Fake news e i cani da guardia del potere

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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda pesa » ven apr 07, 2017 17:44 pm

in effetti si fa fatica a capirci qualcosa:
prima grandi esultanzei per la sconfitta di hillary la guerrafondaia, e W trump l'antiestabilishment. grande estimatore di putin che avrebbe finalmente messo fine al ruolo di poliziotto del mondo degli USA e dunque alle sanguinose politiche dell'assassino obama.
poi però, dopo essersi messo attorno alti finanzieri, generali e produttori di bombe, visto che non gli è riuscita quelle di smantellare l'obamacare e anche quella di impedire l'entrata dei mussulmani gli è venuta maluccio, trump si sveglia una mattina e per rifarsi bombarda la siria (sorpresa!). oltretutto pestando clamorosamente i piedi a putin e senza nenache dare il tempo ai media mainstream di convincere il mondo che a gasare quei poveretti sia stato davvero assad.

e quindi? vorrete mica dire che in fondo era meglio obama, che quelle bombe dopotutto non le ha sganciate? servirebbe un intervento chiarificatore di Marcos...

nonstante il poco, diciamo pure pochissimo, praticamente niente anzi, che riesco a capire, l'unica certezza è il "dispiace" per la posizione della sempre più insignificante europa, che come fosse sun riflesso condizionato si è affrettata ad appoggiare Trump nonstante l'opacità del casus belli. speriamo di qui a qualche anno di non doverci pentire e vergognare troppo di questo appoggio.
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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda Sbob » ven apr 07, 2017 20:17 pm

pesa ha scritto:trump si sveglia una mattina e per rifarsi bombarda la siria (sorpresa!).

Un'ipotesi, forse non troppo fantasiosa, è che sia stata una messinscena per allontanare da Trump le accuse di essere amico dei russi.
Gli USA hanno avvisato prima i Russi, su 60 missili lanciati, sono stati distrutti qualche MIG, un radar e manco una pista.

Riguardo al non dare il tempo di convincere l'opinione pubblica, il rischio è di non trovare nulla e fare la figura del pirla come Bush. Attaccando subito fa che dare una sentenza sulla vicenda.

nonstante il poco, diciamo pure pochissimo, praticamente niente anzi, che riesco a capire, l'unica certezza è il "dispiace" per la posizione della sempre più insignificante europa

Quoto.

Se invece di sparare contro l'Europa quelli a cui non piace questo assetto chiedessero un'Europa migliore avremmo qualche speranza, invece ci tocca essere vassalli di qualcun altro.
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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda PIEDENERO » mar apr 11, 2017 15:21 pm

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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda PIEDENERO » lun apr 17, 2017 21:45 pm

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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda PIEDENERO » dom apr 23, 2017 16:23 pm

PACCHI DI REGIME – Il giornalista martire, il sacro vaccino, il bandito “russo”


DI FULVIO GRIMALDI

fulviogrimaldi.blogspot.it

“Alle prefiche che si stracciano le vesti su certi vittime, di questi loro clienti non gliene importa una beata cippa. Gli importa di estrarne quanta più merda possibile da lanciare sui nemici, propri e della cricca”. (Il sottoscritto)

Io NON sto con Gabriele

Momento magico per le fake news (notizie finte, false, contraffatte, truffaldine…). Cominciamo dal giornalista Gabriele Del Grande. Fake news possono essere anche rappresentazioni false di una persona o di una cosa. Nel senso del cetriolo dipinto di giallo per passare da banana, o del pubblicitario di hamburger presentato come dietologo. O di Mr. Hyde che si presenta come Dr. Jekill. E’ il caso del nostro concittadino detenuto nei CIE del Minniti turco. Evitiamo ora di fare il sillogismo “Erdogan non sta con Del Grande, Fulvio proclama di non stare con Del Grande, ergo Fulvio sta con Erdogan”. Sbagliato e anche becero. Lo auguro libero istantaneamente, ma non sto con Gabriele, come non stavo con Regeni e come “je ne suis pas Charlie”. Non sto con Gabriele perché in tutto quello che ha prodotto e ahinoi diffuso, tra libri, articoli e filmati, la scarsa qualità contenutistica e formale è ampiamente compensata da una perfetta sintonia con quanto vanno dicendo e facendo in termini di guerre e stermini, inganni e calunnie, i peggiori arnesi dell’imperialismo e sub-imperialismo mondiale. Tutto qui.

Sono giornalista anch’io, ma non è che per questo devo stare con tutti i giornalisti cui capiti una seccatura, o un guaio. Sarebbe essere corporativi. Come lo sono, da autentici professionisti della corporazione, Beppe Giulietti, segretario FNSI e tutto il cucuzzaro della stampa di regime. Sto a ragion veduta, per dire. Con grande fervore sto con il direttore e il reporter di Cumhurijet che da messi languono nelle carceri per aver documentato, in verbo e immagine, la fornitura di armi ai terroristi di Al Nusra e Isis da parte di Erdogan. E sto con le centinaia di loro colleghi fatti fuori, o dentro, per aver contato al sultano i sozzi peli nel naso.

Del Grande, il Regeni.2

Sto per la stessa ottima ragione con quei comunicatori fuori dal giro, dalle prebende e dai ricatti, che la nuova legge di Frau Merkel destina a colonna infame e carcere, o che la magistratura austriaca sbatte al gabbio perché hanno tolto due unità alla conta dei sei milioni dell’Olocausto. Sto con rispetto e devozione con Udo Ulfkotte della Frankfurter Allgemeine Zeitung che ci ha documentato come l’80% dei notabili della categoria in Europa fossero a libro paga della Cia (e, dunque, morì a 56 anni, nel gennaio scorso, senza aver avuto il minimo sintomo di malattia). Sto con tanti colleghi in rete, con o senza la consacrazione dell’Ordine dei Giornalisti, che duellano con i bonzi e mistificatori dei grandi media come Davide con Golia, come Hans e Sophie Scholl (martiri antinazisti) con Goebbels.

Non sto con nessun giornalista del “manifesto”, prima pagina e gigantografia ”Sto con Gabriele”, tanto meno con quelli che gli forniscono foglie di fico e finiscono anch’essi con l’essere solo chiacchiere e distintivo. E come non stavo con Giulio Regeni, santo e martire, perché uomo legato a centrali spionistiche angloamericane dirette da delinquenti patentati e inventori di squadroni della morte, così non sto con Gabriele Del Grande, uomo con dietro un gangster finanziario, sociocida e genocida, George Soros. Spero che esca libero subito subito, quanto i suoi famigliari e quelli che, perfettamente a loro agio nelle fake news del tipo “occultamento di chi c’è dietro”, starnazzano come ossessi contro la morte della libertà d’espressione in Turchia e ora ci rinnovano i fasti del Regeni con chiassate di piazza e gigantografie sui municipi (figuratevi cosa ci scaraventeranno addosso al suo ritorno!).

Due Simone, Vanessa e Greta, il gioco è sempre quello

Ci risiamo. La messinscena è sempre quella. E pure il fine. Ricordate la farsa delle “Due Simone” in Iraq nel 2004, sottratte alla resistenza anti-Usa, accolte incappucciate in mezzo al deserto da due guitti istituzionali con telecamere allineate. Ci costarono milioni per il riscatto. Ricordate le due crocerossine di Al Nusra, Vanessa e Greta, spedite in Siria da un emissario dei terroristi, recuperate dopo che erano state “sequestrate” dai jihadisti a cui avevano portato kit di pronto soccorso. Ci sono costate 11 milioni. Del Grande ci costerà di più: forse niente riscatto, ma una vaccinazione di massa contro il virus della verità.

