Fake news e i cani da guardia del potere

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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda coniglio » mer lug 05, 2017 9:04 am

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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda VECCHIO » mer lug 05, 2017 9:24 am

Non ho ancora capito l'obiettivo, o gli obiettivi che si vogliono raggiungere in Siria, Iraq e Afganistan, anche se questo ormai è molto defilato.
Se guardo i massacri che vengono compiuti proprio ci resto di sasso.
Quelli ad Aleppo generano scandalo e sanzioni internazionali.
Quelli a Mosul e ora a Raqqa vengono ritenute serie opere di bene.
Forse capisco l'obiettivo russo: è l'unica base militare extraterritoriale che rimane loro, gli americani ne hanno tantissime dappertutto e li soffocano?
Se poi ci metto il Qatar (in fondo litigano per i falconi reali?) lì nella zona, mi diventa proprio difficile.
E l'Africa mussulmana dove emigrano, ma per la teoria di morte dei fondamentalisti o l'arrivo in massa dei cinesi dopo l'abbandono occidentale?
Magari sono solo fantasie che non stanno in piedi per nulla. :D
E non ditemi il petrolio che è sotto i 50 dollari e questo prezzo non conviene a nessuno, forse solo a noi che lo consumiamo.
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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda coniglio » gio lug 06, 2017 16:00 pm

http://www.ilfattoquotidiano.it/premium ... e-e-ladri/


è grave signori
quel che sta succedendo.
molto grave.
...ma è l'Italia bellezza.
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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda VECCHIO » ven lug 07, 2017 8:41 am

Un mio amico aveva detto in pubblico (al bar a un suo amico) che un alpinista era stato condannato per diffamazione.
Era presente un amico del condannato e lo ha denunciato.
Il mio amico è stato condannato per diffamazione.
Ora anche lui è un delinquente.
In Italia forse i delinquenti condannati vanno protetti e hanno dei diritti superiori?
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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda Achille_piè_veloce » mar set 05, 2017 15:36 pm

È il topic giusto? Non lo so. Nel dubbio metto, se non va bene tolgo.
Segnalo questo articolo di Luca Sofri sul tema dei titoli dei giornali. È lunghetto, ma ne vale la pena; se non si ha voglia di leggerlo tutto, consiglio almeno i primi 5 capoversi.

Quello che sappiamo, lo sappiamo dai titoli
8 agosto 2017

Il titolismo è ormai una categoria a sé del giornalismo contemporaneo. Lo è sempre stato, ma negli ultimi anni il distacco e l’autonomia dell’informazione trasmessa attraverso i titoli rispetto a quella propria degli articoli sono cresciuti straordinariamente soprattutto per due ragioni: la prima è l’aumento del sensazionalismo allarmistico generato in parte dalla crisi di vendite e in parte dal fatto che l’enorme quantità di informazioni in circolazione ha alzato l’asticella dell’attenzione dei lettori, che i giornali cercano di coinvolgere con toni sempre più enfatici e spettacolari; l’altra ragione è che effettivamente la quota di attenzione e tempo dedicati agli articoli da parte dei lettori è molto diminuita, e una grandissima parte di lettori usuali o passeggeri legge soltanto i titoli, di molti articoli, se non di tutto il giornale. O legge solo i tweet e i lanci su Facebook.

Di conseguenza, nel caso della storia falsa sulla ragazza bruciata dal Ku Klux Klan, è molto probabile che un numero molto esiguo di lettori del «Corriere della Sera» abbia chiuso il giornale consapevole che la ragazza aveva confessato che quella del Ku Klux Klan era una balla. E anzi la maggior parte avrà registrato quella versione, la ragazza sfregiata e bruciata dai razzisti (per via della maglietta di Obama, se ne hanno letto sul «Fatto»). Dico «molto probabile», ma in realtà l’effetto è documentato.

