l'alpinismo d'antan - i miei ricordi

Arrampicata e alpinismo su roccia in montagna

Messaggioda danielegr » ven dic 23, 2011 17:10 pm

Danilo ha scritto:...certo che non è da tutti fare un filmino a quei tempi... eravate dei bei ganzi,soprattutto la tipa con gli occhiali...

Le primissime inquadrature del filmino riprendono il caminetto Pagani...dico giusto?
Con l'ombra non si capisce bene se anche nel primo tratto più verticale c'erano infissi dei corrimano o si doveva salirlo in "libera"....bello,bello

Direi di sì: era il caminetto Pagani, che però non era da risalire in libera. C'erano dei ramponi infissi nella roccia, a mo' di scalini. Mi pare di avere, anni fa postato anche una foto, adesso la cerco: l'ho trovata, eccola:


Immagine
Sono riuscito a parlare al telefono con il Pinazza ( che ha più memoria di me) e insieme abbiamo ricostruito alcuni punti:
la ragazza con gli occhiali era una straniera, mi pare tedesca. Arrampicò abbastanza bene fino a che si era in salita, ma al momento di scendere in doppia ebbe una crisi di paura e dovemmo quasi buttarla giù, altrimenti sarebbe ancora in vetta all'Angelina.
L'altra ragazza, quella che io ho cercato di legare, era invece la fidanzata (ora moglie) di Franco F, quello che al minuto 0.57 sul sentiero dopo il Caminetto si gira verso la cinepresa. Rifiutò tassativamente di salire e ci aspettò nel canalone.

giudirel ha scritto:E che tristezza a pensare com'è diventato una merda il mondo in cui viviamo... a furia di esportare democrazia non si può andare più da nessuna parte... Libia, Algeria, Egitto, forse tra un po' il Marocco... finita la storia.
Ai loro tempi due ragazzotte come questa mia amica partivano con il pulmino da Milano e raggiungevano l'India attraversando anche l'Afghanistan... :roll: :roll: :roll: :roll:

Pensa che noi nel 1974 in occasione di un viaggio in Tunisia conoscemmo delle persone che ci descrivevano la bellezza dell'Afghanistan, al punto che pensavamo di andarci con la roulotte quanto prima. Ovviamente non abbiamo poi potuto andarci.
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Messaggioda giudirel » sab dic 24, 2011 12:09 pm

Ho guardato il filmato con molto piacere.
A che punto della conversione hai usato il SW Muvavi che ha introdotto le scritte demo?
E' il mio lavoro... si potrebbe eliminare.
Fammi sapere...
Ieri è storia, domani è un mistero, ma oggi è un dono e per questo si chiama presente.
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Messaggioda danielegr » sab dic 24, 2011 19:54 pm

Ti ringrazio per l'interessamento, ma non credo che ne valga la pena. Infatti il Pinazza (o chi per lui, probabilmente il Franco F.) che aveva l'originale del filmino, l'aveva girato su un DVD (sarebbe bastato anche un CD, sono poco più di 500 MB) e me ne ha fatto avere una copia. Poiché non mi sembrava logico caricare un file così grosso, ho tolto l'accompagnamento sonoro (erano due canzoni di Montagna: la Montanara e La Paganella: io avrei preferito ?O Angiolina bela Angiolina?: chissà se qualcuno la canta ancora. Eventualmente, se a qualcuno interessa, la può sentire qui: http://youtu.be/qWXKU5eQ89A) e poi ho variato il formato da VBO a FLV, senza perdere molto in qualità, ma riducendo di parecchio la dimensione. E' qui che ho usato quel programma shareware che ha lasciato quelle tracce, che però non mi sembrano troppo invasive. Credo che oramai sia anche scaduto, bisogna che mi ricordi di cancellarlo.
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Messaggioda PIEDENERO » sab dic 24, 2011 20:22 pm