Fortress Europe, blog da vedere, ma con protezioni ABC

Dei 136 giornalisti incarcerati in Turchia (la metà di tutto il mondo), 135 sono dentro perché di fastidio al sultano, al suo despotismo, alla sua guerra e ai suoi traffici con i terroristi. Uno, l’italiano, no. Il suo lavoro era perfettamente in linea con opera e strategia di Erdogan. Salvo che forse Erdogan non gode delle sovvenzioni del gangster kazaro ungherese. Non ne ha bisogno: le spreme dall’UE, dal suo stesso popolo e dai suoi mercenari Isis-Al Nusra. Invece Del Sette ne gode. Il suo blog, “Fortress Europe”, nei contenuti e nella forma del tutto assimilabile alle vulgate diffuse a giustificazione dei propri crimini da Cia, Mossad, Soros e l‘intero establishment Impero-vassalli, ottiene finanziamenti della Open Society Foundation di Soros. La stessa che da Kiev a Caracas, da Beirut a Bengasi, da Tblisi a Budapest e a Damasco, fomenta insurrezioni più o meno violente, più o meno armate, contro i governi legittimamente costituiti e ne sprofonda nel caos e nello spopolamento i paesi.

Si vedano le due linee guida dei lavoro di Del Grande come emergono chiare e coerenti dal blog “Fortress Europe”: l’entusiastico sostegno ai partigiani e democratici rivoluzionari che hanno ridotto in frantumi un paese prospero e pacifico come la Libia e stanno provando, di nuovo per conto Nato, Usa, Israele e tirannie del Golfo, a fare la stessa cosa in Iraq e Siria, insieme alla demonizzazione di chi vi resiste e del quale non ascolta o riferisce la minima voce; la ossessiva denuncia dei migranti vittime del razzismo e della chiusura europee, occultando meticolosamente di individuare correttamente le cause, i mandanti e gli obiettivi del fenomeno. Tutto questo è in perfetta sintonia con pensiero ed azione dell’equipe del Dr. Frankenstein, operante nei laboratori sparsi tra Pentagono, Langley, Wall Street, Londra, Parigi, Tel Aviv, Ankara, Riad, come dei suoi apprendisti stregoni impiegati sul territorio.

Erdogan-Del Sette, trova le differenze

Con i massacratori misuratini di migranti e di libici neri, i cui orrori su prigionieri e donne mi sono stati riferiti nel dettaglio da un jihadista di Misurata pentito (vedi il docufilm “Maledetta Primavera”) e che fecero addirittura fuggire dalla città i pur solidali Medici Senza Frontiere, promossi a rivoluzionari democratici (alla stregua di Rossana Rossanda); con i tagliagole, scuoiatori, crocifiggitori, stupratori di Isis, Al Nusra, FSA, elevati a “partigiani”, Soros e consorteria imperialista varia non potrebbe sognare portavoce migliore. Come è possibile allora che, con un padrino naturale come Erdogan, sostenitore, fornitore e armatore dei jihadisti, Del Grande sia stato rinchiuso dalla polizia dello stessoErdogan? Perchè ha contattato “terroristi”? Ma se sono l’armata di complemento di Erdogan! Perché gironzolava senza permesso stampa? Perché passava il confine non autorizzato? Ma se lo fanno 24 ore su 24 (per non dire la scemenza “h24”) tutti gli agenti, sicari, spioni, trafficanti, mercenari che Nato e il sultano vogliano!

Non scherziamo. Lasciamo minchiate di questo genere agli utili idioti e amici del giaguaro che ne alluvionato i giornali e ne fanno colare i liquami dagli schermi (tutti i TG, tutti i talkshow, “Gazebo” del satirico di regime Zoro, “Nemo Nessuno Escluso” della coppia vanesia-svampito Petrini-Lucci, che riattaccano i cocci della bufala armi chimiche di Assad e, dato che escludono nessuno, escludono categoricamente le prove della bufala). Provino a chiedere al loro Gabriele di esprimersi sui 70 bambinelli fatti a pezzi dai suoi “partigiani” che, mentre rientravano nella patria liberata, li avevano attirati con le patatine Questa foto è di una bimbetta lì sopravvissuta.

Gli chiedano perché, oltre che delle vittime del satanico Assad, non si occupa dei 1.546 bimbi sterminati in Yemen dal 2016, degli 8,1 milioni messi alla fame, dei 150 presidi pediatrici distrutti dai protettori sauditi dei suoi “rivoluzionari democratici” .

E’ gente che sancisce il proprio discredito, la propria ignoranza o sudditanza, spappagallando falsità e raggiri commissionati dalle note centrali e negando pervicacemente il diritto alla parola dell’altro. Il per niente infondato sospetto è quello di una messa in scena sapientemente orchestrata da Erdogan d’intesa con i regimi e servizi Nato e Sion. Abbiamo per le mani un eroe della battaglia mediatica contro i turpi dittatori Gheddafi e Assad, un vindice dei disperati che il mare divora e l’Europa respinge. Come nel caso del Saviano anti-camorra di “Gomorra” il piedistallo c’è. Per ergervi la statua occorreva il martirio: la prolungata detenzione, le vessazioni, il diniego all’incontro con i propri diplomatici e legali, lo sciopero della fame, la paura del peggio. Sai quanto, a felice soluzione combinata, gli allori di cui Del Sette cinge i sicari dei genocidi e le falsità e gli anatemi che lancia sui loro nemici diverranno testi sacri con cui, come tutti i testi sacri fanno, coglionarci tutti!

Fate caso al sincronismo tra un New York Times che, finalmente mostra le carte proclamando che è tempo di collaborare con l’Isis, naturale alleato, e di farlo vincere (era l’intenzione dall’inizio, ma poi s’erano inventati la “guerra al terrorismo”); la False Flag delle armi chimiche e lo scatenamento missilistico di Trump sulla Siria, con annuncio di imminente invasione; e la vicenda Del Grande, propedeutica al suo nuovo libro sui “partigiani jihadisti” e sulla naturale alleanza che si è stabilita tra loro e le popolazioni che felicemente se ne fanno governare (come, del resto, ampiamente dimostrato dai fuggiaschi controvoglia dall’Isis a Mosul e da Al Nusra ad Aleppo).

La gloria del martire, le fatiche di Sisifo

E lo tsunami è subito partito, con i soliti primi attori, attori non protagonisti, figuranti, comparse, veline. Una magnifica troupe di presstitute. La stessa del caso Regeni. Altrettanto graniticamente impegnati a occultare la vera identità del soggetto, per quanto documentata dai suoi trascorsi e presenti. Se non lo rilasciano presto, avremo le gigantografie sui municipi e i presidi di Amnesty e pacifinti in piazza. Sarà peggio dello sbarco in Normandia. Se lo lasciano presto, ce lo vedremo rifilato, insieme al nuovo libro, a schermi ed edicole unificate, fino a quando non apparirà, come Zelig, accanto al papa nella finestra dell’Angelus. Il libro andrà a ruba e il macigno che noi, altrettanti Sisifo, dobbiamo tornare continuamente a spingere su per la montagna sarà ancora più pesante.

Ho parlato di utili idioti e amici del giaguaro. Eccovene un campione tra quelli che hanno firmato l’appello per Del Grande. Trovate un po’ voi chi appartiene all’una o all’altra categoria. Tutti amici di “Fortress Europe”, molti senza averne mai neanche annusato gli afrori kosher.

Tra le associazioni e gli enti firmatari catanesi figurano: Borderline Sicilia; Borderline-Europe; Asgi sezione Sicilia; Rete Antirazzista Catanese; Cooperativa Quetzal – La Bottega Solidale – Modica; Filieque Iblee – Modica; Chiesa Cristiana Evangelica Battista – Catania; Chiesa Evangelica Valdese – Catania; Associazione culturale Gammazita; Catania Prc; Catania Coordinamento regionale dei comitati No MUOS; Circolo Città futura – Catania.