A dicembre del 2014 il settimanale americano «New Yorker» ha infatti raccontato di uno studio compiuto dallo psicologo Ullrich Ecker alla University of Western Australia (che è una vera e illustre università australiana, se ve lo state chiedendo: lui è più esattamente un neuroscienziato che studia i meccanismi della memoria). L’articolo del «New Yorker» era intitolato «Come i titoli cambiano il nostro modo di pensare», e la scelta delle parole era molto azzeccata: il tema infatti non è che i titoli siano spesso inesatti, falsi, o sbagliati. Il tema è che proprio dai titoli noi registriamo le cose che poi sappiamo, un’idea della realtà, dei fatti e del mondo: spesso inesatta, falsa o sbagliata.
Spiegava quella ricerca che sono soprattutto i titoli degli articoli a influenzare la nostra percezione del loro contenuto e ciò che ne conserveremo. A prescindere dal maggiore approfondimento e articolazione che troveremo nel resto del pezzo. E, in un sistema in cui il tasso di inaccuratezza dei titoli è molto superiore a quello già alto degli articoli, questo significa che ciò che conserviamo in termini di conoscenza della realtà e degli eventi accaduti è una grandissima quota di informazioni false.

La conseguenza di questo squilibrio di percezione è che aumentano i problemi quando un titolo è anche minimamente ingannevole. «L’inquinamento dell’aria è oggi la maggiore causa del cancro ai polmoni» diceva un titolo sul quotidiano britannico «Daily Express» l’anno scorso. L’articolo però non diceva questo, o piuttosto non proprio. Spiegava invece che l’inquinamento era la maggiore causa «ambientale»: ma altri fattori, come il fumo, sono tuttora i maggiori responsabili. È facile decifrare la scelta di titolare in quel modo: le distinzioni non c’entrano, in poco spazio, e una volta attratti a sufficienza i lettori troveranno comunque nell’articolo le sfumature esatte.

Ma quello che si è scoperto è che leggere l’articolo può non essere sufficiente a correggere l’impressione errata ricevuta dal titolo.
In sostanza dopo aver sfogliato i giornali – che leggiamo gli articoli o meno – ciò che ci resterà in termini di informazioni assunte saranno soprattutto quelle descritte dai titoli. Che sono usati sempre più per ottenere l’attenzione di lettori disattenti e in allontanamento, a scapito della verità: «Non è sempre facile riuscire a essere sia interessanti sia accurati, ma come mostra lo studio di Ecker, è meglio che essere attraenti e bugiardi», dice il «New Yorker».

[…]

Come abbiamo visto, «Repubblica» non titolò quella falsa notizia «Il cavaliere indagato in Irlanda» (virgolette mie), ma «“Il cavaliere indagato in Irlanda”» (virgolette sue, di «Repubblica»): le virgolette, ovvero, erano nel titolo e avevano una funzione precisa, diventata di uso straordinariamente comune nelle titolazioni. Dico straordinariamente perché a che mi risulti è una cosa tutta italiana, e che dipende dall’inclinazione tutta italiana a costruire dei titoli sensazionalistici su notizie infondate, incerte, o non notizie: perché le virgolette intorno al titolo permettono di dare questo tipo di notizie attribuendole a qualcun altro, e a prescindere da qualunque credibilità della fonte.

Il progressivo alzare l’asticella di questa consuetudine ha concorso alla costruzione di un criterio di scelta nuovo nella selezione e pubblicazione delle notizie: che in molti casi non è più quello di ciò che il giornale o il giornalista ritengono oggettivamente una notizia, ma quello di ciò che «suoni una notizia» a prescindere dalla sua fonte o fondatezza, meglio se allarmante o esagerata. Come nel caso del titolo di «Libero»: «Isis: “Una pioggia di missili sulla Sicilia, apriremo il fuoco dalla Tunisia”», riferito a un poco credibile e poco attribuito documento circolato online, che il quotidiano maltese «Times of Malta» descriveva così:

È vero che presto Malta sarà colpita da una pioggia di missili lanciati dall’Isis?
Non sembra realistico, e in realtà l’Isis non ha mai promesso – nel famigerato e mal scritto documento intitolato «The Islamic State 2015» – un simile scellerato diluvio nel prossimo futuro e forse mai. Ma questo è quello di cui molti si sono convinti dopo aver letto i titoli degli articoli su alcuni giornali maltesi che citavano dei siti di news italiani.
La maggior parte delle persone non analizza in dettaglio gli articoli di giornale. Molti sono genericamente attratti dal titolo e poi scorrono l’articolo, e arrivano a una conclusione che riflette più il titolo e altre valutazioni che non quello che è davvero scritto. Alcuni dei fattori che orientano questo processo sono il contesto complessivo che i media hanno offerto al lettore in quel periodo e il clima che circonda la pubblicazione di quell’articolo.


