chiedendomi perchè scalassi in falesia con il casco. io gli chiesi per quale motivo lui avesse in testa il berretto. mi rispose, in questo preciso ordine: "è molto più bello, mi tiene calda la testa, pesa meno del casco, ed i sassi in falesia non cadono".

ciao
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Re: Riflessioni sul rischio in arrampicata

Messaggioda VECCHIO » gio giu 08, 2017 10:18 am

wolf jak ha scritto:
VECCHIO ha scritto:Stavo guardando la TV e nel girovagare sono giunto a un film "gratuito" totalmente.
Ho spento la TV, ma grazie a quel film mi è venuta una idea:
Non è che il casco sia una specie di preservativo?



Dai VECCHIO, giochiamo.

Perché mai il casco dovrebbe essere un contraccettivo?
Perché lo indossano solo le teste di ...
Perché le donne non si concederebbero a coloro i quali lo indossassero?

La tua "battaglia" contro il caschetto proprio non la capisco...


@Danilo: ma sai che forse hai ragione? Molta gente senza il casco scala meglio, perché si concentra di più. Un po' come quelli che non sanno scalare con la corda dall'alto perché non ci mettono più la stessa concentrazione.
Ma se ci pensi bene, diventa solo una questione mentale e di autodisciplina: meglio allenare la testa, che togliere il casco, non trovi?


Preservativo, non contraccettivo!
Non sono contro il casco; ne ho uno caldo, uno fresco e tanti cappellini a coppola.
Mettere regole è togliere libertà, che richiede verità e queste sono limiti matematici: l'importante è la capacità di autonomia.
Io copro la testa perché guardo sempre i piedi e spesso picchio la testa o per proteggere il mio naso dal sole.

Secondo me la similitudine funzionale e psicologica apre grandi spazi di discussione :lol: :lol: :lol:
Comunque le donne non guardano al casco, a meno che siano istruttori certificate o donne-uomo #-o

Honnod non lo indossa mai nelle solitarie.
Ondra non lo indossa in falesia, in parete sì.
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Re: Riflessioni sul rischio in arrampicata

Messaggioda Vigorone » gio giu 08, 2017 10:19 am

Callaghan ha scritto:io lo ripeto, l'ho già scritto qui tante volte.
i 3 incidenti in falesia nei quali sono stato maggiormente coinvolto sono stati ribaltamenti a testa in giù con ferite sulla crapa (ventina di punti, più o meno). il casco sarebbe servito.
di mio, con un volo lungo ed un pò scomposto, battendo la testa, ho rotto il casco. ma io stavo benone.

i caschi di oggi, 160-200 gr, pesano di meno della coppola con cui scala VECCHIO. certo, non hai lo stesso fascino da sean connery della bergamasca.
benchè Dang sembra abbia buttato lì una frase a_cazzo, in realtà è proprio così (grazie Dang): il casco NON fa figo e limita la libertà, quindi ammazza l'ego.

ricordo un bimbominkia a torso nudo con un berretto di lana da 400 gr, che mi si avvicinò chiedendomi perchè scalassi in falesia con il casco. io gli chiesi per quale motivo lui avesse in testa il berretto. mi rispose, in questo preciso ordine: "è molto più bello, mi tiene calda la testa, pesa meno del casco, ed i sassi in falesia non cadono".

ciao


Spero se ne sia preso uno (piccolo) in zucca.

Io pure da gggiovane non usavo il casco in falesia perché ero invincibile come tutti i gggiovani e perché nessuno lo usava.

Poi ricominciando dopo i 40 ho iniziato a metterlo, non so perché, forse perché sono diventato prudente. La scelta è diventata definitiva quella volta in cui, in una falesia straunta, di quelle in cui i sassi non cadono mai, un rocco grande un po' più di un pugno è fiondato giù a mezzo metro dalla mia crapa (e dal mio casco). Non abbastanza per farmi secco probabilmente, ma abbastanza per un bel trauma e un po' di punti.

Adesso ho un bel casco ultraleggero (il papa' di quello del video), una delle poche cose di lusso della mia attrezzatura. Me lo metto in testa tutte le volte che scalo, e spesso lo tengo anche sul sentiero di discesa, un po' perché a fine giornata rimetto sempre i materiali nello zaino alla cazz0 e non c'è mai posto, un po' perché ho la tendenza a scivolare sulle foglie. E anche il lastricato e i sassi sono duri.
Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga
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Re: Riflessioni sul rischio in arrampicata

Messaggioda Vigorone » gio giu 08, 2017 10:20 am

VECCHIO, mi spieghi cosa c'entrano le regole e l'autonomia con l'uso del casco?
Mi sono convinto che non sono abbastanza intelligente per capire quello che dici.
Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga
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Re: Riflessioni sul rischio in arrampicata

Messaggioda wolf jak » gio giu 08, 2017 10:27 am

Vigorone ha scritto:VECCHIO, mi spieghi cosa c'entrano le regole e l'autonomia con l'uso del casco?
Mi sono convinto che non sono abbastanza intelligente per capire quello che dici.


Ti ringrazio, mi sento meno solo :D
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