Pensierino cattivo. Chissà se spunta qualcuno che faccia un po’ di casino per il giornalista del Senegal, arrivato clandestino in gommone e detenuto da sei mesi nel CIE di Ponte Galera? Gli hanno mandato l’avvocato e il console? Hanno tappezzato di sue foto i municipi? Si sono mossi Alfano, Manconi, il manifesto, la lobby, Saviano e Formigli? Ha monitato Mattarella? Si sono stracciati le vesti tv e giornali? Hanno iniziato a costruirgli un monumento?

E ora, brevemente, alle altre due grosse fake news del momento.

A morte il negazionista. Anche del vaccino.

Forse se l’aspettavano, come quelli che, dopo Regeni contro Al Sisi, in questi giorni si giocano Del Grande contro Assad. Entrambe battaglie mirate a far prosperare la quinta colonna già colonialista, ora imperialista, dei Fratelli Musulmani. Un’ineccepibile, per completezza, correttezza, equilibrio, deontologia, trasmissione di Report, realizzata dal mio bravissimo ex-collega e amico al TG3, Sigfrido Ranucci, sulla questione vaccini ha commesso il crimine massimo, l’imperdonabile. Dopo aver ribadito la sua fede nell’utilità dei vaccini in generale (che io non ho e lo pagherò sul rogo), ha dato voce anche all’altro versante. A quella nutrita e del tutto responsabile schiera di scienziati, medici, cittadini, onorati anche dall’ospitalità offertagli dalle più rispettate riviste mediche, e a quei portatori di tragici casi con molta evidenza derivati dal vaccino contro il Papilloma virus che attacca la cervice dell’utero, i quali, sulla base di ricerche e dati statistici, ritengono ci sia il sospetto di effetti negativi, anche gravissimi, di quel vaccino e di altri, e che di conseguenza andrebbe, intanto, applicato il principio di precauzione e, poi, approfondita la ricerca.

Anche qui sbarco di Normandia. Il negazionista Ranucci va raso al suolo con tutti i ciarlatani complottisti che propagano irresponsabili negazionismi suscettibili di provocare danni irreparabili a milioni di bambini, fino a, quasi quasi, l’estinzione dell’umanità. Scatenamenti virulenti di supercompetenze mediche, scientifiche, istituzionali, come quelle della ministra Lorenzin, di tutt’altra estrazione e per la quale la formazione medica vale la mia in astrofisica dei buchi neri. Indignazione parossistica, bimbetti a rischio di venire sterminati dai criminali negazionisti, l’urlo “scienza! scienza! “a sfondare i timpani e il diritto ad avere un pacato confronto in tv, sui giornali, nelle aule scolastiche e universitarie. L’aspettavano, il botto di Ranucci. Sapevano bene che la contestazione ai dogmi miliardari di Big Pharma montava. Occorreva il pretesto. Difatti subito, come le emergenze antidemocratiche permanenti dopo un attentato terroristico, regioni che impongono il vaccino obbligatorio (visto che la morte, obbligatoriamente sotto controllo di Stato o di Chiesa, gli è sfuggita), ordini dei medici che radiano membri dal curriculum eccellente, ma macchiato dal dovere costituzionale che lascia ai cittadini il sacrosanto diritto di scelta. Manco fosse stata presa a schiaffi Eva Curie. E non una consorteria di speculatori truffaldini dal curriculum nero come Mengele. Hanno resuscitato Urbano VIII e hanno riprocessato Galileo Galilei. Un regresso di mezzo millennio.

Tutta la mia ammirata solidarietà al dr. Roberto Gava di Treviso, radiato dai pretoriani di Lorenzin e Big Pharma tutto il mio eticissimo odio a Big Pharma e ai suoi innumerevoli delitti. Come anche al Tribunale d’Ivrea che, nel quadro di un vero e proprio contrappasso rispetto a quelli che ululano contro chi non concorda sui vaccini, ha riconosciuto che un telefonino aveva provocato il cancro al cervello a un operatore di Telecom, sancendo così il legame tra cellulari e tumori, mai ammesso e tantomeno comunicato dalla “scienza”. Per la verità, bastava aver visto un bicchiere d’acqua bollire se posto accanto a uno di questi aggeggi.

Big Pharma, verso la sesta grande estinzione?

Non mi addentro nella diatriba, non ne ho la qualifica. Ma qualcosa so molto bene. Che tutto quello che fa Big Pharma e fa fare ai medici trattati a vacanze nei mari del Sud, prebende, convegni, riconoscimenti, è ombreggiato da un retro pensiero: avere (produrre) tante malattie per vendere tanti farmaci, fare tanti soldi e lobbizzare alla sudditanza la politica. Finchè c’è gente. Poi si vedrà. Il mio primo reportage sul tema lo feci per Paese Sera ad Aquisgrana, dove l’illustrissima Chemie Gruenenthal fu processata per aver mantenuto in commercio per anni il Talidomide, farmaco antinausea per puerpere, di cui i dirigenti sapevano che stava producendo migliaia di malformazioni nei nascituri. Anni ’60.

Anni ’90: viene ritirato dal commercio e sparisce l’AZT che, per gli indiscutibili propugnatori dell’esistenza del virus HIV e, dunque, dell’AIDS, ricettori di fantastilioni per le loro ricerche e i loro istituti e associazioni, doveva curare quella sindrome. Ma non la curava. Anzi, ammazzava quelli che alla sindrome scampavano. L’avevano creato negli anni ’60. Non serviva a niente. Bisognava trovare una malattia su cui fargli produrre profitti. La trovarono con l’AIDS, un virus che per sei Premi Nobel è una truffa. Come con l’amianto, come con l’uranio, lo sapevano. Ma lo tacevano. E uccidevano. Come le divinità dell’elettronica, Steve Jobs, Bill Gates, Tim Cook, sapevano che le onde elettromagnetiche dei loro apparati ci avrebbero distrutto il cervello. Ma ci puntavano proprio, via tumori, o via rimbecillimento e perdita del rapporto con la realtà. E’ il mandato affidatogli.

Pochi sono in grado di sancire chi, in fatti di scienza abbia ragione. Ma mille indizi, vale a dire mille malefatte, fanno una prova granitica di cosa siano e come operano i farmaceutici e i chimici in generale. Basterebbe solo la successione di epidemie farlocche che di Big Pharma fanno uno dei tre poteri dittatoriali del mondo, insieme ai petrolieri e agli armieri. Oppure quel trucco “scientifico” per cui ogni tanto le case farmaceutiche abbassano la soglia oltre la quale colesterolo, pressione e altri fenomeni diventano pericolosi e richiedono terapie. Scendere da 150 di pressione a 135 vuol, dire solo una cosa: milioni di ipertesi in più, milioni di dosi di statine (nocivissime) in più, milioni di talleri in più. Facile, no?

Una certezza però c’è sui negazionismi, fondati o meno che siano, di vaccini, olocausti, verginità di Maria, scie chimiche, santità di Padre Pio, sbarco sulla Luna, l’11 settembre. Chi li sfotte, perseguita, proibisce, punisce, manifesta debolezza della convinzione, insicurezze sull’argomento. Ne ha paura. Il che produce un perché grande come le Torri Gemelle. Complimenti ai 5 Stelle, gli unici che hanno espresso una posizione corretta, democratica.