Un altro quotidiano maltese, il «Malta Independent» – l’isola era indicata come possibile obiettivo della «pioggia di missili» – pubblicò un articolo di simile tenore che metteva in discussione l’autorevolezza del documento e spiegava come la minaccia dell’attacco verso l’Italia fosse esposta in modo molto vago e non imminente, oltre a essere concretamente impossibile nei termini descritti. Ma nessuna di queste analisi e comprensioni della realtà era stata fatta da «Libero», il cui articolo iniziava invece così: «Su “Libero” lo diciamo da tempo: i tagliagole sono alle porte». E usava appunto le virgolette per titolare «“Una pioggia di missili sulla Sicilia”».
Così come faceva «il Giornale» nel suo titolo di due giorni dopo «“Arriva l’Isis”. E l’Italia aspetta l’Onu». A prenderlo sul serio, stava arrivando l’Isis: a decodificare il linguaggio subdolo si capiva che era secondo il primo ministro libico che «la minaccia si estenderà ai Paesi europei e in particolare all’Italia» se non fossero intervenuti con aiuti militari in Libia.

Il meccanismo si liberò persino delle stesse virgolette quando il presidente della regione Calabria disse che se la sua regione fosse stata scelta (dopo fragili ipotesi giornalistiche in questo senso) per ospitare delle armi chimiche rimosse dalla Siria «si rischia di portare alla guerra civile un territorio» (e intendeva la Calabria, non la Siria). L’espressione sbilenca divenne un titolo senza virgolette, ma attribuito, per l’Ansa («Scopelliti, rischio guerra civile») e poi un titolo senza virgolette e senza fonte per «Repubblica», cioè un annuncio di guerra civile come si annunciano temporali per domani o la finale dei mondiali domenica prossima: «Le armi chimiche siriane a Gioia Tauro. Calabria in rivolta: sarà guerra civile». Poco mossi gli altri mari.
Questo meccanismo di raccontare una cosa detta da qualcuno come se fosse un fatto – l’indagine contro Berlusconi, l’Isis in Italia, la guerra civile in Calabria – e introdurre nella testa del lettore comunque un pezzetto di quell’informazione, che si radicherà a prescindere da qualunque virgoletta, smentita successiva, o dubbio, è uno dei più frequenti casi di abuso di virgolette nella titolazione dei quotidiani italiani. Ma ce ne sono altri.

Uno è banalmente quello di attribuire alle fonti dei virgolettati cose che non hanno detto: se avete la pazienza di controllare anche il contenuto degli articoli vi accorgete che le citazioni nei titoli non sono quasi mai state dette in quel modo, anche se la convenzione a cui siamo abituati è che i virgolettati siano fedeli trascrizioni di cose realmente dette o scritte. E i titolisti hanno due motivi per violare questa convenzione e ingannare i lettori: il primo è che spesso le formulazioni reali non sono una notizia attraente o allarmante come la versione inventata dal titolista. Prendete questo caso in cui, il 6 marzo 2015, «La Stampa» doveva titolare un articolo che spiegava la seguente presa di posizione ufficiale delle Nazioni Unite sulla situazione in Libia: «Determinando che la situazione in Libia continua a costituire una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale, e agendo in base al Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, il Consiglio decide di estendere fino al 31 marzo 2015 il mandato di Unsmil».
Titolo scelto dalla «Stampa» per riportare questo testo: «L’Onu dà un mese alla Libia. “Accordo o azione militare”». Citazione virgolettata inesistente nel testo riportato, nemmeno in parafrasi.