Ciao Daniele ho mostrato il tuo bel video ad una amico il quale in quegli anni bazzicava in grigna, e non solo.
Non riconosce le persone che appaiono nel video ma in quegli anni era in piena attività e molte delle persone che hai citato nei tuoi racconti lui le ha conosciute e frequentate.
Questo amico si chiama Franceso Bianchi ed abitava a Melzo,
In particolare era molto amico di Romano Merendi con il quale ha anche aperto alcune vie.
Altra persona che conosceva era Luciano Tenderini e poi anche se più giovane la guida Giuseppe Lanfranconi.
Magari vi siete incontrati e conosciuti , se riesci a ripescare nei tuoi ricordi fammi sapere, potrebbe venir fuori qualche altro simpatico aneddoto.
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Messaggioda danielegr » mer dic 28, 2011 18:48 pm

PIEDENERO ha scritto:Ciao Daniele ho mostrato il tuo bel video ad una amico il quale in quegli anni bazzicava in grigna, e non solo.
Non riconosce le persone che appaiono nel video ma in quegli anni era in piena attività e molte delle persone che hai citato nei tuoi racconti lui le ha conosciute e frequentate.
Questo amico si chiama Franceso Bianchi ed abitava a Melzo,
In particolare era molto amico di Romano Merendi con il quale ha anche aperto alcune vie.
Altra persona che conosceva era Luciano Tenderini e poi anche se più giovane la guida Giuseppe Lanfranconi.
Magari vi siete incontrati e conosciuti , se riesci a ripescare nei tuoi ricordi fammi sapere, potrebbe venir fuori qualche altro simpatico aneddoto.

No, purtroppo non me lo ricordo: ma erano tante le persone con le quali ci si trovava, magari si faceva qualche salita seguendo la loro cordata (o loro seguendo la nostra), si chiacchierava, si beveva un bicchiere insieme una volta tornati al rifugio senza mai essersi presentati. Ho accennato, ad esempio, al tentativo di salita allo spigolo del Crozzon del Brenta nel quale un componente della cordata che ci precedeva cadde e si fece male ad una caviglia. Lo riportammo al rifugio, stemmo insieme a lui per diverse ore, ma non ci venne nemmeno in mente di chiedergli come si chiamava. Altri invece li conoscevamo solo per soprannome, il Micio, il Miscuglio e altri.
Chissà, magari ci siamo conosciuti ma non ci ricordiamo i nomi. Il bello della montagna è anche quello del cameratismo che scoccava appena ci si trovava in ambiente: italiani, stranieri, arrampicatori, escursionisti, di qualsiasi tipo insomma. Chissà se ancora adesso è così: io credo di sì, perché è la montagna che crea questo stato d'animo.
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Messaggioda PIEDENERO » mer dic 28, 2011 20:20 pm

danielegr ha scritto:Chissà, magari ci siamo conosciuti ma non ci ricordiamo i nomi. Il bello della montagna è anche quello del cameratismo che scoccava appena ci si trovava in ambiente: italiani, stranieri, arrampicatori, escursionisti, di qualsiasi tipo insomma. Chissà se ancora adesso è così: io credo di sì, perché è la montagna che crea questo stato d'animo.


si direi che spesso è ancora così!

grazie comunque, farò leggere al "cecco" la tua risposta, sicuramente vi sarete incontrati, forse ...chissà, va bene così.
Grazie ancora per il video che è stato molto apprezzato.
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Messaggioda Danilo » gio feb 02, 2012 1:25 am

danielegr ha scritto:
PIEDENERO ha scritto:Ciao Daniele ho mostrato il tuo bel video ad una amico il quale in quegli anni bazzicava in grigna, e non solo.
Non riconosce le persone che appaiono nel video ma in quegli anni era in piena attività e molte delle persone che hai citato nei tuoi racconti lui le ha conosciute e frequentate.
Questo amico si chiama Franceso Bianchi ed abitava a Melzo,
In particolare era molto amico di Romano Merendi con il quale ha anche aperto alcune vie.
Altra persona che conosceva era Luciano Tenderini e poi anche se più giovane la guida Giuseppe Lanfranconi.
Magari vi siete incontrati e conosciuti , se riesci a ripescare nei tuoi ricordi fammi sapere, potrebbe venir fuori qualche altro simpatico aneddoto.