Da Gladio a Igor il russo

La qualifica, del tutto infondata di russo e, addirittura di ex-membro dei terribili reparti siberiani di Putin, per poi finire riconosciuto serbo, comunque slavo, è solo l’effetto collaterale dell’operazione Igor Vaclavic, alias Ezechiele Norberto Feher. Per capire l’obiettivo principale basta ravvivare un tantino la nostra maltrattata memoria e andare a ritroso attraverso una serie di serial killer, la Banda delle Coop, i poliziotti e agenti killer della Uno Bianca, il terrorismo Stato-mafia, tutti attorno allo spartiacque tra prima e seconda repubblica, dopo il crollo del Muro, grande ricambio di gruppi d’interesse e relativi rappresentanti politici. E, risalendo, la strategia della tensione, le stragi e il golpe Borghese quando l’assetto capitalista-atlantista vacillava sotto i colpi di un movimento di massa, De Lorenzo tentato golpista e Stay Behind formalmente per sabotare un’occupazione sovietica, effettivamente per spostare a destra l’asse del paese. E dietro, sempre, la Cia.
Il fenomeno Igor è un episodio minore, ma forse il segnale di qualcosa che va avviato e di cui si sperimenta l’effetto. L’effetto collaterale è l’inserimento del ferocissimo ectoplasma (finora è solo presunto killer di due persone) nel filone geopolitico della russofobia e, per estensione, della serbo- e dunque slavofobia che, oltre tutto, ci assolve dal peccato di aver ucciso la Jugoslavia. Eccelso il razzismo hitleriano, o l’eugenetica Usa, con cui tale Veronica Tomassini sul “Fatto Quotidiano” ha tratto dall’operazione Igor lo spunto per parlare di una ”crudeltà slava e balcanica che è intraducibile e che risale alla radice di uno spirito nazionalista nel quale i giovani militari serbi venivano addestrati alla dissoluzione cieca e all’esaltazione del delitto… a uccidere una colomba a morsi… fino a sentirne la carne palpitare, il liquido rovinare tra i denti, in bocc… Igor, eccola la crudeltà slava chiusa con una smorfia… riassume il gene… che distrugge per distruggere”. Vi risparmio il resto di questo delirio, anche perché fa abbastanza schifo. Qualche boia come Clinton, Woytila, Schroeder e D’Alema, ne trarrà conforto.

Un finto russo per abituarci al gendarme a capo del letto.

E’ in corso l’impiego, delirante come i rigurgiti della Tomassini, di uno schieramento da invasione della Polonia, poliziesco e militare come non s’era mai visto sul territorio nazionale: forze speciali, truppe da sbarco, arditi incursori, carabinieri del Tuscania, reparti d’assalto di tutte le armi e polizie. Mancano solo le armate dell’Impero Galattico. Insomma Kabul. La più gigantesca e tecnologica caccia all’uomo mai scatenata, sul modesto spazio di 50 km quadrati, tra Bologna e Ferrara, dove tutto è piatto come un bigliardo, senza un anfratto, una grotta, un cunicolo, uno sprofondo. Quattro spegassi per alberi. Hanno mezzi per registrare ogni nostro passo e pensiero anche solo bisbigliato, ogni nostra intenzione, beccano il dna dal colpo di tosse per strada, hanno droni e satelliti che individuano scarafaggi tra le zolle. Ma da inizio aprile Igor è imprendibile. Bastano quattro canne, un canale, una zattera, a sottrarcelo.

Basta scherzi. Ricordate i Ros del colonello Mori che non perquisisce il covo di Riina e non cattura un Provenzano bell’e inchiodato? Qui si deve far grancassa mediatico-militare, sperimentare il controllo militare del territorio come in Val Susa, disorientare e spaventare la popolazione, tutta quanta a rischio di essere sgozzata da Igor, lo sa bene la Tomassini. E più è spaventata la popolazione e più si ritrae nel suo guscio e si frantuma la società e meno si pensa alla catastrofe sociale, culturale, economica e politica italiana, che è peggio della pioggia di rane sull’Egitto, e più diventiamo come gli americani: ognuno titolato dalla legge sulla legittima difesa ad armarsi e a sparare al prossimo se solo fa bau. Così si dissolve la società e l’élite si rafforza.

Lo prenderanno, Igor, o lo faranno sparire per sempre. Una volta che anche l’effetto principale risulterà bene avviato.



Fulvio Grimaldi

Fonte: http://fulviogrimaldi.blogspot.it

Link: http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/ ... .html#more

22.04.2017

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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda Sbob » lun apr 24, 2017 9:57 am

Adesso sei passato a dare voce a filonazisti e negazionisti dell'AIDS?

Di cazzate ne hai pubblicate tante, ma questa raggiunge un livello di sconclusionatezza e delirio da psichiatria.


Stai scadendo, seriamente.
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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda otttoz » lun apr 24, 2017 14:08 pm

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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda VYGER » gio apr 27, 2017 12:27 pm

Non cesseremo di esplorare - E alla fine dell'esplorazione - Saremo al punto di partenza - Sapremo il luogo per la prima volta. T.S. Eliot
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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda coniglio » gio apr 27, 2017 13:44 pm

stavolta ha ragione
(anche se non ho mai apprezzato molto il modo caciarone di fatto poco elegante
di litigare con stampa e direttamente con i giornalisti. lo trovo, alla prova dei fatti,
estremamente controproducente
ai fini della mission politica)


di Beppe Grillo

Oggi ho scoperto di essere io la causa del problema di libertà di stampa in Italia. Lo afferma il rapporto di Reporters Sans Frontieres appena pubblicato. Mi ha aperto gli occhi. Io pensavo che fosse perché i partiti politici con la lottizzazione si sono mangiati la Rai piazzando i loro uomini nel management e nei telegiornali e dicendo loro che cosa dire e che cosa non dire. Pensavo che fosse per i giornalisti cacciati dai programmi RAI o per le minacce del partito di governo a quelli che sono indipendenti, come Report. Pensavo che fosse perchè in Italia non ci sono editori puri e metà delle tv generaliste le controlla il capo di Forza Italia e perchè la tessera numero uno del Pd controlla il secondo giornale più diffuso in Italia. No, la colpa è mia.

Se i TG e i giornali non vi danno le notizie o vi danno notizie false o vi danno notizie non verificate è perchè hanno paura di me. Reporter Senza Frontiere dice che diffondo "l'identità" dei "giornalisti sgraditi". Forse non sono stati informati bene dai direttori dei giornali italiani che li hanno contattati per cambiare la classifica (vi hanno contattato, vero?). Non viene pubblicata l'identità dei giornalisti sgraditi, viene smentita la balla che diffondono o viene risposto alle loro offese gratuite. Sono andato a ripescare i post del 2016, anno a cui si riferisce il report, in cui si parla di giornalisti. Eccoli:

Gennaio 2016: quando Orfeo, direttore del tg1, censurò la carrellata di indagati del pd
Aprile 2016: quando il direttore de l'Unità D'Angelis pubblicò la bufala di Virginia Raggi nel video di propaganda di Berlusconi e neppure chiese scusa
Ottobre 2016: Federica Angeli che sminuiva le minacce mafiose arrivate a un nostro consigliere
Ottobre 2016: Rondolino che dà del cretino a Gianroberto Casaleggio, cofondatore del MoVimento 5 Stelle, poco dopo la sua scomparsa
Novembre 2016: la bufala cosmica di Jacopo Iacoboni pubblicata da La Stampa su Beatrice Di Maio e ripresa da tutti i media senza alcuna verifica

Poi ci sono centinaia di denunce di bufale generiche e di censure più o meno velate. Ma cari reporter senza frontiere, denunciare un fatto (l'oggettiva inesistenza di libertà di stampa) e chiedere smentita alle notizie false non può essere considerata un'intimidazione. Noi ci battiamo per un'informazione libera, indipendente e accessibile a tutti come ci ha riconosciuto Julian Assange, intervenuto a Italia 5 Stelle a Palermo: "Avete ottenuto un risultato straordinario, squarciando il velo dei filtri, che sono molto forti in Italia, della vecchia stampa mainstream corrotta. Penso che questo sia probabilmente il vostro successo più importante".