Il secondo motivo di travisamento delle citazioni originali nei titoli è ancora più terreno, ed è che a orientare gran parte delle scelte di titolazione è banalmente una questione di spazio, che costringe a travisare forma e senso di frasi più lunghe e articolate.
Mentre infatti prospera da tempo un intenso dibattito sull’evoluzione della lingua – sulla sua involuzione, secondo molti – in conseguenza del suo uso in formati che costringono a una maggiore brevità (gli sms, prima, Twitter poi, e in generale la comunicazione sbrigativa online a cui ci stiamo abituando), in realtà il tema non è peculiare di Twitter né di internet né della tecnologia moderna. La ridotta dimensione dello spazio, infatti, definisce da tempo e sempre di più la comunicazione dei titoli dei giornali: ovvero quella che è la fonte principale – ancora – dell’informazione che circola sulle questioni più importanti.

E nella scelta del linguaggio (ma anche del contenuto), il fattore che più determina il modo in cui in Italia si fanno i titoli – ovvero spesso l’unica cosa che leggiamo e assorbiamo di una notizia – ha a che fare con le primordiali leggi sulla Materia e con lo spazio fisico, niente di digitale: spazio. È la dimensione dello spazio allocato rigidamente al titolo – su carta o su schermo – a costringere il linguaggio usato dal titolista e le informazioni che darà. Se sono così frequenti e abusati i termini come «choc», «killer», «il sì», «il no», «l’ira di», «fumata nera per», «è giallo», «caos», «crisi», «è bufera», «no a», «via libera», «aut aut» (ma anche «Silvio»), non è solo per pigrizia e scarsa varietà di lessico da parte di chi fa i titoli: è anche perché le locuzioni corrispondenti più estese e accurate sono troppo lunghe.

In un dibattito tra giornalisti a cui partecipai nel 2014 negli stessi giorni in cui era in ballo la scelta dei nuovi membri laici del Consiglio superiore della magistratura, Mattia Feltri della «Stampa» citò appunto lo sfinente esempio del titolo: «Fumata nera per il Csm». In un mondo giornalistico intenzionato a dare ai lettori le notizie con chiarezza, il titolo corretto sarebbe stato: «Nel voto del Parlamento per i nuovi membri del Csm, nessun candidato ha ottenuto il quorum». Ma è troppo lungo, e il titolista immagina che i lettori non arrivino oltre «membri del». Allora potrebbe sintetizzare in: «Il Parlamento non ha eletto i nuovi membri del Csm» e nel sommario – che c’è apposta – estendere la spiegazione. Molti giornali stranieri infatti fanno così: usano i titoli per dare le notizie, e non per costruire delle vie di mezzo tra slogan, haiku e titoli di film d’azione («Scontro finale», «A un passo da» e simili). Fanno titoli lunghi, su due o tre righe.

Un’ulteriore ragione di uso creativo delle virgolette nei titoli è mostrata da questo titolo che apparve identico sui siti del «Corriere della Sera» e di RaiNews il 18 gennaio 2014, dopo che un fulmine aveva colpito la statua del Redentore a Rio de Janeiro scalfendone la mano. «Fulmine sul Cristo Redentore, la statua “perde” un dito».
«Pollice destro mozzato» aggiungeva il sommario del Corriere.it. Ma bastava leggere il testo dello stesso articolo per apprendere che «Il danno è stato definito “superficiale” da padre Omar Raposo, rettore del santuario». E le immagini girate successivamente mostrano chiaramente la dimensione della scalfittura sul pollice della statua, corrispondente a quello che su una vera mano definiremmo l’estremità di un’unghia spezzata.