No, purtroppo non me lo ricordo: ma erano tante le persone con le quali ci si trovava, magari si faceva qualche salita seguendo la loro cordata (o loro seguendo la nostra), si chiacchierava, si beveva un bicchiere insieme una volta tornati al rifugio senza mai essersi presentati. Ho accennato, ad esempio, al tentativo di salita allo spigolo del Crozzon del Brenta nel quale un componente della cordata che ci precedeva cadde e si fece male ad una caviglia. Lo riportammo al rifugio, stemmo insieme a lui per diverse ore, ma non ci venne nemmeno in mente di chiedergli come si chiamava. Altri invece li conoscevamo solo per soprannome, il Micio, il Miscuglio e altri.
Chissà, magari ci siamo conosciuti ma non ci ricordiamo i nomi. Il bello della montagna è anche quello del cameratismo che scoccava appena ci si trovava in ambiente: italiani, stranieri, arrampicatori, escursionisti, di qualsiasi tipo insomma. Chissà se ancora adesso è così: io credo di sì, perché è la montagna che crea questo stato d'animo.


Se le cose stanno così....allora

danielegr...ammira questo click post arrampicaggio del 1958 e dimmi se riconosci qualcuno in questo gruppo di squinternati....

:lol:







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Messaggioda danielegr » ven feb 03, 2012 10:48 am

No, non riconosco nessuno. E, ciò che è peggio, non riconosco nemmeno il posto, anche se ho una vaga (molto vaga) reminiscenza del Rifugio Porta.
Al Porta non andavamo molto spesso, preferivamo il SEM, di poco più in basso e che era gestito dal Romano Merendi. Al Porta ricordo solo una volta che con la Parravicini facemmo degli esami teorici: l'esaminatore non era il primo venuto, era nientemeno che Riccardo Cassin.
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Messaggioda danielegr » sab mar 24, 2012 18:52 pm

Un ricordo: non so di che anno, sarà stato il 1958 o il 1959 o pressappoco. Era consuetudine per gli istruttori della Parravicini trovarsi due o tre settimane prima dell'inizio dei corsi per una sgambata insieme dopo gli ozi invernali e anche per concordare un piano didattico per la scuola e soprattutto per sentire dal Direttore della scuola (Romano Merendi a quei tempi) le ultime novità in fatto di tecnica e di attrezzatura.
In quell'occasione Romano era appena tornato da un convegno nel quale si era trattato della sicurezza in montagna e soprattutto di come effettuare un soccorso con mezzi di fortuna (mi ha sempre stupito questo modo di chiamarli, i mezzi di ?fortuna? sono quelli che si usano in caso di ?disgrazia?...) nel caso non si fosse potuto avvisare il Soccorso Alpino. Ricordiamo che i telefonini erano di là da venire e che solo nelle maggiori spedizioni extraeuropee qualcuno usava i walkie-talkie, che peraltro erano pesanti, con scarsa autonomia delle batterie e con una portata di segnale limitata. Quindi bisognava arrangiarsi con quello che si aveva a portata di mano, un martello, qualche moschettone, le proprie gambe e le braccia oltre alla corda.
Come al solito eravamo in Grigna, poco sopra i Resinelli dove si trovano alcuni roccioni isolati che usavamo come sassi scuola. Prima cosa che Romano ci aveva spiegato: come soccorrere e trasportare un compagno ferito senza avere barelle o altro. Bisogna metterselo in spalla e portarlo giù. Detto così sembra un po' banale, ma con la tecnica che ci aveva illustrato, e che adesso non ricordo più, io, che all'epoca pesavo poco più di 50 chili mi ero messo in spalla e trasportato per un po' (era solo un'esercitazione, dopo pochi metri mi ero stufato...) un compagno che ne pesava ottantacinque. Certamente era una cosa molto faticosa, ma se non ci fosse stato niente di meglio era l'unica cosa da fare.
La seconda parte della lezione di Romano era stata: come calare, sempre con mezzi di fortuna, un compagno ferito in parete. Mezzi a disposizione: martello e moschettoni, oltre ovviamente alla corda. È più semplice da fare che da spiegare: il manico del martello va messo sul moschettone, la corda entra nel moschettone, passa sopra il manico del martello e esce dal moschettone stesso. Si crea così un sufficiente attrito per permettere di calare in sicurezza un compagno ferito.
E' meglio però calare il ferito con due corde, una ai piedi e l'altra alle spalle. Per la seconda corda però non c'è più un martello: e allora? Si può fare (diceva Romano) utilizzando un altro moschettone al posto del martello, il giro della corda è uguale, quindi adesso vi mostro come si fa. Ci vuole un volontario da calare lungo questo strapiombino. Nessuno si offre? Beh, scelgo io allora: tu, Daniele vieni qui che ti imbraghiamo ecc. ecc.
Beh, vi posso garantire che il sistema di frenaggio martello/moschettone funziona benissimo (era quello che frenava la corda che mi teneva i piedi). Non altrettanto posso dire del sistema dei due moschettoni, che era quello che avrebbe dovuto tenermi alle spalle. Probabilmente uno dei due moschettoni si era spostato, o si era aperto, o comunque non riusciva a fare sufficiente attrito, per cui la mia testa scendeva pericolosamente in basso. Urlavo come un'aquila, ma Romano e gli altri dall'alto o non mi sentivano o pensavano che stessi facendo scena. Non è facile, ve lo assicuro, arrampicarsi su una corda in nailon da 10 millimetri... Era però l'unico modo per evitare di cadere a testa in giù.
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Messaggioda Danilo » mar ago 14, 2012 13:22 pm