Ma anche Assange ha preso un abbaglio. La colpa di questo sistema informativo marcio è mia. In un Paese in cui un ex premier condannato tiene in mano tre televisioni da oltre 20 anni, dove molti giornali nazionali sono amministrati da editori impuri iscritti a partiti politici o, peggio ancora, dove alcuni quotidiani sono persino proprietà diretta di partiti politici, il problema sono io, che scrivo su un blog. Ma... sarà.
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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda PIEDENERO » gio apr 27, 2017 16:23 pm

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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda coniglio » gio apr 27, 2017 16:28 pm

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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda Sbob » gio apr 27, 2017 19:02 pm

Fino a tre giorni fa il rapporto di RsF era la Bibbia da citare in ogni discorso (a sproposito).

Oggi è il Male.
:lol:
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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda PIEDENERO » ven apr 28, 2017 7:50 am

Propaganda di guerra e menzogne mainstream: intervista al fotoreporter Giorgio Bianchi

Giorgio Bianchi
Giorgio Bianchi, fotoreporter romano, è autore di splendidi reportages dalla Siria e dall’Ucraina. Lo sguardo di Giorgio Bianchi si muove rapido in un contesto di morte e distruzione, catturando con rara sensibilità l’umanità dietro la guerra, mostrandoci uomini e donne che combattono e sopravvivono sullo sfondo della storia che si compie, quasi sovrapposti alla storia stessa, quasi fuori posto rispetto all’enormità delle vicende delle quali si scoprono, loro malgrado, protagonisti. I sentimenti di paura, smarrimento, perseveranza, coraggio che queste persone esprimono nelle foto di Giorgio Bianchi sono una scintilla che pare riscattare l’umanità dalla follia che ha provocato le distruzioni circostanti.

La sua esperienza in Siria ed in Ucraina, ma anche la sua attenzione al ruolo dell’informazione negli equilibri politici internazionali, ci consentono di tentare con lui un’analisi complessiva della guerra moderna e del ruolo fondamentale della propaganda.

Saker Italia: Cominciamo dalla Siria. Scriviamo all’indomani dell’attacco americano alla base siriana di Shayrat, col pretesto del presunto bombardamento con armi chimiche a Iblib. In poche ore ci siamo ritrovati in una situazione peggiore di quella del 2013, quando, grazie soprattutto alla mediazione russa e alla completa dismissione dell’arsenale chimico siriano, si è evitato per un soffio il conflitto diretto. Oggi come allora non ci sono prove delle responsabilità siriane, ma si è scelto di non attendere i risultati di un’inchiesta indipendente e di colpire subito, condannando Assad senza appello. Gli organi di stampa citano come precedente la strage di Ghouta nonostante le inchieste successive (tra tutte quella di Seymour Hersh) abbiano attribuito la responsabilità di quel massacro ai terroristi di Al Nusra, col probabile coinvolgimento della Turchia e l’assenso della Clinton. Anche oggi nessuna prova concreta, solo le dichiarazione del solito Osservatorio Siriano per i Diritti Umani e le testimonianze degli Elmetti Bianchi. Qual è la tua esperienza sul campo, e come valuti il rapporto tra i fatti e il modo nel quale ci vengono raccontati?

Giorgio Bianchi: La situazione dei media mainstream è drammatica. Ne parlavo l’altro giorno con un giornalista della vecchia scuola del Sole 24 Ore il quale era esterrefatto della solerzia con la quale alcuni sui colleghi si erano affrettati a stigmatizzare ed etichettare fatti impossibili da verificare sul momento.
E’ la morte del giornalismo. Nel momento stesso in cui accetti di rimbalzare notizie senza verificarne le fonti e l’attendibilità e soprattutto senza accompagnarle con un’adeguata analisi, da organo di informazione ti trasformi in organo di propaganda. La tecnica è quella del framing, ben spiegata da Marcello Foa in molti suoi interventi: viene creato un frame, ovvero una cornice, che stabilisce il recinto della notizia e poi tutti gli altri si adeguano, in una sorta di riflesso pavloviano.
E tu sei dall’altra parte, spettatore inerme, costretto ad assistere alla mattanza dell’informazione, come imprigionato in una campana di vetro, senza possibilità di ribattere e far arrivare anche la tua voce, i tuoi dubbi. Perché poi di questo si tratta: manifestare almeno qualche dubbio; invece loro hanno tutte le certezze in mano.
Ieri sera viaggiavo in macchina con un amica che ascoltava attonita le mie analisi e le mie testimonianze e mi chiedeva smarrita: “ma noi che possiamo fare?”. Leggo giornali, ascolto radio e TV, ma è proprio questo il problema: non ci si può più informare con quel genere di media, non sono attendibili. Hanno dilapidato, sempre che l’abbiano mai avuto, quel patrimonio di credibilità grazie al quale l’utente poteva ritenere con buona approssimazione che quanto scritto fosse più o meno attinente al vero. O meglio, il giornalista era pagato per fare quel fact checking che l’utente medio non ha né il tempo né i mezzi per fare.
Oggi, quando leggo una notizia, la prima cosa che devo fare è perdere tempo per verificarla; ma allora, se tutto il lavoro lo devo fare io, perché pagare un giornale? Per non parlare poi del fatto che con la crisi dell’editoria i pezzi vengono spesso fatti col copia incolla e pagati 30/50 euro. Tanto vale farsi il lavoro da soli. Secondo il mio modesto parere quel tipo di media è destinato a scomparire, sono dei morti che camminano, perché gli utenti si stanno accorgendo del trucco ed il fermento che c’è nei social lo dimostra appieno. La cosiddetta “gente” vale molto di più di quanto gli establishment la considerino: le lezioni all’Auditorium di Luciano Canfora fanno sempre il pieno e se ne tenesse una a sera per 300 giorni l’anno farebbe il pieno lo stesso.

S.I.: Tu lavori coi media e nei media. Hai parlato spesso di realtà orwelliana, di un universo distopico nel quale ci troviamo costretti a mettere in discussione verità che credevamo acquisite, soprattutto quando ci vengono raccontate nella neolingua del Miniver globale: quando la mistificazione della realtà si rivela nella sua agghiacciante sistematicità, nulla è più come prima. Le certezze su cui abbiamo sempre contato sembrano svanire. E’ veramente così oppure quelle certezze non sono mai esistite e oggi abbiamo semplicemente la possibilità, grazie ai nuovi media, di rendercene conto?