Quindi non solo era una notevole forzatura definire «mozzato» un pollice a cui si era staccata una parte equivalente a circa un venticinquesimo della sua lunghezza, ma meno che mai si poteva dire che la statua avesse «perso» un dito. E lo comprese bene lo stesso titolista del Corriere.it, che aggiunse quelle virgolette in un loro uso ulteriormente ardito: quello di legittimare una bugia, mettendola appunto tra virgolette: «“Perde” un dito». Se ne possono immaginare sviluppi diversi, che non escluderei: «Incidente sull’autostrada, “morte” quindici persone» (c’era solo un ferito lieve), «Le “dimissioni” del presidente della Repubblica» (è andato due giorni in vacanza), «Un terremoto “abbatte” la Torre di Pisa» (si è crepato un colonnino), eccetera.

http://www.wittgenstein.it/2017/08/08/titolismi/
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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda PIEDENERO » mar set 05, 2017 20:26 pm

@Achille.
Niente di nuovo per chi è attento a certe dinamiche del potere.
Comunque interessante.
"Divertente" per es. seguire le vicende della Corea del nord. Tra poco ogni intervento militare contro la cdn sarà auspicato e ben accetto. L importante è preparare bene il terreno.
Non parlo poi della questione dei migranti perché l argomento è troppo delicato e raggiunge l' apice dell' ipocrisia, ma se lo si vuole approfondire è purtroppo interessantissimo.
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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda Achille_piè_veloce » mer set 06, 2017 0:04 am

PIEDENERO ha scritto:"Divertente" per es. seguire le vicende della Corea del nord. Tra poco ogni intervento militare contro la cdn sarà auspicato e ben accetto. L importante è preparare bene il terreno.


A proposito, ecco un'intervista a Choe Sang-Hun, giornalista coreano. Riporto alcuni passaggi che ritengo interessanti.

https://www.nytimes.com/2017/08/31/world/australia/what-north-koreas-missile-tests-look-like-to-a-south-korean-reporter.html

You live in Seoul, you wake up every day and deal with this. What’s the mood in Seoul like these days with these latest threats?

Oh, people here are very calm and you know, you don’t have a crisis here. If you stop people here and ask questions about North Korea, yes, they will talk about those nuclear weapons and they will talk about the threat from North Korean missiles. But if you walk around downtown Seoul it’s business as usual. Life goes on and there’s no sense of panic or no sense of a crisis at all.

What would it take for Seoul to panic? Or for you even to think, “Ok, this is a more realistic threat”?

Well, for me as a reporter, I have to cover a story every day so I guess it really matters for me, but for ordinary South Koreans I don’t think that they really care until they do have a realistic sense or signs of some kind of war looming up.

For example, if there are signs of a possible war on the Korean Peninsula, including possible evacuation of American citizens out of South Korea; and larger troop movement along the border with North Korea; and maybe the arrival of a massive number of American warships toward South Korea. I mean, when people see any of those signs I guess they will panic and they will start stocking up on food, etc.

How do you think this this back and forth will end?

Nobody really knows because South Koreans, they don’t really know Mr. Trump, and Mr. Kim Jong-un, the North Korean leader, is new as well. He’s someone people are still trying to figure out. So there is uncertainty there.

But many South Koreans believe that all this is part of a pattern. I mean the tension has been ebbing and flowing on the Korean Peninsula in a repeating cycle. This thing comes and goes with no obvious solution. This crisis has been going on for decades and is something Koreans are very used to. So I guess a lot of Koreans are thinking that, well, this is one of those months where we live with a lot of tension. But hopefully it will subside.

Can you imagine a unified Korean Peninsula in your lifetime? Can you imagine that as a possibility? I’m just curious.

I’m a South Korean, and you know since childhood we have been taught to believe that unification with North Korea is national wish No. 1. And there is even a song called “Our National Wish No. 1,” which is the unification with North Korea. So yes, I grew up with this sort of brainwashing or national belief that the unification should have happened.

And as a South Korean, yes, I do want unification, but I don’t think it will happen anytime soon. The North Korean government, whether we like it or not, is very, very durable in my view.


C'è anche un bel suo articolo proprio qui. https://www.nytimes.com/2017/08/16/insider/south-korea-nuclear-threat-shrug.html
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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda Sbob » mer set 06, 2017 17:20 pm

PIEDENERO ha scritto:"Divertente" per es. seguire le vicende della Corea del nord. Tra poco ogni intervento militare contro la cdn sarà auspicato e ben accetto. L importante è preparare bene il terreno.