:smt069 :smt069

...addanièlegr...mò il piatto piange :lol:
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Messaggioda danielegr » mer ago 15, 2012 8:23 am

È vero: il piatto piange, ma la memoria scarseggia e il rincoglionimento avanza (e anche a grandi passi...) Prometto che se mi torna in mente qualcosa di interessante ricomincio a scrivere.
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Messaggioda North Face » mer ago 15, 2012 10:12 am

..azz, e io che pensavo ci fosse una nuova storia.. :( :( :wink:
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Messaggioda danielegr » ven ago 17, 2012 14:12 pm

Parliamo un po' di chiodi, naturalmente di quelli che si usavano alla fine degli ani '50. Il mio primo chiodo è stato un chiodo ad anello, faticosamente recuperato. Ero alle primissime esperienze in montagna, quando ogni volta che mi avvicinavo alla roccia facevo qualche stupidaggine (qualcuna grossa) però la passione era tanta e un po' alla volta incominciavo a ridurre la quantità (non la qualità) delle stupidaggini stesse. Quella volta ero proprio all'inizio: lo Zucco Campelli l'avevo già salito e durante la discesa, come ho già raccontato un po' di tempo fa, ero pure riuscito a rompermi una caviglia soffrendo le pene dell'inferno per ritornare a valle.
Questa volta non avevamo nessun particolare obiettivo: eravamo, se ricordo bene, in tre: io, Alfredo e Vanni se la memoria non mi inganna e volevamo collaudare la corda che avevamo appena comperato. Era una corda naturalmente di canapa, 25 metri e calibro 12 mm. Questo ampiamente rivela il nostro livello tecnico: usare su roccia una corda da 25 metri in tre la dice lunga. Comunque sia, arriviamo ai Piani di Bobbio e ci guardiamo intorno: chiunque ci sia stato sa che ne vale la pena. Guardando lo Zucco Campelli, sulla sinistra c'è lo Zucco Barbisino: una parete calcarea che presenta alcune cenge abbastanza evidenti e noi abbiamo ritenuto di fare qualche pezzo di parete, arrivare a una di quelle cenge che si vedeva chiaramente che avrebbero permesso una discesa facile.
Detto e fatto: roccette piuttosto facili che si salgono senza grossi problemi e a un certo punto vedo un bel chiodo, un chiodo ad anello probabilmente abbandonato da chi ha pensato di scendere in doppia, forse per evitare il maltempo. Lasciare un chiodo lì? Mai più (già allora ero un po' tirchietto...). Non è stato facile estrarlo, anche perché non avevo esperienza, ma alla fine ce l'avevo fatta. È stato il mio primo chiodo e credi di non averlo mai usato: lo tenevo quasi come un portafortuna. Dalle foto che vedo in giro direi che non è molto cambiata la foggia dei chiodi in mezzo secolo: salvo i chiodi ad anello che mi sembrano quasi spariti. I chiodi più comuni, quelli che usavamo tutti noi, erano quelli di marca ?Cassin? che costavano cento lire l'uno. Su granito
ricordo di aver usato anche dei chiodi, mi pare di marca Stubai. Avevano una lama molto sottile ideale per le fessure granitiche. C'era il problema che recuperando il chiodo la lama usciva come masticata: dopo due o tre volte il chiodo diventava praticamente inutilizzabile.
E c'erano naturalmente anche i chiodi da ghiaccio, che io non ho mai avuto occasione di usare. Un tipo esistente fra quelli giudicati più sicuri era formato da una specie di tubo, lungo una trentina di centimetri, se ricordo bene aperto da un lato e con numerosi fori lungo le pareti. Il chiodo veniva piantato con sonore martellate nel ghiaccio vivo, la pressione data dai colpi del martello fondeva parzialmente il ghiaccio che subito dopo si riformava e passando attraverso quei buchi garantiva una buona tenuta del chiodo.
Sì, ma allora come si faceva a recuperare il chiodo? Ripeto che io non l'ho mai fatto, preferivo la roccia: riferisco quello che mi raccontavano: si davano un po' di martellate lateralmente in modo da smuovere un po' il chiodo, poi ci si ? pisciava sopra e si riusciva a estrarre facilmente.
Certamente la procedura non poteva essere usata se i chiodi erano tanti: non mi hanno mai spiegato come si poteva fare. Ma tanto in quegli anni non era ancora di moda risalire le cascate e di solito con un paio di chiodi ci si riusciva ad arrangiare. E poi, bastava bere un po' di più...
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Messaggioda Danilo » gio ago 22, 2013 22:21 pm