Palmira. Foto: Giorgio Bianchi

Siria: profughi interni sistemati dal governo a Tartus. Foto: Giorgio Bianchi
G.B.: Quello che sta accadendo negli ultimi tempi mi sta portando a credere questo, ovvero che noi non sappiamo nulla e che forse dovremmo dubitare anche di quanto riportato sui libri di storia. Faccio un esempio: organizzo una mostra su Maidan a Milano allo spazio Polifemo con conferenza moderata dal rappresentante lombardo di Amnesty. Guardando le mie foto mi chiede se davvero i manifestanti fossero così armati ed equipaggiati, al punto che ad un primo sguardo li aveva scambiati per soldati. Ecco, su questi fatti nessuno sa nulla perché gli editor per corroborare la loro narrazione di “sommovimento di popolo” scelgono la foto del manifestante col caschetto da operaio o in giacca e cravatta piuttosto che quella del neonazista in mimetica. Se tu vedi che a fare la rivoluzione sono gruppi paramilitari neonazisti magari ti fai un’idea diversa di quello che sta succedendo. E così via discorrendo.
Mentre ero a Damasco ricevevo quotidianamente messaggi di persone preoccupate per la mia incolumità, convinte che in Siria ci fosse l’apocalisse e che il governo stesse bombardando a tappeto le sue città. Allora gli devi spiegare che hai la possibilità di girare per strada di giorno e di notte (a volte anche fino alle due) senza nessun problema, che la gente nei territori governativi vive e lavora come ha sempre fatto (certo, con tutti i disagi portati dalla crisi economica susseguente alla guerra ed all’embargo) e che il governo gode del sostegno incondizionato della stragrande maggioranza della popolazione (compresi i giovani universitari) che vedono in Assad l’unico garante per la stabilità e l’unità del paese.
Mentre i media occidentali parlano di apocalisse ad Aleppo tu sai che i quattro quinti di città in mano al governo sono pressoché intatti, a parte i danneggiamenti causati dai colpi di mortaio sparati dai ribelli umoristicamente definiti moderati. Tu sai che ci sono corridoi umanitari aperti e pullman ed ambulanze parcheggiati in attesa di quelli che desiderano abbandonare Aleppo est; che i bombardamenti sono stati sospesi per consentire alla popolazione civile di evacuare e che sono stati distribuiti volantini con le istruzioni da seguire per raggiungere i varchi, ma di tutto questo i nostri media non hanno riportato assolutamente nulla.
Si è arrivati a dire che Assad aveva bombardato anche l’ultimo ospedale di Aleppo…roba da pazzi. Per non parlare della questione dei rifugiati: stando ai nostri media tutti i siriani stanno abbandonando il loro paese per fuggire alla guerra ed alla dittatura.
Ma nessuno vi ha parlato dei quasi otto milioni di IDP [internally displaced persons n.d.a.]i disseminati nel paese. Sono i profughi sfollati dalle loro abitazioni in strutture governative ed in attesa di poter ritornare nei luoghi di origine. Avevo fatto un lavoro incentrato proprio su questo: ero andato in un centro per IDP ed avevo documentato la vita al suo interno; poi ho seguito una famiglia che da uno di questi centri era ritornata nella sua città, a Homs (la parte vecchia), per tentare di ricostruire la propria casa e la propria attività in mezzo alle macerie. Pensi che a qualcuno sia interessata questa storia?
La maggior parte della popolazione siriana ha un fortissimo sentimento nazionale e non ha la minima intenzione di abbandonare il proprio paese.
Tornando alla tua domanda iniziale vorrei dire anche qualcosa sul mondo della fotogiornalismo. Oggigiorno, accanto al fotogiornalismo tradizionale, si sta affermando il cosiddetto storytelling, che io amo definire, scherzosamente ma non troppo, fotoromanzo. Questo secondo me è il vaso di Pandora scoperchiato il quale possiamo dire addio alla foto come documento storico.
Due anni fa al fotografo Troilo è stato ritirato il premio World Press Photo per aver mandato foto smaccatamente staged accompagnate da didascalie mendaci. Quest’anno ci sono ricascati con un fotografo iraniano che ha vinto la categoria “long term project” con foto strabilianti ma quasi tutte “acchittate” da amici o modelle. Questa deriva sancirà definitivamente la fine del fotogiornalismo.
Qualche anno fa la Photo of the Year fu una foto altrettanto in posa di due ragazzi omosessuali che amoreggiavano in una stanza di Mosca: atmosfere alla Hopper, la posa dei due studiata nei minimi dettagli.
Se accetti questo, lasci la porta aperta a qualsiasi tipo di mistificazione.
Ma forse è proprio quello che si vuole, ovvero colpire al cuore l’ultimo baluardo dell’informazione: il reportage fotografico. Una fotografia ben fatta ha un potere enorme, è un ricordo precostituito che si fissa all’istante nella memoria dell’utente.
Pensa solo alla guerra nel Vietnam: paginate e paginate di articoli, di video, di documentari e di film…eppure quello che è rimasto nell’immaginario collettivo sono gli scatti iconici dei grandi fotoreporter.
Questo la dice lunga sul potere del fotoreportage e del perché vada salvaguardato ad ogni costo.
L’altro ieri parlavo con Mauro Gallegani dei suoi trent’anni passati ad Epoca… ecco, quelle esperienze sono quello che oggi manca. Forse solo il NYT, con i suoi fantastici staff photographers, e Time restano ancora nel solco di quella gloriosa tradizione.

S.I.: Tu hai seguito dall’inizio la guerra in Ucraina, sin dai tempi del Maidan. Hai anche detto che le tue foto e la tua testimonianza su quello che è accaduto, in particolare sul presunto attacco della polizia ai manifestanti sono state ignorate dai grandi media. Cosa hai visto e documentato? Cosa è stato davvero il Maidan?

G.B.: Come ho accennato in precedenza la rivolta di Maidan sotto i miei occhi ha assunto fin da subito i connotati di un vero e proprio colpo di stato. Accanto ai manifestanti pacifici, che erano la minoranza, si sono mossi gruppi paramilitari neonazisti facenti capo alle sigle Pravy Sector e Svoboda, ben equipaggiate ed inquadrate militarmente, che di fatto hanno dato vita ad una vera propria guerriglia urbana contro le forze dell’ordine poste a difesa degli edifici governativi.
Ho assistito a lanci di molotov, pietre, colpi di arma da fuoco (un poliziotto è caduto ucciso ai miei piedi, ma non ho potuto fotografarlo perché i suoi colleghi me lo hanno impedito) da parte dei manifestanti nei confronti della polizia. Certo, in alcuni casi la polizia si è comportata in maniera brutale ma tutto avveniva in un contesto di guerra con 15 gradi sotto zero, e comunque la violenza della polizia era limitata alle ferite inferte ai manifestanti a seguito degli scontri.
Nessuno di questi fatti sarebbe in nessun caso stato tollerato dai nostri governi cosiddetti democratici: basti pensare a cosa sia avvenuto a Genova o a Ferguson solo per citare i primi esempi che mi vengono in mente, dove per fatti di minore gravità e circoscritti nel tempo si è ricorsi a metodi molto più brutali (in Italia i manifestanti sono stati torturati ed umiliati, a Ferguson è arrivata la guardia nazionale).
Comunque, secondo la versione ufficiale, dopo mesi di stallo tra polizia e manifestanti, un bel giorno, il fatidico 22 febbraio 2014, la polizia avrebbe aperto il fuoco, lasciando sulla strada circa 90 manifestanti uccisi, per poi levare le tende e dissolversi nel nulla. Io ero lì su quella strada e posso dire con assoluta certezza (ed alcune foto lo testimoniano) che parte degli spari provenivano dall’Hotel Ucraina, che era uno dei quartier generali dei manifestanti.
In una mia foto si vede chiaramente un manifestante (tra l’altro armato di carabina) indicare alle mie spalle in direzione dell’hotel così come il ragazzo dagli occhi verdi guarda con terrore in direzione opposta a quella della polizia. E un manifestante, colpito a morte proprio davanti a me, anziché cadere all’indietro è caduto in avanti. Insomma, tutti fatti che lasciano capire che a fare fuoco sui manifestanti ci fosse quantomeno un altro cecchino o gruppi di cecchini appostati alle finestre dell’Hotel Ucraina.