In questo caso il terreno se lo sta preparando la Corea del Nord, senza tanto aiuto dai giornalisti!

Anche se Kim ha imparato bene da Saddam: non c'e' nulla di piu' stupido che distruggere le proprie armi di distruzione di massa. Appena chi ti vuole invadere scopre che sei veramente inerme, lo fa. Se invece ti tieni qualche bomba nucleare, chi ha il coraggio di invaderti veramente?
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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda PIEDENERO » gio set 07, 2017 15:09 pm

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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda PIEDENERO » lun set 11, 2017 17:28 pm

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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda PIEDENERO » sab ott 07, 2017 21:43 pm

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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda Sbob » lun ott 09, 2017 8:08 am

Certamente, un'azienda americana chiude un canale critico sulla moneta antagonista del dollaro. Tutto torna.
:-k
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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda VECCHIO » ven ott 13, 2017 16:58 pm

Assegnato alla camera dei deputati il premio America dalla fondazione USA-Italia e eminenti persone, con capacità di spicco, distintesi nei rapporti....... fra le quali il Montezemolo, la Fedeli, .........
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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda PIEDENERO » sab nov 18, 2017 14:49 pm

:lol:

http://www.lantidiplomatico.it/dettnews ... /82_22186/



1) Il regime di Maduro reprime la pacifica e democratica “opposizione”


2) A Londra, per il morbillo sono morti centinaia di bambini


3) Curdi e americani cacciano dalla Siria i terroristi


4) Ci vogliono 150.000 migranti all’anno per salvare la pensione agli italiani


5) Kim Jong Un fa assassinare il fratellastro all’aeroporto di Kuala Lumpur


6) Assad fa bombardare con il sarin gli ospedali pediatrici


7) Gli hacker di Putin hanno fatto eleggere Donald Trump


8 ) Bombe italiane sullo Yemen: rispettata la Legge 185/1990


9) Nessun impegno militare italiano a fianco del governo di Kiev


10) Stiamo uscendo dalla crisi
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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda Sbob » lun nov 20, 2017 14:34 pm

Dove sarebbe la bufala nella storia dei 150.000 migranti per sostenere il sistema pensionistico?

Poi, una lista di bufale che non includa i vaccini che causano l'autismo, e' come una lista di squadre forti che non includa il Real Madrid.
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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda Achille_piè_veloce » ven nov 24, 2017 11:07 am

https://www.terrelibere.org/black-frida ... nsumatore/

Black Friday. Quando l’uomo-lavoratore si allea con l’uomo-consumatore. Cioè con sé stesso

23 novembre 2017

di Antonello Mangano

Siamo indignati come precari e sfruttati, ma siamo contenti come consumatori di prodotti a basso costo. Su questa contraddizione si regge il circolo vizioso di merci che attraversano il mondo, sono prodotte violando ogni diritto e costano pochissimo. Finalmente uno sciopero nel cuore della logistica, e proprio ad Amazon nel giorno del Black Friday, inceppa il meccanismo

Il grande capolavoro del capitalismo contemporaneo non è la contrapposizione tra i lavoratori, né quella tra migranti e autoctoni (storia vecchia anche se sempre funzionante) ma quella – nuova – tra l’essere umano e sé stesso. Così l’uomo consumatore è in competizione e si scontra con l’uomo lavoratore. Anche se si tratta della stessa persona.

Ci arrabbiamo a morte se non ci fanno il contratto a tempo indeterminato ma ci consoliamo con un volo a 9,99 euro. Vogliamo un’assunzione come dipendenti ma compriamo pelati di pomodoro da 60 centesimi.

Il low cost, dal punto di vista del capitalismo, è la quadratura del cerchio. Come vendere ogni genere di prodotti e servizi a una massa di sottopagati, precari e sfruttati? Facendo in modo che tutto costi il meno possibile.

