tacchinosfavillantdgloria ha scritto:Eionedvx ha scritto: lucido assaporare la semplicità
Mai ho trovato una definizione più bella.
Semplice assaporare la lucidità
Intercambiabili saluti
TSdG
Eh no.
Io, quando arrampico non sono lucido.
Proprio no.
da Eionedvx » gio gen 12, 2017 23:34 pm
tacchinosfavillantdgloria ha scritto:Eionedvx ha scritto: lucido assaporare la semplicità
Mai ho trovato una definizione più bella.
Semplice assaporare la lucidità
Intercambiabili saluti
TSdG
da crodaiolo » gio gen 12, 2017 23:40 pm
Eionedvx ha scritto:Eh no.
Io, quando arrampico non sono lucido.
Proprio no.
da PIEDENERO » mar feb 14, 2017 17:04 pm
da gug » mar ago 29, 2017 11:16 am
"Lo puoi veder da te che l’arrampicata è già visibilmente e sufficientemente derivazione diretta del naufragio culturale di una società che non si è sviluppata in alcun modo, se non nell’incremento del consumo di beni superflui.
E allora non rimane altro che entrare in contatto con la parte vera di te, l’ultima rimasta non ancora soffocata da miriadi di sovrastrutture sociali e intrinsecamente autentica. Tentare di migliorare attraverso la fatica, l’ultimo atto nobile rimasto: sudare, arcuare, sbuffare e provare dolore e chissenefrega se è tutta una menzogna, se l’arrampicare stesso è un muoversi in equilibrio fra una catena e l’altra.
Anch’essa può diventare rivelatrice e catartica se la portata di Te in quel che fai è onesta e totalizzante.
Perché fra uno spit e l’altro tu metti sul piatto il tuo fallimento: senza ammortizzatori, né giustificazioni, senza garanzie, né responsabilità altrui.
Ed è per questo che il lavorato ha e avrà sempre un valore ascetico che nessun a vista potrà lontanamente sfiorare: perché tu vai incontro al fallimento, ben consapevole dei tuoi limiti, a carte scoperte e ci vai a testa alta, per combattere. Che non significa necessariamente vincere.
Non ci sono scuse di prese non viste o sequenze corrette non imbroccate, si gioca a carte scoperte, davanti a tutti.
Tu sai tutto, il tuo nemico sa tutto: sa dove potresti cadere e dove non riesci neanche a decontrarre un minimo, tanto da dover saltare la rinviata. E in quei dieci minuti e una trentina di prese tutte d’un fiato, col cuore in gola e il culo stretto, tu ti giochi tutto. Ti giochi molto di più che un giro sul tiro o qualunque altra cazzata tu abbia raccontato per smorzare la tensione prima di partire.
Ti giochi l’idea stessa che hai di te.
E magari è una stupidaggine, magari ti complichi solo la vita, magari si, forse è tutto inutile, magari tutto quel che si vuole.
Ma dentro, in quel preciso istante in cui stacchi il secondo piede da terra, tu sei fuoco vivo, fiamma che scorre e domina, che fra un’arcuata e un tallonaggio si distende rivelatrice innanzi al dolore.
La via non ha più grado né segreti: lei è solo lei e tu sei solo tu.
Tu sei allenato, in condizioni fisiche strepitose e con un vento da nord a sgombrare il campo da ogni umida scusante.
Lei è campo di battaglia e territorio di verità che va al di là dell’idea stessa di sconfitta e di vittoria e la trascende.
Perché è solo la verità l’unica cosa rimasta per cui valga ancora la pena provare ad esser vivi."
da crodaiolo » mar ago 29, 2017 14:04 pm
gug ha scritto:"Lo puoi veder da te che l’arrampicata è già visibilmente e sufficientemente derivazione diretta del naufragio culturale di una società che non si è sviluppata in alcun modo, se non nell’incremento del consumo di beni superflui.
E allora non rimane altro che entrare in contatto con la parte vera di te, l’ultima rimasta non ancora soffocata da miriadi di sovrastrutture sociali e intrinsecamente autentica. Tentare di migliorare attraverso la fatica, l’ultimo atto nobile rimasto: sudare, arcuare, sbuffare e provare dolore e chissenefrega se è tutta una menzogna, se l’arrampicare stesso è un muoversi in equilibrio fra una catena e l’altra.
Anch’essa può diventare rivelatrice e catartica se la portata di Te in quel che fai è onesta e totalizzante.
Perché fra uno spit e l’altro tu metti sul piatto il tuo fallimento: senza ammortizzatori, né giustificazioni, senza garanzie, né responsabilità altrui.
Ed è per questo che il lavorato ha e avrà sempre un valore ascetico che nessun a vista potrà lontanamente sfiorare: perché tu vai incontro al fallimento, ben consapevole dei tuoi limiti, a carte scoperte e ci vai a testa alta, per combattere. Che non significa necessariamente vincere.
Non ci sono scuse di prese non viste o sequenze corrette non imbroccate, si gioca a carte scoperte, davanti a tutti.
Tu sai tutto, il tuo nemico sa tutto: sa dove potresti cadere e dove non riesci neanche a decontrarre un minimo, tanto da dover saltare la rinviata. E in quei dieci minuti e una trentina di prese tutte d’un fiato, col cuore in gola e il culo stretto, tu ti giochi tutto. Ti giochi molto di più che un giro sul tiro o qualunque altra cazzata tu abbia raccontato per smorzare la tensione prima di partire.
Ti giochi l’idea stessa che hai di te.
E magari è una stupidaggine, magari ti complichi solo la vita, magari si, forse è tutto inutile, magari tutto quel che si vuole.
Ma dentro, in quel preciso istante in cui stacchi il secondo piede da terra, tu sei fuoco vivo, fiamma che scorre e domina, che fra un’arcuata e un tallonaggio si distende rivelatrice innanzi al dolore.
La via non ha più grado né segreti: lei è solo lei e tu sei solo tu.
Tu sei allenato, in condizioni fisiche strepitose e con un vento da nord a sgombrare il campo da ogni umida scusante.
Lei è campo di battaglia e territorio di verità che va al di là dell’idea stessa di sconfitta e di vittoria e la trascende.
Perché è solo la verità l’unica cosa rimasta per cui valga ancora la pena provare ad esser vivi."
Una mia rielaborazione di un passo in un post del blog (secondo me il modo in cui sono scritti i post li rende difficili da leggere, anche se sono belli e interessanti).
Secondo me, a parte il tema del superlavorato, di cui abbiamo parlato anche nel forum, qui c'è un altro concetto che è lo stesso di un brano di Twigth: l'arrampicata (ma potrebbe essere anche un altro sport) come alternativa alla piattezza esistenziale che ci offre la filosofia del consumismo.
Una disciplina può costituire questo tipo di alternativa se da delle gratificazioni intrinseche (e cioè che provengono dalla disciplina stessa) e se avvicina l'uomo alle sue motivazioni primordiali.
Di fatto esiste una contraddizione, dato che Il rincorrere continuo della performance, del grado, della via sempre più dura è lo stesso tentativo di colmare il vuoto che emerge nelle piatte esistenze, però mi sembra che questa contraddizione sia superata in altri post, e che viene superata anche nel brano di Twight quando lui dice che i gradi e i tempi sono solo parametri che non devono essere mostrati.
Che ne pensate?
da gug » mar ago 29, 2017 15:14 pm
crodaiolo ha scritto:gug ha scritto:.........
Che ne pensate?
che siete matti
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