Maidan: Uomini Autodifesa del Maidan indicano l’Hotel Ucraina. Foto: Giorgio Bianchi

Maidan: combattente dell’autodifesa del Maidan guarda l’Hotel Ucraina. Foto: Giorgio Bianchi


Questo fatto è anche documentato in un video della BBC in cui si sente il reporter contare le finestre per suggerire all’operatore dove inquadrare il cecchino appostato. La storia di Maidan è tutta ancora da scrivere: oggi i rappresentanti di quelle organizzazioni paramilitari neonaziste siedono nel parlamento di Kiev. Bisognerebbe poi ricordare il massacro di Odessa (2 maggio 2014), che ha sancito la fine della “Maidan filorussa”. Un evento assolutamente speculare a quello di Maidan (almeno negli esiti) ma di cui i media mainstream poco o nulla hanno detto. Nel marzo scorso ho intervistato uno dei sopravvissuti al massacro del quale il 2 maggio ricorre l’anniversario. Per avere un quadro più chiaro di quanto sia accaduto in Ucraina e quantomeno capire alcune delle ragioni dei filorussi basterebbe sentire le sue parole o andare su YouTube e vedere anche solo uno delle centinaia di video girati in quel fatidico giorno, e poi fare il raffronto su quanto riportato dai media paragonandolo alla mole di informazioni arrivate da Maidan. Solo questo basterebbe per dare la cifra dello strabismo e del livello di mistificazione al quale i media sono arrivati.

S.I.: Hai detto che la guerra in Donbass è in qualche modo speculare a quella in Siria: alla sovraesposizione mediatica finalizzata alla demonizzazione del governo di Assad corrisponde un silenzio assordante sui crimini del governo ucraino e sulle atrocità commesse dai battaglioni neonazisti ai danni della popolazione civile. Quella in Donbass è una guerra che per i media mainstream semplicemente non c’è. Ovviamente anche tacere i fatti è un modo per manipolare la realtà e influenzare l’opinione pubblica. Tu sei stato anche nel Donbass: cosa non ci dicono?

G.B.: Assolutamente nulla.
Quando dico che vado nel Donbass la seconda domanda è sempre “che ci vai a fare?” (la prima è sempre “cosa è il Donbass e dove si trova?”). Già questo la dice lunga sullo stato dell’informazione sull’argomento e forse risponde esaurientemente alla tua domanda. Il Donbass è un luogo dove si combatte una guerra di trincea molto simile a quelle che hanno visto protagonisti i nostri nonni, una guerra di posizione dove i due eserciti si scontrano per guadagnare o riguadagnare poche centinaia di metri di terreno.
Villaggi che sembravano dimenticati dal mondo sono teatro di bombardamenti quotidiani effettuati con artiglieria pesante e tank. Nel luglio dell’anno scorso, mentre eravamo in uno di questi villaggi a riportare la vita dei miliziani in una delle postazioni di retroguardia, siamo finiti sotto il tiro dell’artiglieria ucraina. Sono stati dieci minuti interminabili durante i quali, rintanati all’interno di un bunker, abbiamo veramente creduto che per noi fosse finita. Uno di quei colpi da 152 mm è caduto a dieci metri dal portone della villetta nella quale ci trovavamo.
Nell’articolo per Difesa Online scrissi “[…] poi in lontananza, quasi impercettibile un doppio pum pum…. Noi si chiacchiera, di lato si gioca, dentro si dorme. E poi due fischi veloci come un rapace in picchiata; striduli come unghie sulla lavagna; violenti come un treno superveloce lanciato a tutta forza su un muro di cemento. Le teste si alzano, il tempo si ferma, il cervello reagisce… Giù ventre a terra nonostante la fotocamera che pende sul petto, nonostante il pavimento di cemento, nonostante non ci sia stato il tempo di capire. Un fischio di tre secondi e poi un boato, un flash abbagliante ed infine una pioggia di detriti ovunque. E poi a seguire un secondo, più forte più crudele, più vicino… Non c’è tempo, il bunker, una corsa, le scale….Nessuno ha pensato. Una sorta di intelligenza collettiva ci ha condotti nel posto giusto… La luce è saltata, siamo al buio, si sgomita… Ci si conta… Ne mancano tre che sono ancora sopra. Ancora un fischio, ancora un boato, tutto trema. L’intonaco cade dal solaio come farina, il comandante corre all’ingresso ed urla verso la casa da dove provengono voci. Poi di nuovo quel maledetto fischio e di nuovo tutti a terra… Il comandante sempre vicino all’ingresso come a voler stare con i suoi soldati rimasti in casa… E poi di nuovo quelle grida e di nuovo quelle urla da sopra. Nel bunker qualcuno si tappa le orecchie, qualcuno prega. Altri due fischi, altri due boati… La morte viene dal cielo e ci cerca….”.
Quest’evento, che segnerà per sempre la mia vita, lì viene vissuto quotidianamente sia dai civili che dai militari. E per l’Europa non succede nulla.
A marzo, mentre ero in visita al volontario italiano presso la sua trincea di prima linea, è successo qualcosa di analogo: questa volta il fuoco era di almeno tre mitragliatrici pesanti. Il video di me che riprendo i proiettili traccianti in arrivo e poi mi butto a terra ha fatto il giro del Donbass, ma soprattutto della Russia. Sono venuti giornalisti dal primo canale russo per intervistarmi e sono finito in uno speciale della domenica pomeriggio assieme al servizio su Deki, il cecchino serbo che combatte per i separatisti.
In Italia, a parte un’intervista su Sputnik, nessuno si è degnato di riportare il fatto, che avrebbe potuto essere uno spunto per dare un quadro della situazione nel Donbass. Niente, vuoto pneumatico.
Pensa che sul Donbass tra mille difficoltà stiamo realizzando un docufilm assieme ad un pluripremiato regista e due pluripremiati giornalisti. Abbiamo a disposizione un archivio di video e foto che abbracciano un arco temporale di tre anni, eppure non si trova nessuno per finanziarlo, e tieni conto che parliamo di cifre ridicole.


Maidan: secondo Giorgio Bianchi si è trattato di guerra urbana. Nella foto: “manifestanti” in formazione. Foto: Giorgio Bianchi

Maidan: ancora scene di guerriglia urbana. Foto: Giorgio Bianchi
S.I.: In entrambi i teatri gioca un ruolo fondamentale la Russia. A pochi giorni dall’attentato a San Pietroburgo, preso atto dell’evidente doppio standard utilizzato per le vittime, assistiamo al ritorno a un clima maccartista da guerra fredda. La Russia è il nemico: tutte le notizie appaiono manipolate, tese a dipingere un quadro fosco di repressione e dittatura. Credi che le vicende di cui abbiamo parlato abbiano come fine ultimo un attacco alla Russia e alla sua spinta al multipolarismo?

G.B.: Tutto quello che stiamo vedendo in Ucraina ha innanzitutto lo scopo di separare l’Unione Europea dalla Russia, nient’altro. Gli Americani avevano il terrore che l’Europa, una volta divenuta vero stato federale, si saldasse militarmente ed economicamente con la Russia. Immagina questo scenario: Europa e Russia partner commerciali: i Russi ci forniscono energia e materie prime, noi vendiamo loro prodotti di alto livello, una moneta quale l’Euro per gli scambi commerciali, agenzie di rating europee come nuovo riferimento per la finanza, impegno congiunto per la stabilizzazione del Medio Oriente, banca centrale Europea che emette titoli di debito per mettere a riparo i paesi deboli della UE dalla speculazione finanziaria angloamericana. I paesi del BRICS chi pensi avrebbero seguito in un progetto del genere?
Per l’Europa sarebbero stati 100 anni di benessere garantito. Guarda cosa è successo a Varoufakis per aver guardato alla Russia per risolvere il problema del debito greco.
Lì si è giocato moltissimo del futuro dell’Europa. Il caso greco poteva dare il via a quella collaborazione di cui ti dicevo. E poi c’è stata la lettera da Washington a Tsipras. Chissà se verrà mai resa pubblica.
La Gran Bretagna, da scaltra nazione quale è, era rimasta col piede in due scarpe, aspettando di capire come sarebbe andata a finire; appena ha capito che questo progetto era fallito si è sfilata.
Chiediamoci perché i governi europei erano e sono ancora spiati dall’intelligence USA così massicciamente: avevano il terrore di uno scenario del genere ed hanno fatto di tutto per sabotarlo.
Anche il fatto di averci fatto accollare i paesi dell’ex patto di Varsavia fa parte del sabotaggio.
Immagina come vedano i Russi il fatto che la NATO li ha circondati di basi in quei paesi che loro ritenevano il cortile di casa. Ricordiamoci cosa hanno comportato in passato i missili balistici ai Cuba. Immagina che succederebbe se i Russi facessero altrettanto in Messico o in Canada o anche solo in Alaska, se fosse ancora di loro proprietà.