danielegr,sul 3d del forum fessura gasparotto e bla bla bla si sta scatenando una violentissima discussione per cui abbiamo bisogno del tuo aiuto:
quando andavate a fare el spigul del clerici in grignetta il primo tiro(il più difficile) veniva classificato come arrampicata in gradi di difficoltà(es. IV grado,V grado ecc.ecc.)oppure come artificiale?

:wink:
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Messaggioda menestrello » gio ago 22, 2013 23:41 pm

danielegr ha scritto:Sì, ma allora come si faceva a recuperare il chiodo? Ripeto che io non l'ho mai fatto, preferivo la roccia: riferisco quello che mi raccontavano: si davano un po' di martellate lateralmente in modo da smuovere un po' il chiodo, poi ci si ? pisciava sopra e si riusciva a estrarre facilmente.


!!! Pisciava sopra!???

E se il primo piantava 3 chiodi a tiro, il secondo doveva pisciare peggio di un cane per arrivare su!
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Messaggioda danielegr » ven ago 23, 2013 7:32 am

Danilo ha scritto:danielegr,sul 3d del forum fessura gasparotto e bla bla bla si sta scatenando una violentissima discussione per cui abbiamo bisogno del tuo aiuto:
quando andavate a fare el spigul del clerici in grignetta il primo tiro(il più difficile) veniva classificato come arrampicata in gradi di difficoltà(es. IV grado,V grado ecc.ecc.)oppure come artificiale?

:wink:


Adesso vado a cercare e a leggere quella discussione, comunque "el spigul del Clerici" nei miei ricordi era una via stupenda e i tiri difficili erano due: il primo che era nella fessura era, se ben ricordo, agevolato da un chiodo qualche metro prima della fine. Era difficile quel tiro, ma non impossibile, e si passava (si "doveva" passare) assolutamente in libera. Ho sentito parlare (non ricordo da chi) di staffe per superare quella fessura: assolutamente no, nessuna staffa. Lo classificavamo come un IV sup o V° e erano diversi gli amici che non riuscivano a superarlo, almeno da primi.
Il secondo tiro, quello della placca, era anche lui difficile, ma diverso: richiedeva una maggior sensibilità ed equilibrio, ma era alquanto più facile, direi intorno al IV° grado.
Molti, evidentemente dotati più di forza che di tecnica, trovavano la placca più difficile, anche se, in effetti, il tratto un po' complicato era di pochi metri.
Adesso vado a cercare l'altra discussione.
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Messaggioda Danilo » sab ago 24, 2013 9:44 am