Un sistema che attraverso la logistica e gli algoritmi, la produzione globale e la delocalizzazione permette a merci che hanno fatto il giro del mondo di costare pochissimo. Prendete gli abiti: cotone turco (raccolto da rifugiati siriani), manifattura bangladese (in scantinati maleodoranti a rischio incendio), trasporto ad Amburgo, logistica e smistamento nei pressi di Pavia e vendita in ogni angolo d’Europa. Nonostante il giro di due continenti gli abiti costano pochi euro. Nel frattempo sono stati schiacciati i diritti di centinaia di lavoratori. E la loro legittima aspirazione alla felicità.

Il “black friday” è la festa laica dei tempi nuovi. Ma il 24 novembre 2017, la versione italiana della celebrazione mondiale del consumismo abbandona un colore lugubre per tingersi di una tinta più viva. Lo sciopero al magazzino di Amazon cade proprio nel momento in cui l’azienda è tesa a raggiungere obiettivi da primato con calcoli di produttività, capi reparto minacciosi (anzi, team-leader) e la solita vecchia minaccia di licenziamento.

Eppure lo sciopero nel centro nevralgico delle merci è un segnale nuovo ma prevedibile, che arriva dall’alleanza tra un sindacalismo combattivo che mette insieme lavoratori italiani e migranti. Gente stanca di vivere in funzione dei flussi di ordini e dei capricci di vuole consumare sempre e a costo zero. Per poi vivere sulla propria pelle la stessa contraddizione senza capirne il legame. Per poi prendersela con gli immigrati, proprio quelli che nel triangolo industriale tra Piacenza e Milano stanno difendendo i diritti di tutti.
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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda mfg » ven nov 24, 2017 12:06 pm

Fanno bene a scioperare ora dato che fra 5/10 anni non saranno più necessari.
Al loro posto ci saranno dei robot!
L'ideale sarebbe che nelle ore di sciopero anziché collegarsi ad amazon o ebay per i regali di Natale trovassero il modo di acquisire professionalità al fine di prevenire e non subire il cambiamento che essendo epocale qualche/molti cadaveri li farà .
saluti
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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda funkazzista » ven nov 24, 2017 12:38 pm

si schiera coi forti.
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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda MarcoS » ven nov 24, 2017 14:31 pm

mfg ha scritto:Fanno bene a scioperare ora dato che fra 5/10 anni non saranno più necessari.
Al loro posto ci saranno dei robot!
L'ideale sarebbe che nelle ore di sciopero anziché collegarsi ad amazon o ebay per i regali di Natale trovassero il modo di acquisire professionalità al fine di prevenire e non subire il cambiamento che essendo epocale qualche/molti cadaveri li farà .
saluti


vero, in effetti la deflazione tecnologica in divenire sta iniziando a portare, e sempre più porterà negli anni prossimi, notevoli sconvolgimenti nel lavoro. Non necessariamente solo in quello a ridotte competenze. In prospettiva ne verranno toccate anche professioni che attualmente richiedono anni di preparazione e - che sappia - nessun governo al momento ha iniziato a prendere in esame il problema.
Può anche essere che problema verrà risolto alla radice, sfoltendo il surplus di bocche inutili.
Una bella pandemia o una serie di conflitti ben mirati con alto tasso di vittime potrebbero rivelarsi risolutivi. Anche dopo la peste nera del XIV secolo ci fu un rifiorire della società sotto parecchi aspetti.
L'ideale sarebbe che nelle ore di sciopero anziché collegarsi ad amazon o ebay per i regali...
mi sa che dovrebbero scioperare piuttosto a lungo. L'elenco dei lavori non - o difficilmente - soppiantabili da una macchina nel prossimo futuro si và riducendo sempre più :mrgreen:
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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda scairanner » sab nov 25, 2017 1:39 am

mfg ha scritto: acquisire professionalità al fine di prevenire e non subire il cambiamento che essendo epocale qualche/molti cadaveri li farà .
saluti


mi auguro che tiu abbia un ottimo lavoro e che non ti capiti in futuri di trovarti in questa situazione.
-Come sarà la scalata di Adam Ondra nel 2030?
-Arrampicherò di certo. Spero di non scalare peggio di quanto non faccia ora...


-meno internet, più cabernet
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