S.I.: Questo mestiere ti ha scelto, hai dichiarato, quando la mistificazione della realtà è diventata così evidente che hai deciso di abbandonare il tuo lavoro alle feste e ai matrimoni e sei partito per conoscere e documentare i fatti. Come ti muovi sul campo, sempre che tu possa dircelo? Come si diventa un reporter di guerra? E soprattutto, alla luce delle nostre considerazioni, si può smettere di esserlo? Tu potrai mai tornare alla tua vita normale?

G.B.: Tornerò alla vita normale quando non riuscirò più a sostenermi.
Per fare al meglio questo lavoro ho ridotto al minimo i lavori commerciali con danni ingenti alle mie finanze. Un reportage, anche se fatto alla mia maniera, costa. Il mese scorso nel Donbass ho speso 1600 euro e adesso devo cercare di rientrare e poi guadagnare. Quest’anno per tornare in Siria a maggio e per lavorare al film ho rinunciato alle comunioni (che valgono circa 3000 euro per un mese di lavoro) e ai matrimoni di primavera. Pertanto non guadagnerò e in più spenderò.
I giornali o il web, se accettano di pubblicarti il materiale, te lo pagano cifre che neanche valgono lo sforzo di preparare le foto in un pdf per fargliele visionare. Fare reportage e lavori commerciali insieme non è una strada percorribile, se si aspira a fare entrambi, o anche solo uno di essi, al meglio. Un reportage richiede un lunghissimo lavoro di preparazione a monte, fatto di mail, ricerche di contatti, pratiche burocratiche, studio della situazione.
Per non parlare poi dell’editing del materiale.
Non solo è un lavoro che richiede piena e totale dedizione (con conseguenti ricadute sugli affetti e le amicizie) ma richiederebbe anche la possibilità di avvalersi di collaboratori salariati. Tu capisci che è veramente difficile oggigiorno fare informazione indipendente. Con i soldi guadagnati da una grande firma in un anno io ci farei reportage per dieci anni al ritmo di cinque l’anno.

*****

Intervista a cura di Barbara Oioli per SakerItalia.it
Fotografie su gentile concessione di Giorgio Bianchi
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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda PIEDENERO » ven apr 28, 2017 7:56 am


al di là delle conseguenze penali, qualora ve ne siano, quello che preoccupa è che certi argomenti sono intoccabili, tabù.
come li tiri in ballo ti saltano addosso.

PS il giovane blogger non ha fatto un brutto lavoro.
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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda Sbob » ven apr 28, 2017 10:10 am

Dipende da come li tiri in ballo e con che scopi.

Ricordi quando si faceva a gara a cercare misfatti dei partigiani?
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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda VYGER » ven apr 28, 2017 12:14 pm

PIEDENERO ha scritto:al di là delle conseguenze penali, qualora ve ne siano, quello che preoccupa è che certi argomenti sono intoccabili, tabù.
come li tiri in ballo ti saltano addosso.

PS il giovane blogger non ha fatto un brutto lavoro.


Mah...
Io al momento aspetto proprio che la magistratura porti prove. È il suo compito istituzionale. Purtroppo i tempi saranno molto lunghi.
In generale non mi piace che su questi argomenti si faccia informazione di pancia e con obiettivi politici. Credo sia inevitabile, considerata la natura di libera associazione (in senso freudiano - :mrgreen: ) di tutta la comunicazione oggi, mediatica e politica.

A questo proposito il blogger ha fatto un buon lavoro di indagine quanto al fact checking (forse poteva risparmiarsi qualche soldo andando al rapporto Frontex, eh?). Però ha usato (e forse non poteva non usare) le formule comunicative da social: ONG brutte-sporche-cattive, Stato italiano connivente con i trafficanti di uomini, legami tra trafficanti di uomini e cooperative che in Italia gestiscono l'accoglienza.

Credo che, per capire (non per diventare popolari) ci voglia più freddezza.
Dubito che Medici Senza Frontiere sia connivente con i trafficanti di uomini. È possibile che lo siano altre ONG, magari proprio per i motivi espressi dal Procuratore Zuccaro.
E non credo proprio che le cooperative che operano nell'accoglienza in Nord Italia abbiano inciuci con personaggi al di là del Mediterraneo. Lavoro con alcune di queste e metterei la mano sul fuoco sulla loro correttezza.

Tuttavia, essendo la comunicazione da processo primario (l'associazione libera, il pettegolezzo, il "dagli all'untore", la profezia) una comunicazione che dice e non dice vero e falso, qualcosa di vero può esserci, ma - mi viene da dire - in senso molto generale.

1. L'Italia è in crisi demografica e ha bisogno di popolazione giovane; potrebbe non essere una bufala che - in qualche modo - il Governo punti a rimpolpare le proprie coorti delle fasce giovani tramite i profughi; e, magari, siccome i migranti che arrivano sul suolo patrio poco sanno dell'Italia e dell'Europa e hanno basse competenze lavorative, perché non usare i fondi europei (oltre ai propri fondi) per formare e integrare queste persone?
2. Solo a Brescia la gestione di richiedenti e rifugiati ha un costo di più di 3 milioni di € annui; una discreta spinta al PIL provinciale; con l'Italia in crisi, questo può favorire un rilancio dell'occupazione e del mercato interno a livello locale (CPI in crescita in Italia più del previsto: 1,8% vs 1,7% atteso, notizia di oggi); e queste spese non mi pare rientrino nel Patto di Stabilità. Edit: sono andato a leggere il PIL della Provincia di Brescia (ca 10 miliardi di € di valore aggiunto nel 2016); 3 milioni di € non sono poi questo grande contributo; ma almeno sono finanziamenti per spese sociali volte all'inclusione che fino a 3 anni fa erano pari a zero, pur con una popolazione straniera che in alcune aree della provincia raggiunge il 20% dei residenti).

Quindi all'Italia, sul breve e sul medio termine, gli attuali flussi migratori in qualche modo convengono. Ma non penso che si possa per questo parlare di accordi con i trafficanti di uomini; cioè che si possa imputare a qualcuno una responsabilità penale in merito: i fenomeni di questo tipo ci passano sopra la testa, con una possibilità minima di intervento da parte nostra, cittadini o Governi.

Ok, chiudo,
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Se leggo le affermazioni appena fatte su blog o comunicati di partiti o movimenti politici, andrò a chiederne conto.

:evil:
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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda VYGER » ven apr 28, 2017 14:08 pm

Altro punto di vista interessante sulla comunicazione tra navi di recupero e trafficanti di uomini: http://www.huffingtonpost.it/elisabetta-addis/ma-di-maio-lo-sa-cosa-e-il-vhf/?utm_hp_ref=it-homepage
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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda VYGER » ven apr 28, 2017 14:26 pm

Ultimo.
Ampio articolo riportato su Internazionale sul programma Triton e sulle modalità di coinvolgimento delle ONG nel sistema di soccorso: http://www.internazionale.it/notizie/annalisa-camilli/2017/04/22/ong-criminalizzazione-mediterraneo
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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda Sbob » ven apr 28, 2017 14:40 pm

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Re: i cani da guardia del potere

Messaggioda PIEDENERO » mer mag 03, 2017 18:32 pm

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