danielegr ha scritto:
Danilo ha scritto:danielegr,sul 3d del forum fessura gasparotto e bla bla bla si sta scatenando una violentissima discussione per cui abbiamo bisogno del tuo aiuto:
quando andavate a fare el spigul del clerici in grignetta il primo tiro(il più difficile) veniva classificato come arrampicata in gradi di difficoltà(es. IV grado,V grado ecc.ecc.)oppure come artificiale?

:wink:


Adesso vado a cercare e a leggere quella discussione, comunque "el spigul del Clerici" nei miei ricordi era una via stupenda e i tiri difficili erano due: il primo che era nella fessura era, se ben ricordo, agevolato da un chiodo qualche metro prima della fine. Era difficile quel tiro, ma non impossibile, e si passava (si "doveva" passare) assolutamente in libera. Ho sentito parlare (non ricordo da chi) di staffe per superare quella fessura: assolutamente no, nessuna staffa. Lo classificavamo come un IV sup o V° e erano diversi gli amici che non riuscivano a superarlo, almeno da primi.
Il secondo tiro, quello della placca, era anche lui difficile, ma diverso: richiedeva una maggior sensibilità ed equilibrio, ma era alquanto più facile, direi intorno al IV° grado.
Molti, evidentemente dotati più di forza che di tecnica, trovavano la placca più difficile, anche se, in effetti, il tratto un po' complicato era di pochi metri.
Adesso vado a cercare l'altra discussione.

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Messaggioda danielegr » sab ago 24, 2013 12:12 pm

In effetti, ricollegandomi a quanto avevo scritto prima (erano diversi gli amici che non riuscivano a superarlo, almeno da primi. ) si diceva ai miei tempi che c'era una specie di barriera fra il 3° - 4° grado e i gradi superiori. In pratica una buona metà dei rocciatori si fermava lì, era quella dotata di forza ma di poca tecnica, quelli con una buona tecnica ma poca forza (io, per esempio) riuscivano ad arrivare al 5°. Il 6° grado, era riservato a quegli alpinisti (pochi) che avevano al massimo grado sia la tecnica che la forza, soprattutto nelle ultime falangi delle dita.
È per questo che quando sento parlare di settimo, ottavo o non grado (e anche di più) che mi sento un po' disorientato. Soprattutto quando leggo di qualcuno che dichiara di arrampicare da un paio di mesi solamente e che vorrebbe "aumentare di grado", perché ora riesce a fare "solo" il 5c o il 6a.
Lo so che la scala dei gradi è cambiata parecchio, ma io mi sento disorientato lo stesso: se facevo solo il 5° grado ero dunque una pippa...
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Messaggioda Danilo » sab ago 24, 2013 16:13 pm

danielegr ha scritto:..È per questo che quando sento parlare di settimo, ottavo o non grado (e anche di più) che mi sento un po' disorientato. Soprattutto quando leggo di qualcuno che dichiara di arrampicare da un paio di mesi solamente e che vorrebbe "aumentare di grado", perché ora riesce a fare "solo" il 5c o il 6a...

se aveste avuto il materiale che c'è oggi sarebbe stato diverso.
il 5c/6a è il grado di difficoltà che fa alle prime uscite su roccia un climber mediamente portato all'arrampicata


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Re: l'alpinismo d'antan - i miei ricordi

Messaggioda Danilo » gio nov 13, 2014 0:57 am

ciao danielegr...
per caso l'hai fatta la via mary varale alla guglia Angelin ?

non ti preoccupare ,sono le solite seghe, che si fanno sui forum...abbiamo bisogno di un tuo riscontro sulla qualità delle roccia a 'ste quattro fighette che si vantano di averla salita ultimamente. e si sentono I campioni del mondo dell'arrampicata libera della grignetta.
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